Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27524 del 19/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27524 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BASILE ANTONIO N. IL 16/01/1989
lécC–e

avverso la sentenza n. 590/2014 CORTE APPELLO R—E—i.DIST. di
TARANTO, del 02/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 19/05/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con decisione del 2 marzo 2015, la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di
Taranto, ha confermato la sentenza del 18 giugno 2013, con la quale il Tribunale di Taranto
ha condannato Antonio Basile alle pene di anni uno e mesi sei di reclusione e 4.000 euro di
multa, con la confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro, in relazione alla
violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto sostanza
stupefacente del tipo cocaina.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Avv. Andrea Silvestre,

motivazione in relazione alla ritenuta destinazione ad un uso non esclusivamente personale
dello stupefacente trovato in possesso dell’imputato.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. Sotto un primo profilo, va notato come il ricorrente si sia limitato a riproporre la
medesima deduzione già proposta con l’atto d’appello, senza confrontarsi con la puntuale
risposta data dalla Corte territoriale sul punto (v. pagina 4 della sentenza). La genericità del
motivo è già di per sé suscettibile di riverberare in termini di inammissibilità del ricorso
(Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838)
5. Ad ogni modo, la motivazione sviluppata al riguardo dal Giudice d’appello è
ineccepibile, là dove ha dato puntualmente atto delle ragioni per le quali abbia ritenuto di
dover confermare la decisione del primo giudice con specifico riguardo alla finalizzazione
della droga detenuta dal Basile, evidenziando a supporto di tale conclusione il dato
quantitativo (3,3 grammi di cocaina), la suddivisione in 17 dosi, l’assenza di una fonte lecita
di reddito in capo all’imputato ed il nascondiglio della sostanza (sulla rampa di scala), in un
luogo non “a portata di mano”, dunque inconciliabile con la destinazione al proprio consumo
(v. pagine 4 e 5 della sentenza). Argomentazioni che, per la linearità, l’aderenza alle
emergenze probatorie e la coerenza logica, si appalesano non censurabili nella sede di
legittimità con deduzioni che si risolvono nella sollecitazione ad un mera rivisitazione di
merito.
6. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento,
anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 euro.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 19 maggio 2016
Il consigliere estensore

difensore di fiducia di Antonio Basile, ed ha eccepito la violazione di legge ed il vizio di

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