Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27542 del 19/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27542 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BARRY THIENNO IBRAHIMA N. IL 16/02/1976
avverso la sentenza n. 682/2012 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
21/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 19/05/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con provvedimento del 21 gennaio 2015, la Corte d’appello di Firenze ha confermato
la sentenza del 25 ottobre 2010, con la quale il Tribunale della stessa città ha condannato
Thiettno Ibrahima Barry alla pena di mesi sette di reclusione, per i reati di resistenza a
pubblico ufficiale e falsa dichiarazione sulla propria identità, unificati sotto il vincolo della
continuazione.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Avv. Marco Sambo,
difensore di fiducia di Thierno Ibrahima Barry, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti

2.1. violazione di legge penale in relazione al reato di cui all’art. 336 cod. pen., per
avere la Corte riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 337 cod. pen. anziché mandare assolto
l’imputato, là dove la violenza o la minaccia non hanno inciso sulle determinazioni del
pubblico ufficiale;
2.2. vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 336 cod. pen., per avere la
Corte condannato l’imputato sebbene sia inverosimile che le parole del Barry abbiano avuto
una sia pur minima potenzialità intimidatoria nei confronti dei pubblici ufficiali;
2.3. violazione di legge penale in relazione al reato di cui all’art. 496 cod. pen., atteso
che, oltre ad essere abbondantemente decorso il termine di prescrizione del reato, il reato
non può ritenersi integrato dal momento che Barry ebbe ad esibire immediatamente i
documenti atti alla sua identificazione e non essendo chiaro se sia stato o meno l’imputato a
compilare il foglietto recante le generalità di un amico;
2.4. vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 496 cod. pen., per avere la
Corte ritenuto integrato il reato sulla scorta di circostanze irrilevanti, inconferenti e
contraddittorie;
2.5. violazione di legge penale in relazione all’art. 99 cod. pen., essendo trascorsi più di
cinque anni dalla precedente condanna, di tal che il Giudice non avrebbe dovuto applicare
l’aumento di pena;
2.6. vizio di motivazione in relazione all’art. 99 cod. pen., trattandosi di circostanza
aggravante facoltativa;
2.7. violazione di legge penale in relazione alla determinazione della pena, alla mancata
concessione della sospensione condizionale della pena e dei benefici di legge nonché alla
mancata conversione della pena pecuniaria in pena detentiva;
2.8. vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena, alla mancata
concessione della sospensione condizionale della pena e dei benefici di legge nonché alla
mancata conversione della pena pecuniaria in pena detentiva.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. I motivi di ricorso costituiscono mera replica delle deduzioni già mosse con l’atto
d’appello e non si confrontano con le risposte fornite al riguardo dalla Corte territoriale. Il
che, secondo i consolidati principi espressi da questa Corte, comporta l’inammissibilità del
ricorso, atteso che i motivi costituenti mera replica di quelli già dedotti in appello e

motivi:

puntualmente disattesi dalla Corte di merito non possono ritenersi specifici, ma risultano
soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica
argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009,
Arnone e altri, Rv. 243838).
5. Ad ogni modo, i primi quattro motivi – ruotanti intorno all’affermazione della penale
responsabilità – si sviluppano tutti sul piano del merito e sono volti a sollecitare una rilettura
delle emergenze processuali anziché a denunziare taluno dei vizi previsti dal disposto

legittimità, dovendosi la Suprema Corte limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal
giudice di merito per verificare la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu °cui/
percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni
processuali (ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
6. Inammissibili sono le deduzioni di cui al quinto e sesto motivo, in quanto, da un lato,
non risulta che i Giudici della cognizione abbiano disposto alcun aumento per la recidiva;
dall’altro lato, si tratta comunque di doglianze non sottoposte al vaglio della Corte territoriale
e pertanto extra devolutum ex art. 606, comma 3, codice di rito.
7. Insindacabili in questa sede sono le deduzioni che attengono alla determinazione
della pena, là dove, come questa Corte ha già avuto modo di chiarire, la graduazione della
pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare
la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende
che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione
della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Cass. Sez. 5, n. 5582 del
30/09/2013, Ferrario Rv. 259142). Arbitrarietà e illogicità che non vengono prospettate dal
ricorrente nei generici motivi sviluppati al riguardo.
8.

Infine, coglie palesemente fuori segno la doglianza che concerne l’omessa

applicazione della sospensione condizionale della pena e la mancata conversione della pena
detentiva in pena pecuniaria, dal momento che il Collegio fiorentino ha correttamente
evidenziato, per un verso, come al riconoscimento del beneficio ostino i numerosi precedenti
penali del Barry; per altro verso, come la pena pecuniaria risulti inadeguata e non consona
alle finalità rieducative connesse ai precedenti penali del ricorrente.
9. Dallaiiammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a
versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 euro.

2

dell’art. 606 cod. proc. pen., promuovendo uno scrutinio non espletabile nella sede di

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 19 maggio 2016
Il Presiden e

Il consigliere estensore

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