Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27480 del 08/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 27480 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COSSIO GIULIANO N. IL 26/02/1944
avverso la sentenza n. 598/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
02/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 08/04/2013

Cossio Giuliano ricorre avverso la sentenza 2.5.12 della Corte di appello di Trieste che ha
confermato quella in data 30.10.09 del Tribunale di Udine, emessa a seguito di giudizio abbreviato,
con la quale è stato condannato, per il reato di lesioni aggravate, concesse attenuanti generiche
equivalenti anche alla contestata recidiva, alla pena di mesi sei di reclusione.
Deduce il ricorrente violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per non avere i giudici

dell’imputato (soggetto anziano di scarsa scolarizzazione), il contesto sociale di accadimento del
fatto ed i fattori ambientali (pubblico scherno all’interno di un bar) che avevano condizionato la
condotta criminosa, evidenziando invece un presupposto del tutto assertivo (lo stato di ebbrezza del
Cossio) e la sproporzione tra la condotta preliminare al fatto e l’aggressione portata dall’imputato,
laddove invece l’aggravante di cui all’art.61 n.1 c.p. non era configurabile.
Osserva la Corte che il ricorso, meramente reiterativo delle doglianze già formulate con i motivi di
appello e compiutamente confutate dalla Corte triestina, è da ritenersi inammissibile in quanto
manifestamente infondato, atteso che la sentenza impugnata, con motivazione congrua ed immune
da profili di illogicità, ha evidenziato la configurabilità dell’aggravante dei futili motivi
correttamente ritenendola per essere l’impulso all’azione criminosa derivato da una frase della p.o.
Freschi con cui questi aveva rimarcato che non era legittimo indossare una divisa senza appartenere
a un Corpo militare, seguita da una reazione dell’imputato (aggressione al collo portata con un
bicchiere di vetro appositamente rotto) totalmente sproporzionata all’entità del fatto, in sé banale,
così da doversi ritenere come un pretesto per dare sfogo all’impulso criminale.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€ 1.000,00.

considerato, nel ritenere sussistente l’aggravante dei futili motivi, le connotazioni culturali

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 8 aprile 2013

IL PRESIDENTE

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