Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27324 del 03/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27324 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIARRUSSO SEBASTIANO N. IL 26/06/1963
ANGUZZA GRAZIELLA N. IL 26/06/1963
GIARRUSSO FRANCESCA N. IL 30/06/1990
avverso il decreto n. 3/2014 CORTE APPELLO di CATANIA, del
27/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/senta:e-le conclusioni del PG Dott. Pce no
Q.
sA,ugaz,
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1

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/06/2015

Ritenuto in fatto

1. Giarrusso Sebastiano – già sottoposto, sino al giugno 2010, alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e condannato, in
via definitiva, per concorso in estorsione aggravata – la moglie di questi, Anguzzo
Graziella, e la figlia, Giarrusso Francesca, hanno proposto – congiuntamente e
per il tramite del comune difensore e loro procuratore speciale, avvocato
Angelino Alessandro – ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di

la misura di prevenzione reale disposta nei lori confronti dal tribunale della sede,
relativa alla confisca dei seguenti beni: (a) terreno sito in Contrada Piano
Mascione di Caltagirone, acquistato da Giarrusso Sebastiano il 24 settembre
2003; (b) terreno sito in Contrada Valverde di Caltagirone, ed i fabbricati che ad
esso accedono, acquistato da Giarrusso Sebastiano il 24 novembre 2005; (c)
autovettura BMW 560, acquistata da Giarrusso Sebastiano il 18 luglio 2006; (d)
100 % delle quote della Edil Costruzioni s.r.l. e relativo patrimonio aziendale
nella titolarità formale di Giarrusso Francesca, che le aveva acquistate nel 2011
al prezzo di C 10.000,00; (e) il saldo attivo dei rapporti bancari in atto al
momento del sequestro dei predetti beni, disposto con decreto del 19 dicembre
2011.
1.1 A sostegno della richiesta di annullamento del decreto impugnato, i
ricorrenti ne deducono l’illegittimità per violazione di legge, risultando la
motivazione dello stesso assolutamente inesistente o meramente apparente,
essendo stata la confisca dei beni disposta nonostante l’assoluta insussistenza
dei presupposti previsti dagli artt. 2-ter e segg. della legge n. 575 del 1965, per
l’applicazione della misura patrimoniale.
Più specificamente i ricorrenti, con l’unico articolato motivo d’impugnazione
dedotto, sostengono, in via preliminare, anche attraverso pertinenti richiami
giurisprudenziali, la proponibilità nel presente giudizio di cassazione, del vizio
motivazionale denunziato in ricorso (inesistenza); con specifico riferimento al
rigetto dell’appello, che la Corte territoriale è incorsa in un «errore metodologicomotivazionale» non dissimile da quello già censurato dalle Sezioni Unite di
questa Corte (il riferimento è alla sentenza Montella n. 920 del 2011), sia pure
con riferimento alla misura cautelare prevista dall’art. 12

sexies

D.L. n.

306/1992, e ciò in quanto i giudici di appello, oltre a disattendere
incomprensibilmente la richiesta di espletamento di una consulenza tecnica contabile, volta alla ricostruzione della “posizione reddituale” del Gianrusso e del
suo nucleo familiare, da determinarsi attraverso il ricorso al metodo della
“stratificazione o capitalizzazione delle evidenze reddituali maturate nell’anno

cou-

Appello di Catania, deliberato il 27 maggio 2014, nella parte in cui ha confermato

precedente”, sarebbero, altresì, venuti meno all’obbligo di motivare, con
riferimento ad ogni singolo bene e non già, quindi, con riferimento al valore
complessivo dell’intero patrimonio, in merito alla sussistenza di un’effettiva
sproporzione tra valore dei beni confiscati al momento del loro acquisto ed il
reddito o le attività economiche degli appellanti, con conseguente assoluta
incongruità e mera apparenza della motivazione sviluppata sul punto nel decreto,
impugnato.

