Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27530 del 08/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27530 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI ROCCO CARMINE N. IL 20/04/1949
avverso la sentenza n. 930/2005 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
20/10/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 08/04/2013

N FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di L’Aquila di Cosenza, giudice d’appello, ha confermato la sentenza emessa in data 22 settembre 2004 dal Tribunale di Teramo, Sezione distaccata di Atri, appellata da DI ROCCO Carmine, dichiarato responsabile del delitto di detenzione per
lo spaccio di banconote false, commesso il 24 settembre 2001.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione
sulla responsabilità e in particolare sull’innocuità del falso, nonché sul trattamento sanzionatorio.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il primo motivo sono inammissibili in quanto
tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e
già adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito ineccepibilmente osservato che l’innocuità del falso doveva essere esclusa, anche se gli operanti avevano riconosciuto nel controllo la falsità delle
banconote, in quanto tale non sarebbe potuta apparire a chiunque non avesse dimestichezza con
quel tipo di controllo proprio delle forze dell’ordine.
E si tratta di considerazioni del tutto logiche e corrette a cui il ricorso non oppone altro che la ripetizione di argomenti già esaminati e affrontati adeguatamente.
Inammissibile, perché risolventesi in censure su valutazioni di merito, insuscettibili, come tali, di
aver seguito nel presente giudizio di legittimità, è poi il secondo motivo, concernente le non concesse attenuanti generiche e la misura della pena giacché la motivazione della impugnata sentenza si sottrae ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato i precedenti penali
dell’imputato — elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62-bis C.P. — nonché per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma l’8,3prile 2013.

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