Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27338 del 05/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27338 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LADOGANA PIETRO (RINUNCIANTE) N. IL 25/10/1971
avverso l’ordinanza n 25/2015 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
19/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
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lette/stite le conclusioni del PC]k Dog. AUP02,0110
iCLUALWA f/£5

Uditi difenso Avv.;

Data Udienza: 05/06/2015

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza emessa in data 19 gennaio 2015 il Tribunale di Roma confermava
l’ordinanza in data 30 dicembre 2014 con la quale il G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia aveva
applicato a Pietro Ladogana la misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente
indiziato del delitto di concorso in omicidio premeditato.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale ricostruiva dapprima la successione dei
provvedimenti cautelari emessi a carico del Ladogana per la medesima vicenda omicidiaria,

dunque che:
-in data 31 maggio 2014 il G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia aveva convalidato il fermo del
Ladogana, avvenuto presso l’aeroporto di Fiumicino e gli aveva applicato la misura della
custodia cautelare in carcere, con contestuale declaratoria d’incompetenza a favore del
Tribunale di Nuoro;
-con ordinanza in data 17 giugno 2014 del G.I.P. del Tribunale di Nuoro aveva applicato al
Ladogana la misura della custodia cautelare in carcere, confermata dal Tribunale del riesame di
Sassari con ordinanza del 4 luglio 2014;
– detto provvedimento era stato annullato senza rinvio dalla Corte di Cassazione con sentenza
del 16 dicembre 2014 per difetto di competenza, essendo competente il Tribunale di
Civitavecchia, nel cui circondario era stato eseguito il fermo;
– con successivo provvedimento del 30 dicembre 2014 il G.I.P. di quest’ultimo Tribunale aveva
nuovamente emesso ordinanza custodiale.
1.2 II Tribunale respingeva poi le eccezioni preliminari, sollevate dalla difesa, rilevando
l’infondatezza delle censure:
-sul difetto di motivazione del provvedimento impugnato, il quale aveva validamente
richiamato “per relationem” quello del Tribunale di Nuoro, seppur ritenuto incompetente, che,
nonostante fosse affetto da un’inesattezza nell’indicazione delle minacce rivolte dall’indagato
alla vittima mediante e-mail, presentava motivazione valida ed efficace;
-sul preteso contrasto tra il movente che avrebbe spinto il Ladogana a conferire il mandato
omicidiario, indicato nel provvedimento del G.I.P. del Tribunale di Nuoro, rispetto a quello
individuato nell’ordinanza impugnata, dal momento che le minacce rivolte dal Ladogana
all’Albanese avevano costituito l’inizio di un percorso che avrebbe condotto alla soppressione di
quest’ultimo, colpevole di non essersi adeguato agli ordini dell’indagato, di aver voluto
accertare i suoi affari truffaldini e di avere sporto denunce nei suoi riguardi;
-sulla nullità ed inutilizzabilità degli atti d’indagine formati dalla polizia giudiziaria italiana e di
quelli trasmessi dalla polizia brasiliana, in quanto i primi avevano riportato informazioni
acquisite da persone trovatesi all’estero, a nulla rilevando che le stesse non fossero state
verbalizzate, mentre i secondi erano stati trasmessi spontaneamente dalle forze dell’ordine del
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do
Brasile non essendo soggetti alla disciplina prevista per le rogatorie all’estero epot
non

1

consumata in danno di Enzo Albanese, ucciso in Natal, Brasile, il 2 maggio 2014. Rilevava

farsi applicazione analogica o estensiva dell’inutilizzabilità stabilita dall’art. 729 cod. proc.
pen.;
-sull’inutilizzabilità dei verbali di dichiarazioni rese dalla moglie dell’indagato e da Douglas
Ferreira, perché raccolte in assenza degli avvertimenti prescritti dalle norme processuali
italiane, dal momento che non erano stati prodotti i relativi verbali, il che impediva al Tribunale
di verificare la fondatezza dell’eccezione, e le norme asseritamente violate non costituivano
principi fondamentali dell’ordinamento.

