Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 276 del 07/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 276 Anno 2014
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OLARU MIREL n. 29/5/1973
avverso la sentenza n. 56/2012 del 7/3/2013 della CORTE DI APPELLO DI
MILANO
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ANGELO DI POPOLO che
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 7 marzo 2013 la Corte di Appello di Milano dichiarava
sussistere le condizioni per la estradizione di Olaru Mirel richiesta dalla Serbia in
base al provvedimento di cattura emesso dal Tribunale di Jagodina per un
omicidio che si assumeva essere stato commesso dal ricorrente nel 1994.
La Corte di Appello, ritenuta applicabile la Convenzione Europea di
estradizione, dava atto della regolarità formale della richiesta e, al fine di
valutare le condizioni sostanziali del provvedimento, effettuava un ampio esame
del materiale probatorio in base al quale si riteneva che il ricorrente fosse uno
degli autori dell’omicidio a scopo di rapina di tale Jeremic Anka, aggredito in
casa, picchiato e soffocato. La Corte esaminava anche le osservazioni difensive
quanto alla sussistenza di eventuali prove contrarie e di inaffidabilità del
materiale probatorio raccolto dalla Serbia, ritenendole infondate.
Il difensore di Olaru Mirel propone ricorso nell’interesse di questi
contestando la violazione di legge in relazione all’art. 705 cod. proc. pen.

Data Udienza: 07/11/2013

.?

nonché la mancanza di motivazione in ordine ai presupposti di cui al comma 2°
lettere a, b e c.. Con lunghe argomentazioni il ricorrente osserva che la sentenza
non ha operato il necessario controllo “dovendo 1) analizzare gli atti del processo
e la normativa interna dello Stato richiedente; 2) individuare i diritti
fondamentali ostativi alla consegna; 3) effettuare il giudizio di conformità tra i
parametri interni ed i diritti fondamentali”.
Osserva che in caso di condanna nel processo per omicidio il ricorrente
sconterebbe una lunga pena perdendo le condizioni familiari e sociali da lui

arresto europeo, successivamente emanata, sarebbe stata preclusa la consegna
ai sensi dell’articolo 18 legge 69/2005 (affermandone implicitamente la
applicabilità della Repubblica di Serbia).
Ritiene quindi che il limite temporale alla applicabilità del mandato di arresto
europeo rappresenti una violazione di diritti fondamentali. Ritiene peraltro non
conforme a Costituzione una estradizione che si realizza a distanza di anni dal
fatto. Rileva, infine, che la Serbia non garantisce un processo equo ed un
adeguato trattamento carcerario in caso di condanna.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Considerando in ordine le varie contestazioni, si osserva che:
– la motivazione della Corte di Appello è particolarmente analitica
nell’elencare e valutare il materiale probatorio a sostegno del provvedimento a
base della richiesta di estradizione e la normativa applicabile in Serbia in materia
di omicidio a scopo di rapina.
– Le affermazioni in materia di diritti fondamentali fatte nel ricorso sono,
appunto, mere affermazioni senza alcuna indicazione di quali sarebbero i profili
di violazione.
– Le conseguenze personali in caso di esecuzione della pena per il reato di
omicidio volontario quali prospettate sono quelle comuni per simili condanne
anche nel nostro ordinamento.
– Gli argomenti in tema di applicabilità della normativa sul mandato di
arresto europeo non possono avere rilievo attuale poichè, al momento, la Serbia
è semplicemente Stato richiedente la ammissione nella Unione Europea.
– L’argomento sul diverso trattamento della prescrizione del reato in caso di
estradizione è privo di qualsiasi sviluppo e non è, quindi, valutabile.
– Infine, alla affermazione della non equità del processo In Serbia e della
inadeguatezza del locale trattamento carcerario non fa seguito alcuna
specificazione degli argomenti che giustifichino tale affermazione, tenuto conto
che proprio l’adesione dello Stato richiedente alla Convenzione Europea di

conseguite e che, laddove fosse stata applicabile la normativa sul mandato di

estradizione comporta di per sé una presunzione di affidabilità dei reciproci
sistemi di giustizia penale.
Valutate le ragioni della inammissibilità la sanzione pecuniaria va equamente
determinata nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att.

iso il 7 novembre 2013

cod. proc. pen.

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