Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27540 del 08/04/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27540 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
EL KARKOURI EL MOSTAFA N. IL 01/01/1959
avverso la sentenza n. 2468/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 11/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 08/04/2013
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in
data 17 dicembre 2009 dal locale Tribunale, appellata da EL KARKOURI El Mostafa, dichiarato
responsabile del delitto di falso in certificazione amministrativa, commesso il 3 ottobre 2006.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione
sulla responsabilità.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto ripropone doglianze sulla riconoscibilità del falso, sulla mancata effettuazione di una perizia grafologica e sulla qualificazione giuridica del fatto già oggetto di impugnazione alle quali la Corte di merito aveva dato risposte
complete ed adeguate, avendo osservato che la perizia grafologica non sarebbe stata decisiva per
esser pacifico che al prevenuto non potesse attribuirsi la materiale redazione dell’atto (peraltro
escludendosi la mera ipotesi di uso di atto falso per l’evidente interesse che aveva il prevenuto
alla predisposizione di quel falso, al fine di dimostrare l’idoneità sanitaria dell’immobile occupato) e che la falsità era risultata da accertamenti dell’AUSL da cui apparentemente la certificazione proveniva, dai quali era emerso che la falsità concerneva un particolare non agevolmente riscontrabile da chiunque, dovendosi quindi escludere la grossolanità ed innocuità del falso.
La sentenza impugnata non è quindi sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione non
deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel
caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto
decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica:
insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’8 aprile 2013.