confermava l’avvenuta acquisizione di gravi indizi di reità a carico dell’indagato in ordine al
concorso morale con soggetti ignoti nell’omicidio premeditato di Enzo Albanese, che egli aveva
dapprima minacciato personalmente, quindi fatto minacciare da un complice armato di pistola,
quindi fatto sopprimere da due sicari. Al riguardo, osservava che:
– i congiunti dell’Albanese avevano consegnato agli investigatori copia di alcune e-mail inviate
dallo stesso a Raffaele Piccolo, i cui interessi patrimoniali in Brasile aveva curato, in allegato ad
una delle quali vi era copia della denuncia sporta alla polizia brasiliana contro l’indagato per le
minacce di morte da questi rivoltegli in data 21 marzo 2014 con l’utilizzo di un’arma presso il
parcheggio del supermercato “Favorito” di Capim Macio in ragione della scoperta delle truffe
che il Ladogana aveva realizzato nel settore immobiliare mediante la falsificazione dei
documenti prodotti;
– l’indagato per la medesima ragione aveva minacciato anche il proprio legale brasiliano,
l’avv.to Araujo, il quale al fine di rendersi irreperibile aveva chiesto al Piccolo di effettuare la
rimessa di denaro col quale allontanarsi per il timore di ritorsioni contro la sua persona dopo
l’omicidio dell’Albanese, tant’è che il Piccolo gli aveva inviato 1.000 real;
– in data 21 aprile 2014 il Ladogana aveva intrattenuto una conversazione con Enzo Bruno
Ceravolo, rinvenuta nel file audio-video memorizzato nel personal computer di quest’ultimo,
nel corso della quale egli aveva informato l’interlocutore delle scoperte effettuate
dall’Albanese, nominato apertamente, recatosi persino da un notaio per verifiche, che
intendeva denunciare per furto e che era ricercato anche da altre persone, intenzionate a fargli
fare una brutta fine, precisazione effettuata al fine di stornare da sé i sospetti del
coinvolgimento dell’omicidio che aveva già deliberato;
– le dichiarazioni di Raffaele Piccolo, il quale aveva confermato che l’Albanese aveva curato i
suoi investimenti immobiliari brasiliani e lo aveva informato di avere scoperto delle irregolarità
della documentazione relativa agli acquisti effettuati per suo conto tramite la società Globo,
amministrata dal Ladogana, che aveva invano cercato di acquisire anche presso il notaio che
aveva rogato gli atti e che l’Albanese gli aveva riferito di essere stato minacciato nel
parcheggio di un supermercato dal Ladogana e da un individuo in sua compagnia che gli aveva
esibito una pistola, intimandogli di non recarsi più dal notaio; il teste aveva riconosciuto in
fotografia il soggetto a nome “Douglas”, rispondente alle generalità di Douglas Alexandre
Ferreira, presentatogli dal Ladogana quale poliziotto brasiliano ed aveva confermato di a re
2

1.3 Quanto ai presupposti applicativi della misura coercitiva, il Collegio del riesame

appreso dall’avv.to Araujo delle minacce rivoltegli dal Ladogana sempre in relazione agli affari
immobiliari, ragione per la quale dopo l’omicidio dell’Albanese si era dato alla fuga;
-le dichiarazioni di Domenica Mariane, residente a Nadal e buona conoscente della vittima, e
quelle della sorella dell’Albanese, secondo le quali egli all’epoca della morte non aveva liti o
contrasti con altre persone diverse dal Ladogana, le cui interessate affermazioni in tal senso
erano state smentite;
-le modalità dell’omicidio, come ricostruite mediante le immagini filmate ed il rapporto della

