Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2741 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2741 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRANTE GIUSEPPE N. IL 17/04/1980
avverso la sentenza n. 3765/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 12/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
N oLe.0
SU
che ha concluso per

e.,

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7,”
Udito, per la parte/Civile, l’Avv
Udit i difenso/Avv.

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1.La Corte di appello di Palermo confermava la condanna dell’imputato alla pena
di mesi quattro di reclusione ed euro 300 di multa per l’appropriazione indebita
di un miniescavatore e di un martellone, concessi in leasing da B.N.P. Paribas
Lease Group. Nel dispositivo della sentenza la Corte precisava che il fatto
contestato era stato commesso in Isola delle Femmine il 1 marzo 2009, laddove
nel capo di imputazione si indicava che il reato «era stato commesso in Carini

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dello
imputato che deduceva:
2.1. violazione di legge processuale; si deduceva la genericità del capo di
imputazione in relazione al fatto che non era stato indicato con precisione il
tempo di consumazione del reato contestato, rilevante anche ai fini del controllo
della tempestività della querela;
2.2. violazione dell’art. 195 cod. proc. pen. si deduceva che l’accertamento di
responsabilità era fondato essenzialmente sulle dichiarazioni del teste Tinarelli,
ovvero su dichiarazioni de relato; secondo il ricorrente tale teste non era stato
in grado di indicare le persone che avevano svolto gli accertamenti e dai quali
avrebbe avuto notizia delle circostanze sulle quali testimoniava.
2.3 Dalla testimonianza del Tinarelli emergeva, peraltro, che l’imputato non era
stato raggiunto dalle richieste di restituzione della società di leasing in quanto la
richiesta formulata era tornata al mittente per compiuta giacenza, con
conseguente carenza degli elementi necessari per la integrazione del profilo
oggettivo e soggettivo del reato contestato;
2.3. vizio di legge e di motivazione in ordine alla valutazione del quadro
probatorio. Si deduceva l’illegittima valutazione degli elementi di prova che
sarebbe avvenuta in contrasto con le regole indicate dall’art. 192 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.
1.1.11 primo motivo di ricorso che censura l’indeterminatezza del capo di
imputazione in ordine alla carente indicazione del tempo del commesso reato è
infondato.
Sul punto il collegio condivide la consolidata giurisprudenza secondo cui non vi è
incertezza sui fatti descritti nella imputazione quando questa contenga, con
adeguata specificità, i tratti essenziali del fatto di reato contestato, in modo da
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fino alla data odierna».

consentire all’imputato di difendersi (Cass. Sez. 5, n. 6335 del 18/10/2013,
dep. 2014, Rv. 258948). Si ritiene, infatti, che non sussista alcuna incertezza
sull’imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e
sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno
esercizio del diritto di difesa.
Segnatamente, si condivide l’orientamento secondo cui la contestazione,
peraltro, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma
anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono

51248 del 05/11/2014, Rv. 261741; Cass. sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Rv.
264772).
1.2. Tale interpretazione evidenzia come l’attributo della chiarezza e della
precisione dell’imputazione devono essere valutati con preciso riferimento alla
incisione del diritto di difesa conseguente ad eventuali formulazioni imprecise
dei capi di accusa e non discende automaticamente dalla mancata indicazione
della data del commesso reato.
Se, come nel caso di specie, la descrizione del fatto consente il pieno esercizio
del diritto di difesa il capo di accusa non può essere qualificato come “impreciso”
e, conseguentemente, non può ritenersi la nullità prevista dall’art. 526 comma 2
cod. proc. pen. invocata dalla difesa. Come rilevato dal collegio di merito, il
diritto di difesa del Ferrante non risulta in alcun modo inciso, in quanto gli
elementi essenziali del fatto, ovvero la «appropriazione di beni ricevuti in
leasing dei quali non si completava il pagamento» (pag. 1 della sentenza
impugnata) risultavano compiutamente descritti, essendo la data esatta della
consumazione del reato un elemento descrittivo non decisivo per l’esercizio delle
prerogative difensive.
1.3. Il motivo di ricorso che denuncia la violazione dell’art. 195 cod. pen. in
relazione alla audizione del teste Tinarelli è manifestamente infondato. Il motivo
si presenta generico in quanto non sono state indicate le parti della
testimonianza asseritamente de relato e non discendenti dalla cognizione diretta
del teste (che rivestiva l’incarico della BNP Lease Group ed aveva sporto la
querela).
Il ricorso si presenta aspecifico anche sotto il diverso profilo della violazione
del principio di autosufficienza in quanto non venivano allegata la testimonianza
della quale si contestava, in modo generico, la integrale inutilizzabilità.
1.4. La censura rivolta alla carenza degli elementi costitutivi del reato
conseguente alla mancata visione

da parte dell’imputato della lettera

raccomandata con la quale si intimava la immediata restituzione dei beni
concessi in leasing è anch’essa infondata.
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l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito (Cass. sez. 5, n.

Per quanto dalla sentenza impugnata emerga che la lettera non era stata
restituita al mittente per compiuta giacenza, la consapevolezza della illiceità della
condotta emerge con chiarezza da altri elementi rilevati dalla motivazione della
pronuncia impugnata. In particolare, appare determinante il fatto che l’imputato
si era reso irreperibile, sottraendosi ai tentativi di contatto anche telefonico della
società che aveva concesso i beni in leasing. Tale comportamento esprime con
chiarezza la volontà di interversione del possesso necessaria per la integrazione
della appropriazione indebita.

l’insufficienza del percorso motivazionale dimostrativo dell’accertamento di
responsabilità.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere
diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve
invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come
illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od
omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in
carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno
delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
E’ noto infatti che il perimetro della giurisdizione di legittimità è limitato alla
rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi
specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di
competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio
indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali per essere rilevanti
devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad
incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa. Il vizio di
motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve dunque essere
diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve
invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come
illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od
omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in
carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno
delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Nel caso di specie, come evidenziato in premessa, il ricorrente piuttosto che
rilevare vizi decisivi della motivazione si limitava a criticare genericamente la
tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata, in contrasto palese
con le indicate linee interpretative.

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1.5. Infine: è manifestamente infondato il motivo di ricorso che denuncia

2. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

L’estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma, il giorno 11 dicembre 2015

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