Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2763 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2763 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IODICE ANGELO N. IL 24/04/1980
IODICE PATRIZIO N. IL 18/04/1954
avverso l’ordinanza n. 3622/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
03/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
o
lete/sentite le conclusioni del PG Dott.
e-e-gb

Udit i difensor Avv.;

6 i7

-C2 e.”2-4;1

Data Udienza: 10/11/2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ordinanza in data 3 luglio 2015 il tribunale del riesame di Napoli confermava l’ordinanza
di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli in
data 18 maggio 2015 nei confronti di IODICE Angelo e IODICE Patrizio indagati per il reato di
usura
Ricorrono per Cassazione gli indagati a mezzo difensore deducendo:
1. nullità dell’ordinanza per mancato differimento dell’udienza, richiesta formulata

procedura penale. I ricorrenti hanno chiesto differimento dell’udienza camerale per
giustificati motivi stante la pluralità delle imputazione ai medesimi rispettivamente
ascritte e considerata la complessità delle indagini all’esito della quale risultava essere
stata emessa ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere nei confronti di
entrambi i ricorrenti.
2. Carenza di motivazione anche con riguardo alle esigenze cautelari. Viene rilevato che il
giudice dell’impugnazione ha disatteso l’obbligo di motivazione sulle doglianze
devolute alla sua cognizione. In particolare viene contestata l’assenza di un giudizio di
adeguatezza di una misura meno afflittiva quali gli arresti domiciliari con braccialetto
elettronico
Con riguardo a IODICE Patrizio viene dedotto vizio della motivazione anche con riguardo al
contributo concorsuale.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Con l’inserimento di un comma 9-bis all’interno dell’art. 309 cod. proc. pen., la L. n. 47 del
2015 ha introdotto la possibilità di differire, ad istanza di parte, la data dell’udienza ed i
termini per la decisione ed il deposito del provvedimento. La ratio della nuova disposizione è,
evidentemente, quella di “consentire alla difesa di prepararsi meglio” nei procedimenti di
particolare complessità dove le esigenze di adeguato approfondimento ed analisi del materiale
trasmesso spesso si rivelano poco compatibili con il breve termine per la decisione ex art.
309. E’ stato così previsto che “su richiesta formulata personalmente dall’imputato entro due
giorni dalla notificazione dell’avviso, il tribunale differisce la data dell’udienza da un minimo
di cinque ad un massimo di dieci giorni se vi siano giustificati motivi. In tal caso il termine per
la decisione e quello per il deposito dell’ordinanza sono prorogati nella stessa misura”.

E’

pertanto la complessità della vicenda processuale, l’ampiezza della documentazione prodotta,
che determinerà l’accoglimento dell’istanza essendo ovviamente non estranee, anche al
collegio giudicante, le esigenze di approfondimento e analisi cui si è già accennato.
Ciò detto deve rilevarsi che il Tribunale con argomentazioni aderenti al dato normativo ha
respinto l’istanza ritenendo l’insussistenza di giustificati motivi perchè non si palesavano
elementi di complessità del procedimento considerato che la misura era stata emessa nei

direttamente dagli indagati ai sensi dell’articolo 309 comma nove bis I codice di

confronti di due indagati per due episodi di usura (capi A e F) e con l’esclusione
dell’aggravante di cui all’art. 7 L. n. 203/1991.
In questa sede i ricorrenti contestano la decisione del Tribunale con argomentazioni che
attingono alla decisione del procedimento incidentale sostenendo che il giudicante ha
confermato la misura facendo riferimento ad elementi di indagine che esorbitavano dai capi di
incolpazione sottoposti al suo vaglio (rapporti con la famiglia Mallardo ritenuti rilevanti ai fini
della sussistenza delle esigenze cautelari) e che se fossero stati valutati con riferimento alla
richiesta di differimento avrebbero portato all’affermazione di complessità della vicenda,

