Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27741 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27741 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAGLIAMINUTA ANTONIO N. IL 14/12/1978
avverso l’ordinanza n. 244/2014 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 06/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/04/2016

RILEVATO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro, quale giudice
dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Antonio Pagliaminuta,
finalizzata a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi
dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione alle tre sentenze presupposte – emesse
dalla Corte di appello di Catanzaro il 10/06/2012 e dal G.I.P. del Tribunale di
Milano il 23/02/2007 e 1’08/06/2010 – ritenendo ostative all’applicazione della

contestate al condannato risultavano commesse e l’eterogeneità delle modalità
esecutive di tali reati.
Avverso questa ordinanza il Pagliaminuta, a mezzo del suo difensore,
ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in
relazione all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si
imponeva tenuto conto della correlazione dei fatti giudicati dalle tre sentenze
irrevocabili presupposte. Tale correlazione era stata svalutata dal giudice
dell’esecuzione con un percorso argomentativo incongruo, che disattendeva
l’incontrovertibile collegamento tra il reato associativo giudicato dalla sentenza
dalla Corte di appello di Catanzaro il 10/06/2012 e i reati satellite giudicati dal
G.I.P. del Tribunale di Milano il 23/02/2007 e 1’08/06/2010, commessi
nell’ambito di operatività della consorteria mafiosa alla quale il Pagliaminuta
apparteneva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando fondato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, evidenziarsi che il ricorso proposto nell’interesse del
Pagliaminuta, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da
sottoporre a censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova, non
consentita, valutazione delle circostanze di fatto già correttamente vagliate dalla
Corte di appello di Catanzaro.
L’ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato il contenuto delle
condotte presupposte, escludendo che i tali reati si connotassero per l’unitarietà
del programma sottostante, che non deve essere confuso con la sussistenza di
una concezione di vita improntata al crimine, anche tenuto conto del fatto che le
attività illecite di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro
omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente,
a una preordinazione criminosa, tenuto conto dell’ampiezza dell’arco temporale
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continuazione invocata l’ampiezza dell’arco temporale nel quale le condotte

nel quale venivano commessi sia il reato associativo giudicato dalla sentenza
dalla Corte di appello di Catanzaro che i reati giudicati dal G.I.P. del Tribunale di
Milano, nei termini processuali correttamente esplicitati nelle pagine 2 e 3 del
provvedimento impugnato.
A tutto questo occorre aggiungere che la reiterazione della condotta
criminosa non può essere espressione di un programma di vita improntata al
crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento, venendo sanzionata da
istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a

all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (cfr. Sez. 5, n. 10917 del
12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Antonio Pagliaminuta
deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di
esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile
in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 14/04/2016.

delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso

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