due sicari, che dal supermercato lo avevano seguito a bordo di un’autovettura marca
Volkswagen e di altra marca Toyota, modello Corolla, escludevano che la stessa fosse stata
uccisa nel corso di una rapina o a tal fine;
-le indagini condotte dall’autorità di polizia del Brasile confermavano che il Ladogana era
soggetto ad investigazioni per falsi e truffe, commessi nell’ambito dell’attività di
un’organizzazione criminale da lui guidata tramite la società Globo Costruzioni s.r.I., come
riferito anche dall’Albanese nelle sue e-mail, che Douglas Ferreira era in possesso di auto
Toyota Corolla dello stesso tipo di quella che aveva seguito l’Albanese la sera e poco prima del
delitto, di cui si era liberato mediante permuta con altro veicolo dopo l’omicidio, che la moglie
del Ladogana era stata rinvenuta in possesso di agenda ove era annotato il numero di conto
corrente del Ferreira, stipendiato dall’indagato;
-le dichiarazioni della moglie del Ladogana, la quale aveva riferito che pochi giorni prima
dell’omicidio il marito le aveva chiesto di indicarle l’abitazione dell’Albanese, e dopo aver fatto
un sopralluogo nei pressi, le aveva riferito che questi avrebbe avuto quel che meritava ed
avrebbe ricevuto una lezione da parte di persone da lui inviate; la stessa aveva confermato gli
stretti rapporti criminosi tra il marito e Douglas, che per suo conto aveva anche gambizzato un
funzionario tributario, responsabile di avere richiesto il pagamento di imposte ritenute
eccessive per gli immobili acquistati.
Da tale compendio aveva dedotto che il Ferreira, dopo avere minacciato l’Albanese nel
marzo del 2014, aveva con un complice ignoto realizzato materialmente l’omicidio su mandato
del Ladogana.
1.4 In ordine alle esigenze cautelari, il Tribunale riscontrava il pericolo di fuga in
relazione alla disponibilità di contatti e collegamenti dell’indagato, non soltanto in Brasile, ma
anche in Croazia, e di due passaporti, rinvenuti al momento del fermo, di uno dei quali aveva
falsamente denunciato lo smarrimento, nonché il pericolo di recidivazione specifica in
considerazione dell’estrema gravità dei fatti e della personalità negativa del Ladogana,
soggetto privo di scrupoli ed in grado di minacciare anche il proprio legale, il quale, ben
consapevole della sua capacità criminale, si era dato alla fuga. L’intensità elevata di tali
esigenze non consentiva che di applicare la custodia in carcere non offrendo l’indagato alcuna
garanzia circa il rispetto delle prescrizioni inerenti misura meno afflittiva.

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4–

polizia brasiliana, avvenuto presso l’abitazione della vittima dopo un pedinamento operato dai

2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del suo difensore,
il quale ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:
a) Nullità dell’ordinanza impugnata in relazione all’art. 292 lett. c) e c-bis) per mancanza di
motivazione quanto agli indizi di reità, agli elementi di fatto, dai quali sono desunti ed ai motivi
della loro rilevanza, nonché per mancata esposizione dei motivi della ritenuta irrilevanza degli
elementi forniti dalla difesa. La motivazione è meramente apparente e non risponde alle
censure sviluppate col riesame ed all’udienza camerale.

giudice dichiarato incompetente si basa su un noto principio giurisprudenziale, ma il richiamo è
privo di efficacia perché le argomentazioni del giudice emittente non consentivano il controllo
circa la consapevolezza del rinvio e la ricostruzione dell’iter logico-giuridico fatto proprio dal
giudice della nuova misura, che ha ripetuto una ricostruzione indiziaria gravemente carente e
minata da errori o travisamenti in fatto. Ad esempio, il G.I.P. aveva affermato che il ricorrente
aveva minacciato mediante e-mail l’Albanese e poi aveva attuato la minaccia, mentre tale
circostanza non risulta da alcun atto, per cui da tale erroneo presupposto si era ritenuto che le
successive e-mail della vittima confermassero tale primo inesistente elemento; per contro, il
G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia, pur rifacendosi a quanto esposto nell’ordinanza del G.I.P.
del Tribunale di Nuoro, ne ha contraddetto l’impianto argomentativo, ha operato un’errata
ricostruzione dell’indizio basata su dati inesistenti e ha elaborato un autonomo percorso logicogiuridico, incorrendo con tale commistione in illogicità ed inadeguatezza della motivazione. Il
Tribunale ha ritenuto l’inesattezza denunciata di scarso rilievo, posto che il Ladogana aveva
minacciato l’Albanese con altri mezzi e personalmente, inserendo quindi un’affermazione
autoreferenziale a conferma di come gli elementi documentali rivestissero valenza indiretta ed
insufficiente, ma senza avvedersi della frattura logica nell’intero percorso argomentativo, non
recuperato dal Tribunale per l’erroneo ed inidoneo utilizzo della motivazione “per relationem”.
a2) Altrettanto illogica e contraddittoria è la motivazione in ordine alla diversa considerazione
del movente: il Tribunale nega la divergenza tra quanto esposto nel provvedimento originario e
quanto affermato in quello dallo stesso confermato, sebbene il primo non avesse menzionato
l’intento di ritorsione, ma riportato soltanto che l’Albanese aveva scoperto le attività illecite
poste in essere da Ladogana ed aveva deciso di denunciare il tutto all’autorità ed a Raffaele
Piccolo, senza però specificare quali sarebbero tali illeciti e dove sarebbero state presentate le
denunce. Il Tribunale non ha offerto risposta alla censura difensiva secondo la quale non era
dato comprendere a quale titolo l’Albanese avrebbe dovuto denunciare il Ladogana, stante
l’altruità degli interessi economici coinvolti e l’assenza della qualità di pubblico ufficiale e non
era logico minacciare a fronte di un movente ritorsivo.
Inoltre, la vicenda del terreno acquisito dalla Globo per conto del Piccolo non poteva
costituire la causale dell’omicidio e comunque il Tribunale non avrebbe potuto integrare la
motivazione dell’ordinanza applicativa prima di risolvere la questione della sua nullità.

