Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27757 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27757 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
OSCARI ALBERTO ANTONIO N. IL 11/11/1985
avverso la sentenza n. 23/2015 CORTE ASSISE APPELLO di ROMA,
del 29/09/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/04/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 29/09/2015 la Corte di assise di appello di Roma
in riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Frosinone – con cui
Alberto Antonio Oscari era stato condannato alla pena di anni venti di reclusione
– condannava l’imputato alla pena di anni quattordici di reclusione per l’omicidio
di Luca Berni, commesso a Torvajanica di Pomezia il 26/06/2014. Tale omicidio
si verificava nel corso di una colluttazione, che aveva luogo all’interno

un coltello con manico in legno della lunghezza di 31 centimetri, con lama lunga
20 centimetri, che attingeva la vittima all’emitorace sinistro, provocandone la
morte.
Questo

trattamento

sanzionatorio

conseguiva

al

riconoscimento

dell’attenuante della provocazione, prevista dall’art. 62, n. 2, cod. pen., che
veniva concessa in aggiunta alle circostanze attenuanti generiche che già la
Corte di assise di Frosinone aveva concesso all’Oscari, giungendo, come detto,
alla quantificazione della pena di anni venti di reclusione, oltre al pagamento
delle spese processuali.

2. Avverso tale sentenza l’Oscari ricorreva personalmente per cassazione,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 133
cod. pen., conseguenti all’eccessività del trattamento sanzionatorio irrogato
allidtstato, che si imponeva tenuto conto del disvalore della condotta del
ricorrente e delle circostanze di tempo, di luogo e di persona in cui maturava la
sua azione criminosa in danno del Berni, anche alla luce dei parametri
ermeneutici di cui all’art. 133 cod. pen., che erano stati palesemente violati nel
caso in esame.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che il ricorso dell’Oscari, pur denunziando
violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche
regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma,
postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede
la rilettura del quadro probatorio e il riesame nel merito della vicenda
2

dell’abitazione dell’imputato, durante la quale l’Oscari sferrava un fendente con

processuale, sotto il profilo del trattamento sanzionatorio irrogato all’imputato
nel giudizio di appello.
Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la
struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una
sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel
rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali, che consentivano di
applicare un trattamento sanzionatorio adeguato al caso concreto e congruo
sotto il profilo dosimetrico al disvalore della condotta dell’Oscari.

adeguatamente valutato dalla Corte territoriale, che aveva riformato il giudizio di
primo grado limitatamente alla quantificazione della pena irrogata all’imputato
dalla Corte di assise di Roma, rideterminando l’originaria pena di anni venti di
reclusione in quella di anni quattordici di reclusione, oltre al pagamento delle
spese processuali.
Questo trattamento sanzionatorio discendeva dal riconoscimento della
circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 2, cod. pen., che veniva concessa
all’imputato in aggiunta alle attenuanti generiche che già la Corte di assise di
Frosinone aveva ritenuto di concedere all’Oscari, escludendo contestualmente
l’aggravante dei futili motivi.
Sul punto, la motivazione della sentenza impugnata risulta ineccepibile,
atteso che la Corte territoriale valutava in modo congruo la pena irrogata
all’Oscari, attribuendo rilievo privilegiato agli elementi processuali favorevoli al
reo, che deponevano per la sua avvenuta resipiscenza e per una volontà di
espiazione, attestata dalla condotta mantenuta dall’imputato successiva al suo
arresto. Da tale percorso valutativo, discendeva l’applicazione di una pena base
di anni ventidue di reclusione; ridotta per la concessione delle circostanze
attenuanti generiche alla pena di anni diciotto e mesi di reclusione; ulteriormente
ridotta per la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 2,
cod. pen. alla pena finale di anni quattordici di reclusione, oltre al pagamento
delle spese processuali.
Né la motivazione del provvedimento impugnato presenta discrasie
motivazionali sotto il profilo della quantificazione delle riduzioni di pena previste
per la concessione delle attenuanti generiche e dell’attenuante della
provocazione – entrambe valutate in termini corretti sotto il profilo dei parametri
dosimetrici applicati – a proposito delle quali, nel passaggio esplicitato a pagina
8, la Corte territoriale afferma: «Né l’attenuante della provocazione né le
generiche sono concesse nella massima estensione allo scopo di non deprimere
oltre misura l’aspetto sanzionatorio, legato all’indubbia gravità della
soppressione della vita umana […]».
3

Il trattamento sanzionatorio irrogato all’Oscari, in particolare, era stato

2. Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto nell’interesse di Alberto
Antonio Oscari deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo
ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
determinabile in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 14/04/2016.

P.Q.M.

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