Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27537 del 19/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27537 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VERDI GIANFRANCO N. IL 12/05/1964
avverso la sentenza n. 3086/2013 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
05/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 19/05/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con provvedimento del 5 marzo 2015, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la
sentenza del 16 novembre 2012, con la quale il Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di
Montevarchi, ha condannato Gianfranco Verdi, alla pena di due anni di reclusione ed al
risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Giuseppe Colombo, per il reato di
calunnia, per avere sporto una falsa denuncia di smarrimento di un assegno.
2. Avverso la sentenza ha proposto personalmente ricorso per cassazione Gianfranco
Verdi, il quale ha eccepito, con il primo ed il secondo motivo, la violazione di legge

avere la Corte rigettato le richieste istruttorie ex art. 507 cod. proc. pen. con specifico
riguardo alla perizia grafologica circa la provenienza della firma di traenza apposta
sull’assegno indicato in imputazione ed alle prove testimoniali richieste; con il terzo motivo,
la violazione di legge penale in relazione agli artt. 368 e 49 cod. pen. e la mancanza di
motivazione in merito all’elemento soggettivo circa l’intenzionalità e la rappresentazione
della falsa accusa.
3. Nella nota difensiva depositata in Cancelleria, l’Avv. Filippo Turturici, difensore di
fiducia di Gianfranco Verdi, ha insistito perché la sentenza sia annullata senza rinvio per
essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, là dove si deve ritenere che il giudice
abbia escluso la recidiva.
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
5. In linea generale, occorre porre in rilievo come tutti i motivi dedotti con il ricorso
costituiscano sostanziale replica delle doglianze già proposte in sede di appello e non si
confrontino con le puntuali risposte date al riguardo dai Giudici di merito, nell’ampia,
circostanziata e lineare sentenza oggetto della impugnazione. Il che, in linea con il disposto
dell’art. 591 cod. proc. pen. ed il costante insegnamento di questa Corte, rende
inammissibile il ricorso per difetto di specificità (Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009,
Arnone e altri, Rv. 243838).
6. Ad ogni modo, i primi due motivi sono manifestamente destituiti di fondamento.
6.1. A norma dell’art. 507 del codice di rito, “terminata l’acquisizione delle prove, il
giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficio l’assunzione di
nuovi mezzi di prove”. L’assunzione delle prove ai sensi della indicata norma è eccezionale e
può giustificarsi soltanto in relazione ad una situazione di assoluta necessità di fare fronte ad
una lacuna probatoria, da valutare alla luce del prudente apprezzamento del giudice. La
mancata assunzione di una prova decisiva – quale motivo di impugnazione per cassazione può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione a
norma dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere
validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte
attraverso l’invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione
probatoria di cui all’art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai

processuale, la mancata assunzione di una prova decisiva e la mancanza di motivazione per

fini della decisione. (Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013 – dep. 01/03/2013, Pg in proc. Muraca
e altri, Rv. 254974).
6.2. Ad ogni modo, il Collegio di merito ha bene esplicitato le ragioni per le quali il
rigetto della richiesta di integrazione probatoria formulata ai sensi dell’art. 507 cod. proc.
pen. da parte del primo giudice debba ritenersi legittimo, trattandosi, quanto alla perizia
grafologica, di richiesta “esplorativa” e, quanto alle prove testimoniali, di prove superflue ai
fini del decidere (v. pagine 5 e 6 della sentenza).

mirano a sollecitare una rilettura dell’incartamento processuale piuttosto che a denunciare
vizi rientranti nell’alveo di cui all’art. 606 cod. proc. pen., promuovendo dunque uno
scrutinio non operabile nella sede di legittimità, dovendosi la Suprema Corte limitare a
ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e
la insussistenza di vizi logici ictu °cui/ percepibili, senza possibilità di valutare la rispondenza
della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis Cass. Sez. U, n. 47289 del
24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
8. Giusta la dichiarazione di inammissibilità non v’è materia per l’invocata prescrizione
del reato.
9. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento,
anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 euro.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 19 maggio 2016
Il consigliere estensore

Il Presicyene

7. Gli ulteriori motivi si fondano su considerazioni tutte sviluppate sul piano del fatto e

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