4

al) La confermata correttezza del richiamo da parte del giudice cautelare al provvedimento del

a3) Erronea è la soluzione offerta alla questione di inesistenza, nullità o inutilizzabilità degli atti
formati dalla polizia italiana e di quelli trasmessi dalla polizia brasiliana, che non erano stati
trasmessi spontaneamente, ma su richiesta dei Carabinieri.
Anche il contenuto dei verbali di interrogatorio di Tamara Maria De Barros Lima e di Alexandre
Douglas Ferreira era inutilizzabile perché atti compiuti in violazione dei diritti difensivi ed il
rilievo sulla indisponibilità di tali verbali avrebbe dovuto impedire anche di prendere in esame
le relative dichiarazioni, traendone indizi a carico.
Le modalità di trascrizione da parte della polizia giudiziaria italiana di informazioni

acquisite in via telefonica rende nulle le annotazioni di servizio per difetto di verbalizzazione e
non utilizzabili al fine dell’emissione di misure cautelari per la mancata individuazione della
persona escussa, della mancata rilevazione delle sue condizioni e dell’utilizzo informale di un
interprete; anche la giurisprudenza di legittimità, citata nell’ordinanza del Tribunale, ha
riconosciuto l’utilizzo di siffatte informazioni in quanto raccolte da persone individuate e con
modalità che garantiscono l’autenticità della fonte.
b) Nullità dell’ordinanza in riferimento all’art. 273 cod. proc. pen. in relazione all’art. 192 cod.
proc. pen. e mancanza, illogicità manifesta della motivazione per non avere il Tribunale offerto
congrua risposta alle questioni poste dalla difesa.
b1) Il ricorrente contesta la valutazione dei giudici di merito e la ritenuta valenza indiziaria
della corrispondenza tramite posta elettronica della vittima, il cui contenuto non è stato
verificato quanto alla pretesa fuga del ricorrente, alle truffe commesse, alle minacce,
all’inchiesta ufficiale a carico del Ladogana; pertanto, tali elementi sono privi di gravità,
risolvendosi in una rappresentazione soggettiva dell’Albanese, contraddetta dalla risalente
corrispondenza con lo stesso Ladogana, -indicativa dell’esistenza di una normale controversia
insufficiente a sostenere il movente, perché in atto da circa un anno ed in via di soluzione-, e
dalla risposta data dal Piccolo, il quale aveva ridimensionato e banalizzato le preoccupazioni
dell’Albanese, dato travisato dal Tribunale. Assume poi che le deposizioni del Piccolo e della
Ceravolo non erano state vagliate nella loro attendibilità e che la pendenza di indagini in
Brasile a carico del ricorrente, desunta da una comunicazione di un funzionario di polizia
brasiliana, priva di riferimenti fattuali concreti, non è dimostrata e non contribuisce a far luce
sulla dinamica dei rapporti con la vittima.
b2) Il Tribunale ha trascurato anche le obiezioni sull’inattendibilità delle missive con le quali
l’Araujo aveva lamentato le minacce rivoltegli da Pietro per ottenere del denaro dal Piccolo
perché prive della specificazione delle modalità, dell’autore di tali azioni e dell’indicazione delle
ragioni dell’omessa denuncia all’autorità di polizia. Inoltre, non si è considerato che con tali
iniziative il mittente poteva coltivare propri interessi personali, atti a giustificare una non
verifica rappresentazione dei fatti e che comunque lo stesso aveva prospettato una causale
dell’omicidio dell’Albanese diversa da quella postulata dall’accusa, legata a debiti contratti dalla
vittima verso il ricorrente.

