Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27679 del 15/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27679 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NOBILE FRANCESCO N. IL 19/11/1976
avverso la sentenza n. 1365/2013 CORTE APPELLO di LECCE, del
13/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 15/03/2016

RITENUTO IN FATTO
– che l’imputato FRANCESCO NOBILE, in atti generalizzato, ricorre contro la sentenza
indicata in epigrafe (che ne ha confermato la condanna riportata in primo grado per il reato di
tentata estorsione, esclusa l’aggravante), lamentando vizio di motivazione quanto
all’affermazione di responsabilità;
– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611, comma 1,

da dispositivo in atti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo, oltre che manifestamente infondato;
– che il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della
Corte di appello (che ripropone legittimamente le considerazioni del primo giudice, condivise
perché suffragate dagli elementi acquisiti, valorizzando le dichiarazioni della p.o.,
incensurabilmente ritenute attendibili, ed osservando che la presenza dell’imputato
«all’incontro con la vittima nel corso del quale il fratello ha esternato la minaccia implicita,
costituisce, specie se si considera l’assenza di un’altra plausibile giustificazione della sua
personale partecipazione all’abboccamento, una condotta di concorso, morale e materiale, nel
reato, avendo non solo rafforzato il proposito criminoso del complice ma reso più credibile la
minaccia ed amplificato la sua valenza intimidatoria»: così, da ultimo, f. 6), limitandosi
inammissibilmente a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio acquisito e valutato
conformemente dai due giudici del merito;
– che questa Corte, con orientamento (Sez. IV, sentenza n. 19710 del 3.2.2009, CED
Cass. n. 243636) che il collegio condivide e ribadisce, ha osservato che, in presenza di una
c.d. “doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie,
riguardante l’affermazione di responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere
rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado
(«Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazion
rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prov
decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riform

c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito, ed all’esito ha deciso come

quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del
“devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per
rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio
non esaminati dal primo giudice>>);
– che, nel caso di specie, al contrario, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo
stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto
delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione in termini di sussistenza

– che, in concreto, il ricorrente si limita a reiterare le doglianze già sconfessate dalla Corte
di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite,
fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali
travisamenti delle prove valorizzate;
– che la declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 15 marzo 2016
Il consigliere

nsore

Il Presid

della responsabilità dell’imputato;

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