Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27334 del 05/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27334 Anno 2015
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMPISI GIUSEPPE N. IL 20/01/1960
avverso l’ordinanza n. 6280/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 07/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/s~titg,-19 conclusioni del PG Dott. CpcvN ek 2Lo3ibL 020 , L)_
CJU e4

fre.

7lÌ

Uditi di nsor Avv.;

dd ))30,

Data Udienza: 05/06/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza emessa il 7 giugno 2014 il Tribunale di sorveglianza di Napoli
rigettava il reclamo, proposto dal detenuto Giuseppe Campisi, avverso il
provvedimento del Magistrato di sorveglianza di Napoli del 10 agosto 2013, che
aveva dichiarato inammissibile l’istanza di concessione di permesso premio ai sensi
dell’art. 30-ter ord. pen., rilevando che il condannato stava espiando pena per reato
ostativo e che non sussistevano i presupposti per l’accertamento della sua

2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del
difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento perché affetto da violazione di legge
in relazione al disposto degli artt. 4-bis, 30-ter e 58-ter della legge nr. 354 del
1975.
Secondo il ricorrente, il nucleo centrale del provvedimento di rigetto del
permesso premio consiste nella mancata dimostrazione della condotta collaborativa
tenuta dal condannato, ma in tal modo il Tribunale di Sorveglianza non ha tenuto
conto che la collaborazione impossibile costituisce espressione della collaborazione
inesigibile ossia che, in relazione agli accertamenti condotti nel processo di
cognizione in modo esaustivo quanto a fatti di reato ed a responsabili, non può
essere prestata utilmente, non essendovi più informazioni da fornire, oppure non
potendo il condannato, per la sua posizione nel contesto di maturazione degli
illeciti, essere a conoscenza di ulteriori elementi. Pertanto, è erronea la pretesa del
Tribunale di una condotta collaborativa in una situazione concreta in cui la stessa è
inesigibile alla stregua, non solo del capo d’imputazione, che è “fluido”, ma
soprattutto delle acquisizioni dell’istruttoria dibattimentale; inoltre, l’interpretazione
offerta della norma di riferimento è contraria ai canoni di coerenza e logicità e la
motivazione del provvedimento è lacunosa per l’omessa risposta ai profili di
doglianza sollevati col reclamo.
3. Con requisitoria scritta depositata il 27 gennaio 2015 il Procuratore
Generale presso la Corte di Cassazione, dr. Gabriele Mazzotta, ha chiesto il rigetto
del ricorso.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché fondata su motivi manifestamente
infondati.
1.L’ordinanza in esame, premesso che il Campisi sta espiando pena detentiva
di anni trenta di reclusione per due delitti di omicidio, aggravanti perché commessi
avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen., oggetto del
1

collaborazione con la giustizia impossibile o inutile.

provvedimento di cumulo del 18/9/2014, ha dapprima risolto positivamente la
questione della compatibilità fra il testo vigente dell’art. 4-bis e quello dell’art. 30ter, comma 4, 1.c a seguito delle modifiche apportate nel 2009, quindi ha rilevato
che il superamento della condizione ostativa alla fruizione dei benefici penitenziari
per quanti abbiano riportato condanna per i reati più gravi, inseriti nell’elenco di cui
all’art.4-bis, comma 1, ord. pen., è costituito dall’accertamento della collaborazione
attiva con la giustizia secondo quanto previsto dall’art. 58-ter ord. pen., o, in
alternativa, della collaborazione inesigibile perché impossibile o divenuta inutile.

era stata supportata dalla richiesta di accertamento incidentale della collaborazione
inesigibile e che in relazione ad altre istanze precedenti siffatta domanda era stata
respinta con ordinanza dello stesso Tribunale del 4 giugno 2013, non impugnata:
sulla base di tali premesse ha argomentato la correttezza del provvedimento
dichiarativo dell’inammissibilità, emesso dal Magistrato di Sorveglianza.
1.1Ebbene, tale specifica “ratio decidendi” non è stata contrastata dal
ricorrente che ha ignorato il rilievo e l’effetto preclusivo di precedenti pronunce
sfavorevoli, divenute irrevocabili allo stato degli atti per mancanza d’impugnazione.
2. Il Tribunale ha comunque esaminato quanto dedotto col reclamo e ha
disatteso la tesi difensiva ivi prospettata della collaborazione inesigibile, avendo
riscontrato, alla stregua di quanto riportato nella sentenza della Corte di Assise di
Appello di Torino del 2 maggio 2002, che nell’esecuzione dell’omicidio del Saffiotti,
egli aveva concorso con persone note, indicate nell’imputazione, ed altre ignote e
mai identificate in seguito e che aveva fornito un falso alibi e tentato di inquinare le
prove con predisposizione di falsa documentazione. Tali osservazioni, da un lato
escludono l’esaustività degli accertamenti condotti in sede di cognizione e la
completa acquisizione di dati di conoscenza su tutti i responsabili del delitto, che
nemmeno il Campisi aveva fornito, né durante la celebrazione del giudizio e
nemmeno in seguito, dall’altro contraddicono il rilievo della prestata collaborazione,
che ha affermato essere stata possibile e consentita al condannato, ma non tenuta
per effetto dell’adozione di una linea difensiva volta a mistificare le emergenze
probatorie.
2.1 Non giova dunque alla difesa richiamare principi interpretativi generali
sull’istituto, che, per quanto corretti, non si adattano alla fattispecie concreta;
inoltre, il ricorso non si confronta e non contraddice i rilievi negativi sull’assenza di
collaborazione, desunti dall’accertamento dei fatti giudicati con la sentenza di
condanna e non soltanto dal capo d’imputazione, mentre denuncia profili di illogicità
ed incoerenza della motivazione del tutto assenti.
La conclusione raggiunta dal Tribunale, sorretta da motivazione esente da
errori giuridici e violazioni delle regole della logica, secondo cui il Campisi, non solo
2

A tal fine ha riscontrato che l’istanza di concessione del permesso premio non

avrebbe potuto collaborare con la giustizia, ciò che pacificamente non è avvenuto,
ma si trovava altresì nelle condizioni di offrire un contributo rilevante
all’accertamento dei fatti nell’ambito dello stesso processo cui fu sottoposto,
rispetta il principio secondo il quale, in materia di misure alternative alla
detenzione, la collaborazione con la giustizia, che sola giustifica la deroga al divieto
di concessione di tali misure ai soggetti condannati per determinati reati, non può
essere generica, ne’ limitata all’ammissione delle proprie responsabilità, ma deve
essere specificamente riferita a fatti e reati oggetto della condanna in relazione alla

sez. 1, n. 4689 del 23/09/1996, Grassi, rv. 205749), non risulta violato nel caso di
specie.
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in relazione ai
profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al versamento di
una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare
in euro 1.000.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento di euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 2015.

quale si chiede il beneficio (sez. 1, n. 43659 del 18/10/2007, Miraglia, rv. 238689;

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