Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27662 del 15/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27662 Anno 2016
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIAW ABDOU N. IL 29/08/1975
avverso la sentenza n. 3430/2014 CORTE APPELLO di GENOVA, del
20/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 15/03/2016

RITENUTO IN FATTO
– che l’imputato DIAW ABDOU ricorre contro la sentenza indicata in epigrafe (che ne ha
confermato la condanna riportata in primo grado per i reati di ricettazione e di detenzione per
la vendita di merce con marchio contraffatto alla pena ritenuta di giustizia dal primo giudice),
lamentando violazione di legge quanto all’affermazione di responsabilità;
– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611, comma 1,

da dispositivo in atti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo, oltre che manifestamente infondato;
– che la Corte di appello ha incensurabilmente motivato l’affermazione di responsabilità e
la qualificazione giuridica dei fatti accertati valorizzando l’accertata falsità delle

res in

sequestro, correttamente conformandosi all’orientamento (da ultimo, Sez. V, sentenza n.
5260 dell’Il dicembre 2013, dep. 3 febbraio 2014, CED Cass. n. 258722) per il quale integra
il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio
contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione ,
considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera
determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei
marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne
garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un
reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non
ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e
le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in
inganno. D’altro canto, è stato anche chiarito (Sez. II, sentenza n. 12452 del 4 marzo 2008,
CED Cass. n. 239745) che il delitto di ricettazione (art. 648 cod. pen.) e quello di commercio
di prodotti con segni falsi (art. 474 cod. pen.) possono concorrere, atteso che le fattispecie
incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali
non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa
volontà espressa o implicita del legislatore;
– che non può porsi in questa sede la questione della declaratoria della prescrizione
eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della totale
inammissibilità del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, più volte chiarito che
l’inammissibilità del ricorso per cassazione «non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non

c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito, ed all’esito ha deciso come

punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.>> (Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 32 del 22
novembre 2000, CED Cass. n. 217266: nella specie, l’inammissibilità del ricorso era dovuta
alla manifesta infondatezza dei motivi, e la prescrizione del reato era maturata
successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. un.,
sentenza n. 23428 del 2 marzo 2005, CED Cass. n. 231164, e Sez. un., sentenza n. 19601
del 28 febbraio 2008, CED Cass. n. 239400);
– che la declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616

evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così decis in Roma, udienza camerale 15 marzo 2016

c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo

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