Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27513 del 19/05/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27513 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CrtELLI EMILIA N. IL 02/01/1984
avverso la sentenza n. 3181/2013 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 09/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;

Data Udienza: 19/05/2016

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il provvedimento del 9 ottobre 2014, la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato
la sentenza del 4 luglio 2012, con la quale il Tribunale di Pescara ha condannato Emilia Orfelli
alla pena di mesi sette di reclusione, per i reati di cui agli artt. 81, comma 2, 337 e 341-bis
cod. pen.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Avv. Fabio Corradini,
difensore di fiducia di Emilia Cerelli, eccependo, con il primo motivo, la violazione di legge
processuale in punto di valutazione della prova in relazione agli artt. 192 e 530, comma 2,

responsabilità esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa; con il secondo
motivo, la violazione di legge penale ed il vizio di motivazione in relazione all’omesso
riconoscimento dell’esimente dell’atto arbitrario ed alla ritenuta integrazione dei reati di cui
agli artt. 337 e 341-bis cod. pen., nonché per mancato vaglio dell’attendibilità della prova
offerta dall’imputata.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. Oltre a riprodurre nella sostanza le medesime argomentazioni già esposte dinanzi ai
Giudici di merito, e dagli stessi correttamente disattese, i motivi sono volti a sollecitare, per
un verso, una diversa valutazione in punto di attendibilità della persona offesa, per altro verso,
una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali ai fini del riconoscimento
della scriminante dell’atto arbitrario e, dunque, una valutazione alternativa delle fonti di prova,
piuttosto che a denunciare vizi riconducibili al disposto dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod.
proc. pen. Il ricorso tende a promuovere uno scrutinio non espletabile da questa Corte di
legittimità, che si deve limitare a ripercorrere l’iter argomentativo svolto dal giudice di merito
per verificare la completezza e la insussistenza di vizi logici

ictu ocull percepibili, senza

possibilità di valutare la rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (ex plurimis
Cass. Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
5. Ad ogni modo, la motivazione sviluppata a sostegno della conferma della penale
responsabilità della Ciarelli è inappuntabile, là dove Giudici della cognizione hanno ben
esplicitato le ragioni per le quali il reato contestato all’imputata si debba ritenere integrato,
risultando le dichiarazioni della persona offesa (utilizzabili, in quanto provenienti da un
soggetto da riguardare quale un testimone, anche in mancanza di elementi esterni a riscontro;
v. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214) intrinsecamente attendibili
nonché, almeno in parte, convalidate da quanto dichiarato dalla stessa imputata (v. pagina 2
della sentenza).
6. D’altronde, secondo i principi espressi da questo giudice di legittimità, ai fini
dell’applicazione della causa di giustificazione prevista dall’art. 4 del D.Lgt. 14 settembre 1944,
n. 288 (attualmente, art. 393 bis, cod. pen.), è necessaria un’attività ingiustamente
persecutoria del pubblico ufficiale, il cui comportamento fuoriesca del tutto dalle ordinarie
modalità di esplicazione dell’azione di controllo e prevenzione demandatagli nei confronti del
privato destinatario (Sez. 6, n. 23255 del 15/05/2012 Negro e altri Rv. 253043; Sez. 6, n.

cod. proc. pen., segnatamente per avere i giudici della cognizione fondato il giudizio di penale

18957 del 30/04/2014, Bellino, Rv. 260704). Arbitrarietà dell’atto che – con argomentazioni
che si ritengono esaustive e congrue – i decidenti di merito hanno stimato insussistente nella
specie, non potendo questa ravvisarsi nell’atto d’ispezione disposto dagli operanti di P.G.
7. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna della ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento,
anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in 2.000,00 euro.
P.Q.M.

e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 19 maggio 2016
Il consigliere estensore

Il Preside

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali

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