Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27677 del 15/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27677 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANTONEMI ANTONELLA N. IL 20/03/1963
ANTONEMI JONNY N. IL 13/12/1979
avverso la sentenza n. 2871/2014 CORTE APPELLO di GENOVA, del
13/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 15/03/2016

RITENUTO IN FATTO
– che gli imputati ricorrono contro la sentenza indicata in epigrafe (che ne ha confermato
la condanna riportata in primo grado per il reato di concorso in tentata rapina impropria
aggravata alla pena per ciascuno ritenuta di giustizia), lamentando con ricorso congiunto vizio
di motivazione quanto all’affermazione di responsabilità;
– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611, comma 1,

da dispositivo in atti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo, oltre che manifestamente infondato;
– che i ricorrenti in concreto non si confrontano adeguatamente con la motivazione della
Corte di appello (che ripropone legittimamente le considerazioni del primo giudice, condivise
perché suffragate dagli elementi acquisiti, valorizzando quanto emerso dalle dichiarazioni
delle testi ASCIONE e CARINI in ordine al tentativo di furto di una serie di articoli in vendita
nell’esercizio commerciale de quo, perpetrato dagli imputati, ed alle condotte dai predetti
poste in essere per guadagnare l’impunità: cfr. dettagliatamente f. 3 ss.), limitandosi
inammissibilmente a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio acquisito e valutato
conformemente dai due giudici del merito;
– che questa Corte, con orientamento (Sez. IV, sentenza n. 19710 del 3.2.2009, CED
Cass. n. 243636) che il collegio condivide e ribadisce, ha osservato che, in presenza di una
c.d. “doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie,
riguardante l’affermazione di responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere
rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado
(«Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione
rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova
decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato
quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del
“devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per

c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito, ed all’esito ha deciso come

rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio
non esaminati dal primo giudice»);
– che, nel caso di specie, al contrario, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo
stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto
delle censure degli appellanti, è giunto alla medesima conclusione in termini di sussistenza
della responsabilità dell’imputato;

Corte di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite,
fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali
travisamenti delle prove valorizzate;
– che la declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che essi hanno proposto i ricorsi determinando le cause di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto della rilevante entità delle rispettive
colpe – della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo di
sanzione pecuniaria;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 15 marzo 2016
Il consiglie estensore

Il Pre

– che, in concreto, i ricorrenti si limitano a reiterare le doglianze già sconfessate dalla

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