5

a4)

b3) Le ulteriori missive, trasmesse per posta elettronica, risalente ad oltre un anno prima
dell’omicidio, oggetto di sequestro e riportate nella precedente ordinanza, fanno venir meno
l’assunto secondo il quale la causale dell’omicidio sarebbe rinvenibile nella vicenda delle
acquisizioni immobiliari effettuate dalla Globo Costruzioni s.r.I., in quanto la stessa non aveva
mai assunto la dimensione di un serio contrasto, era stata oggetto di una lunga transazione
senza che l’Albanese vi avesse un ruolo o un interesse personale e non aveva pregiudicato i
normali rapporti tra questi, il Piccolo ed il Ladogana.

dimostra l’estraneità dell’indagato al contesto minatorio in danno dell’Albanese e la sua
intenzione di farlo arrestare, non uccidere e l’interpretazione offertane dai giudici cautelari
contrasta col tenore inequivoco delle locuzioni del Ladogana.
b5) Il significato indiziante assegnato alle indagini condotte dalla polizia brasiliana riguarda
sintesi del tutto arbitrarie, maliziose e fuorvianti di tali accertamenti, non verificabili, anche in
merito al sequestro dell’autovettura marca Toyota Corolla già in possesso del Ferreira e
permutata con altro veicolo senza sia dato conoscere da quali atti o testimonianze fosse
ricavabile la prova di tale operazione, probabilmente di natura confidenziale tranne che per la
circostanza, fotografata dalla polizia, dell’avvenuta ricezione da parte del Ferreira dei
documenti di un’autovettura Suzuki Vitara da persona non meglio identificata. In ogni caso tali
vicende non assumono un valore indiziante a carico del presunto mandante dell’omicidio,
essendo troppo risalente nel tempo rispetto al delitto l’incontro avvenuto il 21 marzo 2014 nei
pressi del supermercato e troppo ambiguo il dato relativo, chiarito successivamente dalla
conversazione registrata in data 21 aprile 2014.
b6) L’ordinanza impugnata, a fronte di un compendio indiziario incerto, contraddittorio e non
convergente, ha utilizzato il movente quale indizio che in sé è privo di valenza dimostrativa e
può fungere soltanto da elemento di conferma degli altri elementi acquisiti.
c) Nullità dell’ordinanza impugnata in relazione all’art. 292 lett. c) cod. proc. pen. per
mancanza di motivazione quanto alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza della misura
applicata.
c1) Il pericolo di fuga era stato ricostruito nell’ordinanza applicativa con motivazione apparente
limitata alla considerazione dell’episodio che aveva condotto al fermo presso l’aeroporto di
Fiumicino, senza peraltro specificare in cosa sarebbe consistito tale vicenda e la sua valenza
sintomatica. Né poteva assumere funzione integrativa di tale carente esplicazione la
motivazione dei precedenti provvedimenti, richiamata “per relationem”, in quanto le
circostanze ivi indicate finiscono per contraddire il pericolo di fuga, dal momento che, se il
Ladogana avesse voluto sottrarsi alle ricerche, non sarebbe rientrato in Italia, nel si sarebbe
accinto a ritornare in Brasile ove sarebbe stato tratto in arresto.
c2) La circostanza del possesso di due passaporti non ha alcuna valenza, dal momento che il
vecchio documento era divenuto inutilizzabile per mancanza di pagine ove apporre i timbri ed
entrambi erano stati restituiti dalla polizia per essere sequestrati in un secondo momento.
6

b4)Anche la valutazione del contenuto della conversazione registrata è illogica, perché

Trasmesr -, copia ex art. 23
n. i tec L. j-ic-i-95 n. 332
Doma n— ILSIU. 2015„0
,

ricorrente non si era reso irreperibile, avendo piuttosto effettuato numerosi viaggi tra l’Europa
ed il Brasile, attestati dai timbri sul passaporto.
c3) Il pericolo di reiterazione di gravi condotte analoghe è stato affermato in assenza di
effettiva motivazione, sulla base di una ricostruzione congetturale della vicenda e di
indimostrate minacce di morte rivolte all’Araujo, intrinsecamente inattendibili e prive di valide
conferme.
c4) Del tutto carente è poi la giustificazione fornita circa l’impossibilità di applicare misura

pericolo di fuga, l’apodittica sfiducia sulla sua volontà di rispettare le prescrizioni relative agli
arresti domiciliari.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
Successivamente alla proposizione del ricorso, il proponente ha trasmesso alla cancelleria
di questa Corte dichiarazione personale di rinuncia; pertanto, ai sensi dell’art. 591 cod. proc.
pen., il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, stante i profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta
impugnazione , al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si
reputa equo determinare in euro 500,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di euro 500,00 alla Cassa delle Ammende. Dispone
trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’istituto
penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2015.

meno afflittiva, senza considerare la sostanziale incensuratezza dell’indagato, l’assenza di

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