Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27636 del 12/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27636 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MISSI GIUSEPPE N. IL 06/07/1947
avverso l’ordinanza n. 172/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
09/06/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
LOCATELLI;
letteAgerriite le conclusioni del PG Dott.
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dell’otho

Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 12/04/2013

RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 23.10.2010 il Procuratore generale della
Repubblica presso la Corte di appello di Napoli dava esecuzione alla
sentenza della Corte di appello di Napoli del 12.7.2010 di condanna di
Missi Giuseppe alla pena di 8 anni di reclusione per il delitto previsto
dall’art.416 bis commesso dall’aprile 1999 “con condotta perdurA ite”, da
ritenersi cessata il 21.2.2007 data di pronuncia della sentenza di primo

cautelare di giorni 65 sofferto dal 27.5.2003 al 1.8.2003 per altro delitto
associativo e del periodo di custodia cautelare sofferto dal 20.12.2003 al
3.5.2005 per il delitto di omicidio volontario, trattandosi di custodia
cautelare subita prima della commissione del reato per il quale doveva
essere determinata la pena da eseguire.
Avverso il provvedimento di esecuzione e di rigetto dell’istanza di
fungibilità il condannato Missi Giuseppe proponeva incidente di
esecuzione alla Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice
dell’esecuzione, che con ordinanza del 9.6.2011 lo rigettava.
In particolare il giudice dell’esecuzione riteneva infondata la tesi del
ricorrente secondo cui la permanenza del delitto associativo per cui era
intervenuta la condanna della Corte di appello di Napoli del 12.7.2010
doveva ritenersi cessata nell’anno 2003.
Con riferimento alla custodia di giorni sessantacinque subita per il
delitto previsto dall’art.416 bis cod.proc.pen. il giudice dell’esecuzione
riteneva trattarsi di una associazione di stampo camorristico diversa da
quella delineatasi a partire dal 1999, connotata da diversa compagine
associativa ed operante su nuovo e più ampio ambito territoriale.
Avverso l’ordinanza il difensore propone ricorso deducendo:1) la
sentenza di primo grado del Tribunale di Napoli ha espressamente
individuato il periodo di svolgimento della condotta associativa oggetto di
giudizio decorrente dal mese di aprile del 1999 fino al 2003, rendendo
superfluo ogni ulteriore accertamento sul punto effettuato dal giudice
dell’esecuzione; illogicità della motivazione con la quale la Corte di
appello di Napoli ha accertato un diverso termine di cessazione della
condotta; illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte di appello
utilizza le intercettazione ambientali del novembre 2004 per desumerne

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grado; rigettava la richiesta di fungibilità del periodo di custodia

la permanenza del delitto associativo sino a maggio 2005;

2) con

riferimento al periodo di custodia cautelare sofferto per altra
contestazione del delitto di cui all’art.416 bis, rappresenta che si tratta di
imputazione identiche e perfettamente sovrapponibili. Con memoria del
5.4.2013 il difensore ribadisce le proprie richieste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
111 primo motivo è infondato.

forma cosiddetta “aperta” (ovvero senza indicazione della data di
cessazione della condotta illecita), qualora in sede esecutiva debba farsi
dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della
permanenza, spetta al giudice dell’esecuzione verificare in concreto se il
giudice della cognizione abbia, o non, ritenuto provato il protrarsi della
condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado (Sez. 1,
n. 33053 del 12/07/2011 – dep. 02/09/2011, Caliendo, Rv. 250828).
La Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, si
è attenuto a tale principio. Nonostante la parte iniziale della sentenza del
Tribunale di Napoli dei 21.7.2007 contenga l’affermazione, riportata dal
ricorrente, secondo cui il processo ha per oggetto l’associazione a
delinquere di stampo camorristico che ha operato sino alla fine del 2003,
il giudice dell’esecuzione, esaminando le risultanze istruttorie esposte
nella stessa sentenza, ha desunto che il giudice della cognizione, sulla
base in particolare della trascrizione di alcune intercettazioni ambientali
del 23.11.2004 e del 16.11.2004, ha concretamente descritto il sodalizio
criminoso come operante quantomeno fino al maggio del 2005, quando
Missi fu raggiunto da ordinanza di custodia in carcere per tale delitto.
La motivazione addotta dalla Corte di appello di Napoli non presenta
profili di illogicità manifesta, essendo aderente alle valutazioni contenute
nella sentenza del Tribunale ( in particolare pag.79), secondo cui Missi
Giuseppe, ancorché detenuto, per tutto il periodo temporale “fotografato”
dalle intercettazioni del novembre 2004, permaneva nel ruolo di vertice
assoluto del clan camorristico, al quale doveva essere riservata una quota
del denaro proveniente dalla illecita gestione delle aste del Monte dei
pegni e delle scommesse clandestine.

2

Occorre premettere che in tema di contestazione effettuata nella

Ugualmente, non è logicamente viziata l’affermazione della Corte di
appello che, sulla base della condotta partecipativa di Missi Giuseppe alle
attività del sodalizio criminoso attestata dalle conversazioni registrate
fino alla fine dell’anno 2004, ha ritenuto che la permanenza del vincolo
associativo non sia cessata immediatamente dopo l’ultima conversazione
registrata, ma sia proseguita sino al maggio 2005 allorché Missi fu
raggiunto dal titolo custodiale per tale delitto.

imputazione relativo al reato di cui all’art.416 bis cod.pen., per cui è
Intervenuta la condanna definitiva in corso di esecuzione, e l’imputazione
per il medesimo titolo di reato contenuta nell’ordinanza di convalida del
fermo e di applicazione di custodia cautelare in carcere del 26.6.2003,
appare evidente l’identità dei fatti descritti nei due capi di imputazione,
letteralmente sovrapponibili anche in riferimento alla medesima data di
inizio della condotta associativa contestata.
Ne consegue la illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata
nella parte in cui afferma la diversità dei delitti associativi contestati, con
conseguente rinvio per nuovo esame al giudice competente che, ai fini
del computo del periodo di custodia cautelare subito dal ricorrente dal
27.5.2003 al 1.8.2003, valuterà la identità o diversità dei delitti
associativi contestati sulla base delle circostanze fattuali descritte nei capi
di imputazione.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla fungibilità del
periodo di custodia cautelare dal 27.5.2003 al 1.8.2003 e rinvia per
nuovo esame alla Corte d appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 12.4.2013

2.11 secondo motivo di ricorso è fondato. Dal raffronto tra il capo di

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