Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27328 del 03/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27328 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AIELLO ALFIO N. IL 11/03/1975
avverso l’ordinanza n. 1842/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
CATANIA, del 19/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/seelt4e le conclusioni del PG Dott. 4ytlyvv;.R.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 03/06/2015

Ritenuto in fatto

1.

Il Tribunale di Sorveglianza di Catania, con l’ordinanza indicata in

epigrafe, rigettava l’istanza di concessione della misura alternativa
dell’affidamento in prova al servizio sociale proposta in via principale da AIELLO
Alfio, condannato a pena detentiva (anni due di arresto) siccome colpevole dei
reati di calunnia, accogliendo, invece, quella subordinata di concessione della
detenzione domiciliare, in quanto ritenuta, sia pure implicitamente, misura più

2.

Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione

l’interessato, per il tramite del suo difensore, chiedendone l’annullamento,
relativamente al diniego della più ampia misura alternativa, ritenuto illegittimo
per violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto il tribunale, avrebbe
basato la propria decisione, per un verso, sull’assunto che una precedente
esperienza di applicazione (nell’anno 2012) della misura alternativa richiesta non
sarebbe stata completamente positiva a ragione di una sospensione dell’istante
dall’attività lavorativa a seguito di un furto di denaro, senza considerare tuttavia
che alcuna imputazione per furto figura tra i carichi pendenti dell’Aiello; per altro
verso, valorizzando il dato dell’esistenza di molti precedenti per rapina e
stupefacenti e di una condanna, per altro non ancora definitiva, alla pena di anni
6 per ricettazione e falso, elementi non sufficienti, da soli, a fondare un giudizio
prognostico negativo circa il reinserimento del condannato nel contesto sociale,
del tutto illogicamente, svalutando, di contro, dei dati particolarmente
significativi, quali la costituzione da parte dell’istante di un solido nucleo
familiare (essendo l’Aiello sposato e padre di un figlio minorenne).

Considerato in diritto

1. L’impugnazione è basata su motivi infondati e va pertanto rigettata.
1.1 Premesso, infatti, che per costante giurisprudenza di questa Corte (in
termini, Sez. 1, n. 15064 del 06/03/2003 – dep. 31/03/2003, Chiara, Rv.
224029), «ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, i riferimenti alla
gravità del reato commesso o ai precedenti penali e giudiziari del condannato o
al comportamento da lui tenuto prima o dopo la custodia cautelare ben possono
essere utilizzati come elementi che concorrono alla formazione del convincimento
circa la praticabilità della misura alternativa», questo Collegio deve rilevare che

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idonea a prevenire il pericolo di recidiva del soggetto.

che le argomentazioni difensive sviluppate in ricorso, nelle loro polimorfi
articolazioni, lungi dal denunciare effettive violazioni di legge e senza dimostrare,
in concreto, un significativo travisamento dei dati fattuali posti a base
dell’apparato argomentativo in concreto svolto dai giudici di merito (posto che lo
stesso Tribunale riconosce che nei confronti dell’Aiello non risulta essersi
proceduto per il reato di furto), si risolvono in una sollecitazione a compiere una
valutazione comparativa delle risultanze processuali in senso più favorevole al
ricorrente rispetto a quella compiuta dal tribunale, il quale ha comunque preso in
esame anche i dati favorevoli all’istante (esistenza di un sano ambiente

familiare, volontà del condannato di frequentare il locale Sert per affrontare le
proprie problematiche di tossicodipendenza), salvo ritenerli, in assenza di un
serio ed irreversibile processo di revisione critica, quale desumibile dall’esistenza
di numerosi e recenti precedenti penali e giudiziari, anche per reati
oggettivamente gravi (rapina, stupefacenti, ricettazione), non sufficienti, almeno
allo stato, a garantire la non reiterazione di una condotta illecita in caso di
concessione di una misura più ampia rispetto a quella concessa.
1.2 Orbene, nel formulare le sue difese, il ricorrente non considera, però,
per un verso, che relativamente al controllo della motivazione del provvedimento
impugnato, esula dai poteri della cassazione quello di una nuova e diversa
valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacché
tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare
il giudizio di legittimità solo la verifica dell’iter argomentativo di tale giudice,
accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle
ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione (così ex multis Cass.,
sez. VI, 14 aprile 1998, ric. Kurzeja, Cass. sez. I, 22 dicembre 1998, n. 13528)
e, per altro verso, che nell’economia della pur concisa decisione impugnata,
l’apprezzamento del dato relativo alla pregressa commissione di reati di non
scarsa gravità è doveroso e funzionale al giudizio sulla possibile reiterazione della
condotta antigiuridica e che la concedibilità dei benefici di cui al capo VI della
legge 26.7.1975 n. 354, non si sottrae al criterio della valutazione discrezionale,
che deve riguardare, al di là dell’indefettibile accertamento delle condizioni di
ammissibilità, anche l’opportunità del trattamento alternativo, che non può
prescindere, evidentemente, come avviene per ogni altra misura della stessa
categoria, dalla concreta praticabilità del beneficio stesso, ritenuta dai giudici di
merito, allo stato, ancora insussistente con riferimento ad una misura
alternativa, quale l’affidamento in prova, che richiede un elevato grado di
autocontrollo.

3

1.3 Tale decisione, adeguatamente motivata, si rivela, del resto, pienamente
conforme, pur non citandolo esplicitamente, all’ormai consolidato orientamento
di questa Corte, secondo cui «il criterio di gradualità nella concessione di benefici
penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad
un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui é
ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario» (così Cass. sez. I,
sentenza n. 5689 del 18/11/1998 – 26/3/1999, ric. Foti, Rv. 212794).

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2015.

2. Al rigetto del ricorso consegue, per legge (art. 616 cod. proc. pen.) la

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