Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2758 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2758 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Miceli Antonio, nato a Trapani il 13.12.42
imputato art. 2 I. 638/83
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, del 9.4.13

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
osserva
Nel respingere l’appello proposto dal ricorrente avverso la condanna inflittagli per avere
violato l’art. 2 L. 638/83, la Corte ha anche negato la rinnovazione del giudizio che era stata
richiesta dal ricorrente per acquisire la deposizione del commercialista-ragioniere al fine di
dimostrare che non era comprovata l’effettiva corresponsione degli stipendi.
Nel presente ricorso, ci si duole della decisione assunta sul punto dalla Corte mediante il
richiamo ai modelli DM10 evidenziando che deve ritenersi inopinata l’affermazione dei giudici
secondo cui l’accusa ben può fare affidamento sulla predisposizione di tali modelli perché si è
al cospetto ci una presunzione che cozza con il dato obiettivo verificabile – come il caso di
specie dimostra – che l’imprenditore che si trovi in difficoltà ben può (d’accordo con i
dipendenti) posticipare la corresponsione delle retribuzioni senza, per ciò solo, omettere i
normali adempimenti come la emissione delle buste paga o la presentazione dei modelli DM
10.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.

Data Udienza: 06/12/2013

Considerato, quindi, che in ogni caso, con la propria motivazione, la Corte ha dato
ampia giustificazione del fatto di essere stata in grado di decidere a prescindere
dall’approfondimento istruttorio invocato dall’appello e che la rinnovazione del giudizio in
appello è istituto di carattere eccezionale (Sez. V, 16.5.00, Callegari, Rv. 217209; Sez. V, 21.4.99, Jovino, Rv.
213637; Sez. VI 15.3.96, Riberto, Rv. 205673),
inevitabile è la preannunciata declaratoria di
inammissibilità cui segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 6 dicembre 2013

I Presidente

Il ragionamento della Corte nel contrastare la tesi difensiva della mancanza di prova
della corresponsione delle retribuzioni è ampio e corretto. Essa prende le mosse dal ricordare
che è orientamento giurisprudenziale di questa Corte di legittimità quello secondo cui la
sottoscrizione dei modelli DM 10 è”dimostrativa, per la sua natura con fessoria ed in assenza di
prova contraria da parte dell’interessato, dell’avvenuta corresponsione delle retribuzioni”. In tal
senso, oltre a quella citata nella decisione impugnata, si sono espresse varie decisioni di
questa S.C.. (Sez. III, 14.2.07, Saggese, Rv. 237203; v. anche Sez. III, 46451/09, Rv. 245610). Passando, poi, alla
disamina del caso concreto, i giudici di merito ricordano che il Miceli, oltre ad avere attestato,
attraverso i modelli DM 10 di avere retribuito i propri dipendenti, aveva anche provveduto a
versare, sia pure in ritardo, le ritenute relative ed in tal senso egli è risultato anche avere
versato con continuità anche in precedenza. Ineccepibile, quindi, sul piano logico e dei principi
di diritto enucleati da questa S.C., l’affermazione che “l’univoco quadro probatorio non può
essere eliso dalla mera asserzione difensiva circa l’omessa corresponsione delle retribuzioni” e
ricorda, inoltre, che il difensore del Miceli già in sede di giudizio di primo grado non aveva
evidenziato alcuna plausibile ragione a fondamento della richiesta di audizione del ragioniere e
che la medesima richiesta appariva “esplorativa” e meramente riprodotta in sede di appello.

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