Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27754 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27754 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VERDOZZI ANDREA N. IL 28/12/1976
avverso il decreto n. 21/2015 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/04/2016

RILEVATO IN FATTO

Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Roma confermava il decreto
emesso dal Tribunale di Roma, con il quale era stata applicata ad Andrea
Verdozzi la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata
di anni due.
Avverso tale decreto il Verdozzi ricorreva personalmente per cassazione,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla ritenuta

misura della sorveglianza speciale irrogata ftiztimrErcite, che erano stati valutati
dalla Corte di appello di Roma con un percorso motivazionale contraddittorio e
manifestamente illogico, che si concretizzava in un provvedimento preventivo di
contenuto eccessivamente afflittivo per il prevenuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
In via preliminare, deve rilevarsi che nel procedimento di prevenzione non è
deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente,
presentando difetti tali da renderla meramente apparente e in realtà inesistente
ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità; ovvero
quando la motivazione stessa si ponga come inidonea a rendere comprensibile il
percorso logico seguito dal giudice di merito; ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente carenti dei necessari passaggi
logici da fare risultare oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr.
Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso
proposto nell’interesse del Verdozzi, pur denunciando formalmente il vizio di
violazione di legge, non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura giurisdizionale, ma tende a provocare una nuova e non
consentita valutazione del merito dei presupposti per l’adozione della misura
della sorveglianza speciale applicata nei confronti del ricorrente.
La Corte di appello di Roma, invero, ha correttamente valutato gli elementi
risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione
della legge penale e processuale, richiamando i due arresti patiti per reati
connessi alla detenzione di stupefacenti – nelle date del 05/06/2013 e del
04/11/2013 – e l’assenza di documentazione attestante la percezione di redditi
leciti in quantità significativa e comunque idonea a giustificare la titolarità, in
capo al Verdozzi, di tre autovetture e di tre motocicli.
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sussistenza dei presupposti di pericolosità sociale necessari all’applicazione della

Tali elementi processuali, secondo la Corte territoriale, facevano emergere il
pieno inserimento del Verdozzi nel mercato degli stupefacenti locale – anche alla
luce delle sue frequentazioni con esponenti di tale area criminale – che impediva
di formulare un giudizio prognostico favorevole nei suoi confronti, così come
desumibile dai passaggi motivazionali correttamente esplicitati nelle pagine 2 e 3
del provvedimento impugnato.
In questa cornice, deve ulteriormente rilevarsi che, tenuto conto di questi
indicatori soggettivi e sulla base di un giudizio adeguato alla personalità del

della sorveglianza speciale irrogata al prevenuto, anche in considerazione della
sua caratura criminale, attestata dagli arresti sopra richiamati.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da Andrea Verdozzi deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 14/04/2016.

Verdozzi, la Corte di appello di Roma valutava congrua la durata della misura

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