Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27645 del 04/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27645 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALBANA GIUSEPPE N. IL 17/09/1972
avverso la sentenza n. 3403/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
23/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;

Data Udienza: 04/03/2016

,

RGN 42985/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 sig. Giuseppe Albana ricorre per l’annullamento della sentenza del
23/10/2014 della Corte di appello di Catania che, confermando la pronuncia di
primo grado, lo ha definitivamente condannato alla pena, determinata ai sensi
dell’art. 53, legge n, 689 del 1981, di 12.500,00 euro di ammenda per i reati di
cui agli artt. 44, lett. b), 64, commi 2 e 3, 65, comma 1, 71, commi 1 e 2, 93,

epoca anteriore e prossima al 06/11/2009.
1.1.Con unico motivo lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., vizio di mancanza di motivazione in ordine ai criteri di quantificazione
della pena.

2.11 ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.

3.Ricorda, a tal fine, questa Corte che:
3.1.risulta insuperato l’insegnamento di Sez. U, n. 5519 del 21/04/1979,
Pelosi, Rv. 142252, secondo cui è da ritenere adempiuto l’obbligo della motivazione in ordine alla misura della pena allorché sia indicato l’elemento, tra quelli di
cui all’art 133 cod. pen., ritenuto prevalente e di dominante rilievo, non essendo
tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli,
dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi (così, in motivazione, anche Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo; si veda anche Sez. 5, n.
7562 del 17/01/2013, La Selva);
3.2.in ogni caso, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere
discrezionale, indicando specificamente quali, tra i criteri, oggettivi o soggettivi,
enunciati dall’art. 133 c.p., siano stati ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio, dovendosi perciò escludere che sia sufficiente il ricorso a mere clausole di stile,
quali il generico richiamo alla “entità del fatto” e alla “personalità dell’imputato
(così, in motivazione, Sez. 6, n. 35346 del 12/06/2008, Bonarrigo; cfr. anche
Sez. 1, n. 2413 del 13/03/2013, Pachiarotti; Sez. 6, n. 2925 del 18/11/1999,
Baragiani);
3.3.è consentito far ricorso esclusivo a tali clausole, così come a espressioni
del tipo: “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, solo quando il giudice non si discosti molto dai minimi edittali (Sez. 1, n. 1059 del 14/02/1997, Gagliano; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, Ruggieri) oppure quando, in caso di
pene alternative, applichi la sanzione pecuniaria, ancorché nel suo massimo edit-

comma 1, 94, comma 1, e 95, d.P.R. n. 380 del 2001, commessi in Paternò in

tale (Sez. 1, n. 40176 del 01/10/2009, Russo; Sez. 1, n. 3632 del 17/01/1995,
Capelluto);
3.4.in sede di appello è tuttavia necessario che il giudice si confronti anche
con gli argomenti devoluti a sostegno del più mite trattamento sanzionatorio rivendicato dall’imputato purché tali argomenti siano connotati dal requisito della
specificità (Sez. 1, n. 707 del 13/11/1997, Ingardia, Rv. 209443; Sez. 1, n. 8677
del 06/12/2000, Gasparro, Rv. 218140; Sez. 4, n. 110 del 05/12/1989, Buccilli,
Rv. 182965);

essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il
D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008,
n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è
più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 3, n. 44071 del
25/09/2014, Papini, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, Stelitano, Rv.
195339).

4.La Corte di appello, tenuto conto della assai lieve entità della condanna e
del numero di reati commessi mediante l’abusiva soprelevazione del terzo piano
dell’immobile di sua proprietà, ha esaustivamente spiegato con la oggettiva gravità della condotta le ragioni ostative all’ulteriore attenuazione della pena. Nè
l’imputato indica quali specifici indicatori di tale ulteriore attenuazione siano stati
devoluti in sede di appello e non siano stati presi in considerazione.

declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 1000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/03/2016

3.5.il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può

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