Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27701 del 18/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27701 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MANZON ENRICO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCHIAVONE VINCENZO N. IL 18/01/1980
NAPODANO GIUSEPPE N. IL 29/07/1976
avverso la sentenza n. 336/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
25/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO MANZON;

Data Udienza: 18/03/2016

Ritenuto:
– – che la Corte di appello di Napoli con sentenza del 25 febbraio 2015, ha riformato la sentenza
del 2 settembre 2014 del Tribunale di Torre Annunziata, che aveva condannato Schiavone
Vincenzo e Napodano Giuseppe rispettivamente alla pena di anni 1 mesi 8 di reclusione ed
euro 4.800 di multa, di anni 2 di reclusione ed euro 6.000 di multa, per i reati di cui agli artt.
110, cod. pen., 73, comma 5, TU stup. loro rispettivamente ascritti;
– – che la Corte territoriale per la parte che qui rileva, pur riducendo la pena per lo Schiavone ad
anni 1 mesi 2 di reclusione ed euro 2.600 di multa, per il Napodano ad anni 1 mesi 6 di

giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e la contestata recidiva;
– – che avverso detta sentenza, tramite il difensore fiduciario, hanno proposto ricorso per
cassazione gli imputati, denunziando vizio della motivazione in ordine a detto giudizio di
bilanciamento delle riconosciute circostanze attenuanti generiche sulla recidiva contestata;
– – che tali doglianze sono manifestamente infondate;
– – che secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema:
– il giudizio di comparazione fra circostanze attenuanti ed aggravanti, ex art. 69 cod.
pen., è rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio deve essere
bensì motivato ma nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente il pensiero
dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del
reato ed alla personalità del reo;
– il medesimo giudizio di comparazione risulta sufficientemente motivato, quando il
giudice, nell’esercizio del potere discrezionale a lui demandato, scelga la soluzione
dell’equivalenza, anziché della prevalenza delle attenuanti, ritenendola quella più idonea
a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Cass., Sez. I, 26.1.1994, n.
758);
– nel giudizio di comparazione il giudice non è tenuto a specificare le ragioni che lo
hanno indotto a dichiarare la equivalenza piuttosto che la prevalenza, a meno che non
vi sia stata espressa e motivata richiesta (Cass., Sez. IV, 8.2.1990, n. 1679);
– anche il giudice di appello – pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive
dell’appellante – non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi
favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni
particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e di
valore decisivo, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in
carenza di stretta confutazione (vedi Cass., Sez. VI, 4.9.1992, n. 9398);
– – che nella fattispecie in esame, la Corte territoriale, nel corretto esercizio del potere
discrezionale riconosciutole dalla legge, ha dato rilevanza decisiva ai precedenti penali degli
imputati, deducendo logicamente prevalenti significazioni negative della personalità;
– – che i ricorsi, conseguentemente, vanno dichiarati inammissibili e, a norma dell’art. 616
c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a
colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del
1

reclusione ed euro 3.800 di multa, aveva comunque rigettato l’appello di entrambi sul ritenuto

procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della
somma, equitativamente fissata, di euro 1.500.

P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di euro 1.500 ciascuno alla Cassa delle ammende.

Così deliberato il 18/03/2016

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