Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27753 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27753 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BELLANTE SALVATORE N. IL 22/10/1958
avverso la sentenza n. 1400/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/04/2016

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa 1’08/05/2015 la Corte di appello di Milano confermava
la sentenza emessa dal Tribunale di Monza il 02/02/2014 con la quale Salvatore
Bellante era stato condannato alla pena di anni uno di reclusione, oltre al
pagamento delle spese processuali, per il reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs.
6 settembre 2011, n. 159, commesso a Cologno Monzese 1’01/12/2014.
Si contestava, in particolare, al Bellante, sottoposto alla misura della
sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Cologno Monzese, di essersi

allontanato da tale Comune, essendo stato sottoposto a controllo, nel territorio
di Sesto San Giovanni, mentre si apprestava a imboccare l’autostrada per Milano
a bordo di un’autovettura condotta da Giuseppe Caputo.
Avverso tale sentenza il Bellante, a mezzo del suo difensore, ricorreva per
cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, evidenziando
che la sentenza in esame risultava sprovvista di un percorso motivazionale che
desse adeguatamente conto degli elementi probatori acquisiti nel sottostante
giudizio di merito con riferimento al reato contestato all’imputato e al
trattamento sanzionatorio che gli era stato irrogato, ritenuto eccessivo rispetto al
modesto disvalore dei fatti in contestazione, anche alla luce della mancata
concessione delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che il ricorso del Bellante, pur denunziando
violazione di legge e vizio di motivazione, non critica la violazione di specifiche
regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma,
postulando indimostrate carenze motivazionali della sentenza impugnata, chiede
la rilettura del quadro probatorio e il riesame nel merito della vicenda
processuale.
Tuttavia, tale riesame è inammissibile in sede di legittimità, quando la
struttura razionale della sentenza impugnata abbia, come nel caso in esame, una
sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel
rispetto delle regole della logica, alle risultanze processuali (cfr. Sez. 2, n. 9242
dell’08/02/2013, Reggio, Rv. 254988).
Si evidenziava, in particolare, che il compendio probatorio acquisito
imponeva di escludere che l’allontanamento dal Comune di Cologno Monzese del
Beffante potesse trovare una giustificazione plausibile, atteso che l’imputato era
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appena rientrato dal lavoro e non aveva alcuna ragione per allontanarsi da tale
centro e imboccare l’autostrada per Milano, a bordo di un’autovettura condotta
da Giuseppe Caputo.
Tale violazione, del resto, veniva inserita dalla Corte territoriale in un più
ampio giudizio sulla personalità dell’imputato, dal, quale emergeva la sua
incapacità di soggiacere alle regole impostegli con la misura di prevenzione
presupposta, com’era evidente dalle numerosi infrazioni alle relative prescrizione
richiamate nelle pagine 2 e 3 del provvedimento impugnato.

irrogato al Bellante, sul quale, a pagina 3 della sentenza in esame, ci si
soffermava in termini ineccepibili, richiamandosi l’oggettiva gravità dei fatti
illeciti, certamente incidenti sul disvalore della sua condotta e tali da non
consentire l’attenuazione del trattamento sanzionatorio irrogato con la sentenza
di primo grado, anche in considerazione dei precedenti penali dell’imputato che
non consentivano la concessione delle attenuanti generiche invocate dal suo
difensore.
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Salvatore Bellante
deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di
esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile
in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 14/04/2016.

Analoghe considerazioni valgono in ordine al trattamento sanzionatorio

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