Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27683 del 15/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27683 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PACIOLLA VINCENZO N. IL 07/07/1950 parte offesa nel
procedimento
c/
INCHINGOLO NICOLA N. IL 08/08/1938
avverso l’ordinanza n. 6797/2014 GIP TRIBUNALE di FOGGIA, del
10/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 15/03/2016

1
RITENUTO IN FATTO
Il G.I.P. del Tribunale di Foggia, all’esito dell’udienza camerale fissata a
seguito di opposizione della persona offesa PACIOLLA VINCENZO alla richiesta
di archiviazione formulata dal P.M., ha disposto l’archiviazione del
procedimento a carico di INCHINGOLO NICOLA, indagato come in atti.
Avverso tale ordinanza la p.o. ha proposto personalmente ricorso per

All’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611,
comma 1, c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito,
ed all’esito ha deciso come da dispositivo in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sia perché sottoscritto personalmente dalla p.o.,
sia perché proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge.
1. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 47473 del 27 settembre
2007, CED Cass. n. 237854) hanno già chiarito che il ricorso per cassazione,
proposto avverso il provvedimento di archiviazione nell’interesse della persona
offesa dal reato, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da
difensore iscritto nell’albo dei patrocinanti dinanzi alle giurisdizioni superiori,
che sia stato nominato mediante dichiarazione resa o consegnata dallo stesso
all’autorità procedente ovvero ad essa inviata con raccomandata, non
occorrendo peraltro il conferimento al predetto difensore di procura speciale
ad hoc ai sensi dell’art. 122 c.p.p.
E si è più recentemente ribadito che il ricorso per cassazione avverso il
provvedimento di archiviazione non può essere proposto personalmente dalla
persona offesa ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da
difensore munito di apposito mandato defensionale, pur se non integrato da
procura speciale (Sez. VI, sentenza n. 22025 del 13 aprile 2012, CED Cass. n.
252873), ciò in quanto le parti del processo diverse dall’imputato non sono
legittimate a proporre personalmente ricorso per cassazione, legittimazione
che spetta solo all’imputato/indagato perché solo nei suoi confronti è prevista
espressamente la deroga al criterio generale della necessità della
rappresentanza tecnica in sede di legittimità

cassazione, chiedendo la rivalutazione del procedimento di archiviazione.

2
2 Il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito dell’opposizione
della p.o. ricorrente, all’esito della rituale fissazione e della celebrazione
dell’udienza partecipata in camera di consiglio.
2.1. Ai sensi dell’art. 409, comma 6, c.p.p., «l’ordinanza di archiviazione
è ricorribile per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall’art. 127, comma
5».
L’art. 127, comma 5, c.p.p., contiene, a sua volta, un rinvio ai commi 1, 3

all’instaurazione del contraddittorio.
Deve, pertanto, ritenersi che la violazione del contraddittorio sia l’unico
vizio denunziabile con il ricorso avverso il provvedimento di archiviazione, sia
se adottato de plano sia, a maggior ragione, se emesso a seguito di rituale
fissazione e celebrazione dell’udienza camerale a seguito dell’opposizione della
p.o. alla richiesta di archiviazione del P.M.
Il principio può ritenersi pacifico per la giurisprudenza di questa Corte
Suprema, a parere della quale «L’ordinanza di archiviazione è impugnabile
soltanto nei rigorosi limiti fissati dal comma 6, art. 409 cod. proc. pen.; e tali
limiti sussistono, quale che sia il procedimento a conclusione del quale essa
sia stata pronunciata. La citata norma, nel fare espresso e tassativo richiamo
ai casi di nullità previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, legittima il ricorso per
cassazione soltanto nel caso in cui le parti non siano state poste in grado di
esercitare le facoltà ad esse attribuite dalla legge, e cioè l’intervento in
camera di consiglio per i procedimenti da svolgersi dinanzi al tribunale»
(Cass. pen., Sez. un., 9 giugno 1995, n. 24, Bianchi, rv. 201381; conformi,
fra le altre, sez. 1, 3 febbraio 2010, n. 9440, P.o. in proc. Di Vincenzo ed altri,
rv. 246779; sez. 1, sez. 1, 7 febbraio 2006, n. 8842, P.o. in proc. Laurino ed
altri, rv. 233582; sez. 5, 21 ottobre 1999, n. 5052, Andreucci, rv. 215629).
Il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione non consente una
diversa lettura delle predette disposizioni e, d’altro canto, non può ritenersi
che l’ampliamento del novero dei vizi denunziabili mediante ricorso per
cassazione sia costituzionalmente imposto: la natura dell’archiviazione,
«interlocutoria e sommaria … finalizzata ad un controllo di legalità
sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento sul merito
dell’imputazione» (Corte cost., ordinanze nn. 54 del 2003, 153 del 1999,
150 del 1998, e sentenza n. 319 del 1993), e la ratio, «esclusivamente

2

e 4 dello stesso articolo, contenenti disposizioni inerenti unicamente

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servente il controllo di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che
tradizionalmente si riconosce assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di
tutela dell’offeso>> (Cass. pen., sez. 1, 3 febbraio 2010, n. 9440, P.o. in
proc. Di Vincenzo ed altri, rv. 246779), «negli stretti limiti in cui ciò
risponda a tale funzione di controllo” (Corte cost., ordinanza n. 95 dei 1998),
consentono di affermare che, nonostante i limiti alla facoltà di ricorso, la
pretesa sostanziale del denunziante/querelante sia, comunque,
adeguatamente garantita, da un lato, dalla possibilità di sollecitare una

dall’intatta facoltà esercitare i propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e
senza preclusione alcuna, in sede civile.
2.2. Deve, pertanto, ribadirsi che la p.o. non può ricorrere per cassazione
per denunziare la nullità del provvedimento di archiviazione per vizi che non si
risolvano in violazioni del contraddittorio.
Ciò evidenzia le ragioni dell’indeducibilità della doglianza, proposta per
motivi di merito diversi da quelli consentiti dalla legge.
3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso, proposto per motivi
diversi da quelli consentiti, comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – apparendo
evidente che ella ha proposto il ricorso determinando la causa di
inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto
della natura delle questioni dedotte – della somma di Euro mille in favore della
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 15 marzo 2016
Il consiglie e estensore

Il Pr

riapertura delle indagini anche sulla scorta di indagini difensive, dall’altro,

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