Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2758 del 08/10/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2758 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Costa Sergio nato a Gorzegno il 67/2/1959
avverso l’ordinanza del Tribunale di Torino, sezione del riesame, in data
9/6/2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Roberto Suffia che ha concluso riportandosi ai
motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 2/5/2015 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Cuneo rigettava la richiesta di revoca della misura cautelare
dell’obbligo di dimora nel Comune dio Gorzegno con divieto di allontanarsi
dall’abitazione dalle ore 22 alle ore 6 applicata nei confronti di Costa Sergio
indagato in relazione ad un’articolata attività di usura posta in essere tra il
2004 ed il luglio 2014.

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Data Udienza: 08/10/2015

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1.1. Avverso tale provvedimento proponeva appello l’indagato, eccependo il
venir meno delle esigenze cautelari.
1.2.

Il Tribunale di Torno, sezione del riesame, con ordinanza del

9/6/2015, respingeva l’impugnazione proposta, confermando l’ordinanza
impugnata.
2.

Ricorre per Cassazione l’indagato, sollevando i seguenti motivi di

gravame:
2.1. violazione di legge,

AnA comma 1 lett. b) e c) cod.

legge n. 47 del 2015. Lamenta la valutazione in termini astratti del
pericolo di reiterazione del reato e l’eccessiva valorizzazione di un unico
precedente penale risalente nel tempo e relativo a reato di natura diversa
da quello contestato.
2.2. contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione anche in
relazione all’art. 111 comma 6 Cost. per essere stati posti a fondamento
del ritenuto pericolo di reiterazione del reato elementi privi di intrinseca
consistenza accusatoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
Specificamente in entrambi i motivi vengono proposte censure attinenti al
merito della decisione impugnata, congruamente giustificata. A questo
riguardo più volte questa Corte ha ribadito che, nel momento del controllo
della motivazione, non si deve stabilire se la decisione di merito proponga
la migliore ricostruzione dei fatti, né si deve condividerne la giustificazione,
dovendosi, invece, limitarsi a verificare se questa giustificazione sia
compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di
apprezzamento: ciò in quanto l’art. 606, comma primo, lett. e) del cod.
proc. pen. non consente alla Corte una diversa lettura dei dati processuali o
una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio dì
legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati
processuali (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. U. n.
47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074). Per contro, la motivazione del
provvedimento impugnato è esaustiva, immune da palesi vizi di logica,
coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte e, pertanto,

proc. pen., in relazione all’art. 274 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. e

supera il vaglio di legittimità. Il Tribunale di Torino, con motivazione in fatto
congrua e priva di contraddizioni logiche, ha ritenuto di dovere desumere
un concreto pericolo di reiterazione da parte dell’imputato della condotta
criminosa sulla base della molteplicità dei fatti contestati, riconoscendo << ... nella ripetitività dell'azione, anche considerata alla luce delle modalità della condotta concretamente tenuta, un indice sintomatico dì una personalità proclive al delitto». Ciò si pone in linea con la giurisprudenza 3661 del 17/12/2013, Rv. 258053) e deve ritenersi tuttora possibile anche alla luce delle previsioni introdotte dalla legge n. 47 del 2015; difatti se da un lato si è previsto che le situazioni di concreto ed attuale pericolo di reiterazione di condotte criminose non possano essere desunte esclusivamente dalla gravità dei reato per il quale si procede, da un altro lato non si è certo esclusa la possibilità che la pericolosità sociale dell'indagato venga desunta prendendo in esame le concrete modalità attuative della condotta. Ed appunto sulla base dell'analisi della condotta tenuta dall'indagato consistita, secondo la valutazione del Tribunale, in una ben rodata prassi criminale che poneva il Costa stesso al centro di un'articolata attività di usura, si è escluso che le esigenze cautelari potessero considerarsi venute meno o affievolite, tenuto conto che l'indagato non ha dimostrato alcun segno di ravvedimento e non ha posto in essere alcuna condotta riparatoria. 4. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.000 alla Cassa delle Ammende. Così deliberato in camera di consiglio, il 8 ottobre 2015 di questa Corte (sez. 5 n. 45950 del 16/11/2005, Rv., 233222; sez. 3 n.

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