Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27689 del 15/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27689 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRANDE VINCENZO N. IL 28/08/1979
VIGLIONE CASTRESE N. IL 04/02/1965
VIGLIONE VINCENZO N. IL 15/04/1966
RUSSO DIEGO N. IL 25/01/1979
avverso la sentenza n. 11198/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
22/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 15/03/2016

RITENUTO IN FATTO
– che gli imputati ricorrono contro la sentenza indicata in epigrafe (che ne ha
confermato la condanna riportata in primo grado per i reati a ciascuno ascritti alla pena
ritenuta di giustizia), lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, quanto
(VIGLIONE CASTRESE) all’affermazione di responsabilità ed al complessivo trattamento
sanzionatorio (diniego attenuanti generiche, pena base, aumenti per la continuazione),
(RUSSO) al diniego delle attenuanti generiche, (GRANDE) al complessivo trattamento

pena base), (VIGLIONE VINCENZO) all’affermazione di responsabilità ed al diniego
delle attenuanti generiche;
– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611, comma
1, c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito, ed all’esito ha
deciso come da dispositivo in atti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che i ricorsi sono integralmente inammissibili in parte perché non consentiti, in
parte perché assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto
assertivi;
– che le plurime censure riguardanti le affermazioni di responsabilità sono non
consentite, poiché sollecitano una rivalutazione del materiale probatorio acquisito e
valutato conformemente dai due giudici del merito, senza documentare travisamenti
delle prove. Invero, questa Corte, con altro orientamento (Sez. IV, sentenza n. 19710
del 3.2.2009, CED Cass. n. 243636) che, ancora una volta, il collegio condivide e
ribadisce, ha anche osservato che, in presenza di una c.d. “doppia conforme”, ovvero di
una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie, riguardante l’affermazione di
responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di
legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che
l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto
come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado:
«Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di
un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la
valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui
l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso d’
c. d. doppia conforme, superarsi il limite del “devolutum” con recuperi in se

sanzionatorio (mancata esclusine della recidiva, diniego attenuanti generiche prevalenti,

legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi
di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo
giudice>>. Nel caso di specie, al contrario, la Corte di appello ha riesaminato e
valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo
avere preso atto delle censure debCppellantt, è giunto alla medesima conclusione in
termini di sussistenza della responsabilità degli imputati;
– che, in concreto, i due VIGLIONE si limitano a reiterare le doglianze già

diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate
congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali travisamenti, ed invocando in
più parti meri «travisamenti del fatto»;
– che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze,
implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al
sindacato di legittimità qualora – come nel caso di specie (in relazione al GRANDE: cfr.
f. 4 s.) – non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da
sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione
dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della
pena irrogata in concreto (così Sez. un., sentenza n. 10713 del 25 febbraio 2010, CED
Cass. n. 245931);
– che la mancata esclusione della recidiva per il GRANDE è stata incensurabilmente
motivata valorizzando un precedente per un fatto analogo a quelli oggetto del
procedimento, risalente al 2007, a ragione ritenuto sintomatico di maggiore capacità
criminale;
– che la estrema gravità dei fatti accertati ed i precedenti penali dai quali sono
gravati tutti gli imputati legittimano senza necessità di alcuna ulteriore considerazione
tutte le ulteriori statuizioni contestate;
– che la Corte di appello si è, in proposito, correttamente conformata al consolidato
orientamento per il quale, al fine di ritenere od escludere la configurabilità di
circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli
elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o
meno il riconoscimento del beneficio: anche un solo elemento attinente alla personalità
del colpevole od all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può, pertanto,
risultare all’uopo sufficiente (così, da ultimo, Sez. IL sentenza n. 3609 del 18 gennaio l.° febbraio 2011, CED Cass. n. 249163), nonché a quello per il quale è da ritenere
adempiuto l’obbligo della motivazione in ordine alla misura della pena allorché sia

sconfessate dalla Corte di appello e riproporre, con estrema genericità, la propria

indicato l’elemento, tra quelli di cui all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente e di dominante
rilievo (Sez. un., n. 5519 del 21/4/1979, rv. 142252): invero, una specifica e
dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, in tutte le sue
componenti, appare necessaria soltanto nel caso in cui la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti risultare sufficienti a
dare conto del corretto impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. espressioni del
tipo «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», come pure il
richiamo alla gravità del reato oppure alla capacità a delinquere (Sez. II, n. 36245 del

– che, peraltro, GRANDE, VINCENZO VIGLIONE e CASTRESE VIGLIONE chiedono le
attenuanti generiche assertivamente, senza indicare congruamente quale sarebbe
l’elemento sintomatico della necessaria meritevolezza in ipotesi non considerato o mal
considerato;
– che nessun elemento in concreto sintomatico della necessaria meritevolezza è
stato correttamente ravvisato nella condotta post delictum del RUSSO (f. 8 s.);
– che la declaratoria di inammissibilità totale dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché apparendo evidente che essi hanno proposto i ricorsi determinando le cause di
inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto della
rilevante entità delle rispettive colpe – della somma di Euro mille ciascuno in favore
della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria;
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 15 marzo 2016
Il consiglier

– i ore

Il Presi.

26/6/2009, rv. 245596; Sez. IV, n. 46412 del 5/11/2015, rv. 265283);

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