Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27628 del 04/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27628 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ACETO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DALPADULO CRISTOPHEL N. IL 12/03/1992
avverso la sentenza n. 10250/2014 GIP TRIBUNALE di CAGLIARI,
del 10/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ACETO;

Data Udienza: 04/03/2016

RGN 39946/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con sentenza del 10/07/2015 resa ai sensi degli artt. 444 e segg., cod.
proc. pen., il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari ha applicato, nei confronti del sig. Cristophel Dalpadulo, la pena concordata di tre anni di
reclusione ed C 13.500,00 di multa per il reato continuato di cui agli artt. 81,
cpv., 110, cod. pen., 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (coltivazione di

sostanza stupefacente del medesimo tipo), fatto commesso in Selargius il
18/11/2014.

2.Propone ricorso per cassazione l’imputato che chiede l’annullamento della
sentenza per mancanza di motivazione in ordine alla sua ritenuta responsabilità.

3.11 ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato.

4.Ricorda questa Suprema Corte che, secondo un ormai consolidato principio, «facendo richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie
la detta richiesta contiene, quindi, un accertamento ed un’affermazione impliciti
della responsabilità dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità
non va espressamente motivato, così come l’affermazione dì responsabilità non
va espressamente dichiarata» (Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto).
Di conseguenza, «la motivazione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 comma secondo cod. proc. pen. si esaurisce
in una delibazione ad un tempo positiva e negativa. Positiva a quanto all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle parti sull’applicazione di una determinata pena; 2) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto nonché della applicazione e della comparazione delle eventuali circostanze; 3) della
congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, terzo comma, Cost.; 4) della concedibilità della sospensione condizionale della pena, qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata alla concessione del beneficio.
Negativa quanto alla esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di
non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive debbono essere
necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi motivi dì fatto e di
diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna
delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen., l’obbligo di una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione, soltanto nel caso in cui

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dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordine alla
non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In caso contrario, è sufficiente la semplice
enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito negativo, la verifica
richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..» (Sez. U, Di Benedetto,
cit.).
4.1.Unico dovere indeclinabile del giudice resta perciò quello di «esaminare, prima della verifica dell’osservanza dei limiti di legittimità della proposta di

stenza di una qualsiasi causa di non punibilità, la cui operatività, giustificando il
proscioglimento dell’imputato e creando un impedimento assoluto all’applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta ai poteri dispositivi delle parti.
Tale operazione preliminare consiste in una ricognizione allo stato degli atti, che
può condurre a una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc.
pen. soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l’obiettiva esistenza di
una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione compiuta dalle
parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e di ulteriori acquisizioni» (Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina).
4.2.Nel caso di specie, il ricorrente si limita ad affermare assai genericamente che il Giudice non ha valutato la possibilità di proscioglierlo ma omette del tutto di indicare quali, tra i numerosi atti di indagine che il G.u.p. ha affermato di
aver espressamente esaminato prima di ratificare l’accordo, dimostrino in modo
palese l’insussistenza dei fatti ovvero la sua innocenza o quali ulteriori specifici
indicatori dell’evidenza di tale innocenza siano stati negletti.
4.3.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod.
proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente
(C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento
nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che
si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 1500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 04/03/2016

pena concordata, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l’eventuale esi-

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