Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27560 del 08/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27560 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CACCIAPUOTI MIRKO J&NY N. IL 31/10/1975
avverso la sentenza n. 1785/2008 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 18/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 08/04/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza emessa in
data 17 novembre 2007 01 Tribunale di Bologna, Sezione distaccata di Imola, appellata da
CACCIAPUOTI Mirko JAny, dichiarato responsabile del delitto di furto aggravato, commesso
il 2 novembre 2004.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità e
sul ricorrere dell’aggravante.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il primo motivo sono inammissibili in quanto
generiche e tendenti a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del
fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di
merito e già adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, entrambe le pronunce hanno ineccepibilmente osservato che la prova
del fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza di una persona che aveva visto il prevenuto uscire di corsa dallo studio medico, dove era rimasto solo mentre la p.l. entra entrata nello
studio del medico, e nascondere un borsello sotto il giubbotto.
Manifestamente infondata è la doglianza sul ricorrere dell’aggravante in quanto del tutto correttamente rileva il giudice d’appello che un borsello lasciato nella sala d’attesa di uno studio medico si trova in zona accessibile dal pubblico e quindi affidata alla pubblica fede; e non coglie nel
segno il ricorso quando lamenta che la Corte di merito non abbia affrontato la questione se lo
studio medico sia pubblico stabilimento o meno, atteso che la contestazione prevedeva due ipotesi non cumulative ma alternative, come dimostra anche l’applicazione della pena da parte del
primo giudice, riferibile al furto monoaggravato.
La sentenza impugnata non è quindi sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione non
deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel
caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto
decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica:
insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in e. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al vers ento di e. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Ro a 1’8 aprile 2013.

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