dell’istanza e non valutati o disattesi dal Riesame. Il ricorso con riguardo alla ordinanza di
diniego del differimento è pertanto aspecifico.
Con riguardo alle ulteriori doglianze deve rilevarsi che il Tribunale del Riesame ha dato conto
di come, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, nel provvedimento applicativo della
misura è evidente l’iter argomentativo sviluppato per ritenere la sussistenza della gravità
indiziaria. Iter argomentativo saldamente ancorato all’esame delle singole emergenze
investigative che sono state illustrate dal primo giudice che ha dato atto della attendibilità
delle dichiarazioni rese dalle persone offese, che hanno trovato univoci e significativi elementi
di convergenza negli esiti delle esperite indagine costituite da acquisizioni documentali,
intercettazioni telefoniche ed ambientali, accertamenti contabili. Proprio l’esame delle
emergenze investigative trasfuse nella ordinanza genetica ha indotto il giudice del riesame a
ritenere infondati i rilievi difensivi sulla insussistenza dei profili di gravità indiziaria a carico di
entrambi gli imputati. È stato sottolineato come il ruolo esecutivo di IODICE Patrizio
emergeva dalla narrazione del Tagliafierro e del Punzione riscontrate dal contenuto delle
intercettazioni telefoniche esplicitate pagina 15 e16 del provvedimento impugnato.
In questa sede i ricorrenti si limitano a rinnovare una linea difensiva, già disattesa dal
Tribunale con argomentazioni immuni da vizi logici e giuridici. Le censure non tengono conto
delle argomentazioni dell’ordinanza impugnata, con conseguente specificità del ricorso per
mancata indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato.
Quanto detto vale anche con riguardo alle esigenze cautelari. Sul punto deve osservarsi che
gli atti o i comportamenti concretamente sintomatici della pericolosità dell’indagato possono
essere individuati nelle modalità e nella gravità dei fatti, l’art. 274 c.p.p., lett. c), non
impedisce infatti di trarre il pericolo concreto di reiterazione dei reati della stessa specie cioè
lesivi dell’interesse protetto e dello stesso valore costituzionale anche dalle specifiche
modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, secondo l’indirizzo
assolutamente prevalente e consolidato negli anni, tanto da essere ormai costante (Cass. sez.
1, 21 febbraio 1996 n. 277 rv. 203726 cui adde Cass. sez. 3, 23 luglio 1996 n. 2631, rv.
205820; Cass. sez. 5, 4 agosto 1999 n. 1416 rv. 214230; Cass. sez. 2, 21 febbraio 2000 n.

senza però fare riferimento ad elementi dagli stessi indicati in sede di presentazione

726 rv. 215403, Cass. sez. 3, 4 maggio 2000 n. 1384 rv. 216304 e Cass. sez. 6, 21 dicembre
2001 n. 45542 rv. 220331 e di recente con riguardo a varie sezioni Cass. sez. 3, 23 aprile
2004 n. 1995 rv. 228882, Cass. sez. 6, 4 aprile 2005 n. 12404 rv. 231323 e Cass. sez. 5, 19
dicembre 2005 n. 45950 rv. 233222).
Ed invero la valutazione negativa della personalità dell’indagato può desumersi da criteri,
oggettivi e dettagliati stabiliti dall’art. 133 c.p., fra i quali sono comprese le modalità e la
gravità del fatto-reato, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica
gravità, ma devono valutarsi situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad

una motivazione fondata sulla concretezza dei fatti (riferimento al drammatico contesto in cui
si origina il rapporto finanziario tra le vittime e gli indagati, alla pressione morale su di essi
esercitata, anche con metodi gravemente intimidatori, per costringerli ad assumere e a
pagare i debiti usurari, al modus operandi per il conseguimento degli illeciti profitti – indicativo
di un’attività esercitata in forma organizzata e professionale -, alla reiteratività delle condotte,
alla disponibilità di consistenti liquidità, per IODICE Patrizio anche all’indole spregiudicata,
aggressiva gravata da precedenti penali anche specifici) e non su criteri generici e/o
automatici. Detti elementi, collegati con gli stretti rapporti con esponenti apicali
dell’associazione mafiosa, nota come clan Mallardo, e con l’assenza di una lecita occupazione
lavorativa, circostanza che espone i ricorrenti, a facili strumentalizzazioni della criminalità
organizzata, secondo il tribunale sono espressione di un rischio di recidiva specifica di tale
intensità da poter essere neutralizzato soltanto con il ricorso all’estrema misura della custodia
cautelare in carcere, l’unica in grado di assicurare il definitivo allontanamento dei ricorrenti
dall’illegale circuito finanziario in cui sono inseriti, non essendo gli arresti domiciliari, neppure
con l’adozione del braccialetto elettronico, idonei a fronteggiare le esigenze di prevenzione e
di inquinamento probatorio.
A fronte di quanto detto dai giudici di merito i ricorrenti si limitano a reiterare le medesime
doglianze senza considerare le argomentazioni indicate nel provvedimento impugnato.
Il ricorso è pertanto inammissibile e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende. Si provveda a norma
dell’art. 94 co 1 ter Disp.att.c.p.p.
Così deliberato in Roma il 10.11.2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

elementi sintomatici della pericolosità del soggetto, come ha fatto l’impugnata ordinanza, con

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