Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27523 del 19/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27523 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PIETROPAOLO MICHELE N. IL 29/09/1953
avverso la sentenza n. 3092/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 22/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 19/05/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con decisione del 22 settembre 2014, in parziale riforma della sentenza del 10 luglio
2012 del Tribunale di Vasto, la Corte d’appello di L’Aquila ha rideterminato la pena inflitta in
primo grado a Michele Pietropaolo in anni due di reclusione e 5.000 euro di multa,
confermando nel resto l’appellato provvedimento, con il quale l’imputato è stato condannato
in relazione alla violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad
oggetto sostanza stupefacente del tipo cocaina.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Avv. Giovanni Cerella,

relazione alla determinazione della pena, giusta il riconoscimento dell’ipotesi di cui al citato
art. 73, comma 5, e delle circostanze attenuanti generiche; per altro verso, la violazione di
legge processuale ed il vizio di motivazione per avere la Corte disatteso, senza svolgere
alcuna motivazione, la richiesta di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., già presentata prima della dichiarazione di apertura del giudizio di primo grado.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. La prima censura dedotta dal ricorrente fuoriesce dall’ambito delle questioni coltivabili
in sede di ricorso per cassazione. Ed invero, le determinazioni del giudice di merito in ordine
al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da
motivazione esente da vizi logico-giuridici. Circostanza che ricorre nel caso di specie, nel
quale la Corte territoriale, tenendo conto del mutato quadro normativo e della nuova forbice
edittale per la “nuova” fattispecie autonoma di reato di cui al citato art. 73, comma 5,
all’esito delle novelle legislative del 2013 e 2014, nel rideterminare la pena, ha
congruamente evidenziato la gravità del reato, desunta dalle modalità e dall’oggetto della
condotta, nonché la capacità a delinquere dell’imputato, in quanto gravato da plurimi
precedenti penali, generici e specifici (v. pagine 2 e 3 dell’impugnata sentenza).
5. Immune da vizi è inoltre il mancato “recupero” in appello della pena oggetto del
patteggiamento – richiesto in primo grado -, là dove, come dato atto in sentenza a pagina 2,
la pena di cui si chiedeva l’applicazione ex artt. 444 e seguenti cod. proc. pen. – non
prevedendo il riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990,
n. 309 – è meno favorevole di quella in effetti applicata.
6. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento,
anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 euro.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 19 maggio 2016
Il consigliere estensore

DEI

Il Preside

difensore di fiducia di Michele Pietropaolo, deducendo, per un verso, la violazione di legge in

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