Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27739 del 14/04/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27739 Anno 2016
Presidente: TARDIO ANGELA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MASTRANTUONO VINCENZO N. IL 10/05/1955
avverso l’ordinanza n. 305/2015 CORTE APPELLO di GENOVA, del
25/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 14/04/2016

RILEVATO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Genova, quale giudice
dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Vincenzo Mastrantuono,
finalizzata a ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi
dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione alle quattro sentenze presupposte emesse dalla Corte di appello di Genova il 25/05/2011 e dalla Corte di appello di
Torino 1’08/01/2002, il 24/05/2000 e il 10/04/2003 – ritenendo ostative

quale le condotte contestate al condannato risultavano commesse e
l’eterogeneità delle modalità esecutive di tali reati.
Avverso questa ordinanza il Mastrantuono, a mezzo del suo difensore,
ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in
relazione all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si
imponeva tenuto conto della correlazione dei fatti illeciti giudicati dalle quattro
sentenze presupposte. Tale correlazione era stata svalutata dal giudice
dell’esecuzione con un percorso argomentativo incongruo, che disattendeva
l’incontrovertibile omogeneità tipologica delle condotte presupposte riguardante tre rapine aggravate e un possesso ingiustificato di grimaldelli – e la
loro contiguità temporale, che rendevano evidente l’esistenza di una sottostante
preordinazione criminosa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, risultando fondato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, evidenziarsi che il ricorso proposto nell’interesse del
Mastrantuono, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato
da sottoporre a censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova, non
consentita, valutazione delle circostanze di fatto già correttamente vagliate dalla
Corte di appello di Genova.
L’ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato il contenuto delle
condotte presupposte, escludendo che tali reati si connotassero per l’unitarietà
del programma sottostante, che non deve essere confuso con la sussistenza di
una concezione di vita improntata al crimine, anche tenuto conto del fatto che le
attività illecite di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro
omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente,
a una preordinazione criminosa, tenuto conto dell’arco temporale oggetto di
valutazione – compreso tra 1’01/03/1997 e il 03/09/1999 – e della diversità dei
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all’applicazione della continuazione invocata l’ampiezza dell’arco temporale nel

luoghi dove le condotte illecite presupposte risultavano commesse, nei termini
processuali correttamente esplicitati nelle pagine 2 e 3 del provvedimento
impugnato.
A tutto questo occorre aggiungere che la reiterazione della condotta
criminosa non può essere espressione di un programma di vita improntata al
crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento, venendo sanzionata da
istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a
delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso

12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Vincenzo
Mastrantuono deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo
ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
determinabile in 1.000,00 euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso il 14/04/2016.

all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (cfr. Sez. 5, n. 10917 del

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