Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27515 del 08/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27515 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DAPOR MAURIZIO N. IL 13/02/1966
avverso la sentenza n. 452/2011 CORTE APPELLO di TRENTO, del
13/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 08/04/2013

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto esso, nel riproporre
pedissequamente tutte le doglianze che erano già state sottoposte all’esame del
giudice d’appello, non pone in luce alcuna carenza, contraddittorietà o manifesta
illogicità delle puntuali e analitiche risposte che ad esse risultano date nell’impugnata
sentenza, limitandosi a generiche ed apodittiche espressioni di soggettivo dissenso,
del tutto inidonee, come tali, a rendere censurabile, in questa sede, l’apparato
argomentativo sul quale, nell’essenziale, si fonda il giudizio di colpevolezza, posto
che non risulta contestato (né contestabile) il fatto oggettivo costituito dall’accertata
presenza, sul corpo della vittima, delle lesioni di cui all’imputazione, quali risultanti,
oltre che dal certificato del dott. Plotegher, anche dal referto ospedaliero datato 11
aprile 2005, cui si fa riferimento nell’impugnata sentenza, né risulta prospettata o
richiamata, nel ricorso, con riguardo all’origine di dette lesioni, alcuna ipotetica
ricostruzione alternativa a quella proposta dall’accusa, sulla base delle dichiarazioni,
corroborate appunto dalla summenzionata documentazione sanitaria, della persona
offesa e i testi presenti al fatto; testi dei quali, in realtà, non vi sarebbe stato alcun

RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, DAPOR fu
ritenuto responsabile del reato di lesioni personali gravi in danno di DAPOR Sabrina;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato denunciando violazione di norme processuali (in particolare gli artt.
192 e 533, comma 1, c.p.p.) e vizi di motivazione:
1) in ordine alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa,
caratterizzate da asserita coerenza e linearità nonostante le numerose incongruenze
segnalate nei motivi d’appello tra cui, in particolare, quella costituita dall’omessa
menzione, nell’atto di querela, della visita medica alla quale, secondo quanto riferito,
a distanza di anni, dalla stessa persona offesa, quest’ultima sarebbe stata sottoposta, il’
giorno stesso del fatto, con rilascio di un certificato medico, dal dott. Plotegher,
2) in ordine alla mancata valorizzazione di quanto riferito dal consulente tecnico
Giuseppe Chizzola, secondo cui da quelli che sarebbero stati i punti di osservazione
dei testi De Simone e Bresciani, non sarebbe stato possibile, per costoro, vedere il
luogo nel quale sarebbe avvenuta l’aggressione in danno della persona offesa;
3) in ordine alla ritenuta sussistenza della condizione prevista dall’art. 533, comma
1, c.p.p., per l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato (colpevolezza
risultante “al di là di ogni ragionevole dubbio”), nonostante che dalla prodotta
certificazione medica non risultassero tracce dei colpi che la persona offesa aveva
riferito di aver subito, oltre che al gomito, anche in altre parti del corpo e nonostante
che la deposizione del teste Bresciani, secondo cui egli si sarebbe trovato sul posto
essendo stato chiamato a prestare la sua opera di elettricista, fosse da ritenere falsa,
attesa l’inesistenza, dimostrata dalle acquisite planimetrie, del cancelletto pedonale
che, secondo il teste, egli avrebbe dovuto esaminare per una sua eventuale
elettrificazione, ed attesa, inoltre, l’assenza di fatture, ricevute fiscali o altra
documentazione dimostrativa dell’avvenuta, effettiva prestazione di detta opera;

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così decise n ‘ •ma l’8 aprile 2013

bisogno, alla luce del noto e consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il
giudizio di colpevolezza dell’imputato può basarsi anche sulle sole dichiarazioni
della persona offesa, alla sola condizione che queste siano sottoposte ad adeguato
vaglio critico che tenga conto della non neutralità della fonte; al che può aggiungersi
che, comunque, del tutto pretestuose appaiono le ragioni per le quali le dichiarazioni
dei testi sarebbero state da ritenere non semplicemente inattendibili ma addirittura
scientemente mendaci, come sostanzialmente si afferma o si lascia chiaramente
intendere nel ricorso; e ciò non solo per la loro oggettiva, palese inconsistenza ma
anche perché, trattandosi di testi che, pacificamente, erano ben a conoscenza dello
stato dei luoghi, gli stessi, volendo riferire il falso e potendolo tranquillamente fare in
modo tale da rendere la loro versione dei fatti del tutto compatibile con il suddetto
stato, si sarebbero ben guardati dall’indicare particolari che con quest’ultimo fossero
invece (come si vuol sostenere nel ricorso), in evidente ed insanabile contrasto;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

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