Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2735 del 06/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 2735 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FANIZZI DAVIDE N. IL 07/02/1985
avverso la sentenza n. 1595/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
22/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 06/12/2013

1) con sentenza del 22.2.2013 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza del
Tribunale di Brindisi, sez. dist. di Fasano, resa in data 1.10.2010, con la quale Fanizzi
Davide era stato condannato, applicata la diminuente per la scelta del rito, alla pena di
anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 16.000,00 di multa per il reato di cui agli artt.81
cpv. c.p., 6 co.6 L.401/89.
Propone ricorso per cassazione Fanizzi Davide, denunciando la mancanza e/o
contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione.
2) Il ricorso è generico e per di più manifestamente infondato.
2.1) L’art.581 c.p.p. richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a
pena di inammissibilità ex art.591 co.1 lett.c) c.p.p., a) i capi o i punti della decisione ai
quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Come costantemente affermato da questa Corte ( cfr. ex multis Cass.pen. Sez.6
n.27068 del 23.6.2011) i motivi di impugnazione, pur nella libertà della loro
formulazione, debbono “indicare con chiarezza, a pena di inammissibilità, le ragioni di
fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine di delimitare con precisione
l’oggetto dell’impugnazione e di evitare impugnazioni generiche e dilatorie. In punto di
diritto ciò implica che la parte impugnante deve esplicitare con sufficiente chiarezza
la censura d’inosservanza o di violazione della legge penale, non potendo ritenersi che
la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare “l’indicazione specifica”
richiesta dall’art.581 c.p.p., comma 1 lett.c), c.p.p….”.
2.2) Il ricorrente si limita a contestare genericamente l’interpretazione della norma,
senza tener conto che la Corte territoriale, richiamando la giurisprudenza di
legittimità, ha correttamente evidenziato che la prescrizione prevista dall’art.6 co.2
L.401/89, pur se collegata funzionalmente ad assicurare l’osservanza del divieto di
partecipazione a manifestazioni sportive, è strutturalmente autonoma; sicchè si
richiede solo la consapevolezza e volontarietà della mancata presentazione all’autorità
di P.9.
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, a norma dell’art.591 comma 1
lett.c) c.p.p., con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in euro
1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 6.12.2013

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