1. L’impugnazione proposta nell’interesse di Gìarrusso Sebastiano, Anguzzo
Graziella, e di Giarrusso Francesca, è inammissibile perché basata su motivi non
specifici e comunque manifestamente infondati.
Nell’ambito del procedimento di prevenzione, infatti, il ricorso per cassazione
é ammesso soltanto per violazione di legge secondo il disposto dell’art. 4,
comma 10, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, comma 2
legge 31 maggio 1965, n. 575; ne consegue, che in tema di sindacato sulla
motivazione è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi
dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi
esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione
dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal
nono comma del predetto art. 4 legge 1423/56, il caso di motivazione inesistente
o meramente apparente (Cass, Sez. 2″, 3 febbraio 2000 n. 703, ric. Ingraldi e
altro; Sez. 1″, 21 gennaio 1999 n. 544, ric. Barbangelo 1″; Sez. 2″, 6 maggio
1999 n. 2181, ric. Sannino; 12 novembre 1999 n. 3560, ric. Drigo; Sez. 8″, 9
luglio 2002 n. 35758, ric. Marmi).
1.1 Nel caso di specie il vizio radicale di motivazione in realtà non si
rinviene.
Il decreto impugnato è corredato, infatti, di motivazione adeguata, attinente
alle questioni proposte con l’appello, e logicamente coerente, nel quadro di un
ragionamento unitario, articolato in argomentazioni – saldamente ancorate a
risultanze processuali di cui non è provato il travisamento e fondate su concetti
razionalmente ordinati ed espressi – con le quali si evidenzia come il valore dei
beni confiscati risulti sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività
economica svolta dagli appellanti.
In particolare deve escludersi che la conclusione a cui la Corte territoriale è
pervenuta sia viziata da un errore “metodologico”, in quanto la necessaria
valutazione della sproporzione tra i beni oggetto della misura cautelare e la
situazione reddituale degli appellanti, è stata condotta avendo riguardo al reddito
dichiarato o alle attività economiche esercitate non al momento della

Considerato in diritto

applicazione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio del
soggetto, bensì a quello dei singoli acquisti e al valore dei beni di volta in volta
acquisiti, precisando i giudici di appello (pagg. 5 e 6 del decreto impugnato): che
nell’anno 2000 il reddito familiare era pari a zero ed il Gianrusso acquistò il
terreno sito in Contrada Piano Mascione, dal valore dichiarato di C 6.400,00,
nonché vari automezzi dal valore complessivo di C 16.000,00; che nell’anno
2005, il reddito familiare era pari ad C 5853,00 ed il Giarrusso acquistò il terreno
in Contrada Valverde (valore dichiarato di € 4.200,00) ed un semirimorchio dal

ed il Giarrusso acquistò la BMW confiscata, dal valore di € 44.200,00; che infine
nel 2011, vennero acquistate, formalmente dalla figlia, Giarrusso Francesca, il
100 % delle quote della Edil Costruzioni s.r.l. al prezzo apparente di C 10.000,00,
pur nell’assenza totale di redditi dichiarati; che una evidente sproporzione tra
entrate ed uscite era stata costantemente rilevata dalla Guardia di Finanza,
anche con riferimento a tutti gli anni compresi tra il 2000 ed il 2011, con ciò
correttamente uniformandosi ai principi più volte indicati da questa Corte
regolatrice (Sez. 6, n. 5452 del 12/01/2010 – dep. 11/02/2010, Mancin e altro,
Rv. 246083).
1.2 Né risultano manifestamente illogiche le argomentazioni svolte dalla
Corte territoriale per disattendere i rilievi difensivi mossi dagli appellanti al
decreto di primo grado, ove si consideri che i giudici di appello, con riferimento
alla fittizietà della intestazione delle quote societarie della Edil Costruzioni s.r.I.,
hanno rilevato: (a) come il proposto sia stato assunto come dipendente
dell’azienda con la qualifica di operaio e che l’attività d’impresa veniva svolta in
un immobile condotto in locazione ma di proprietà di Giarrusso Sebastiano, al
quale veniva corrisposto un canone di locazione il cui ammontare, la figlia,
intestataria delle quote, nel corso del suo esame, dichiarava di non ricordare; (b)
che Giarrusso Francesca aveva ammesso di non godere di redditi ulteriori,
giustificando la esiguità del corrispettivo versato per le quote, con l’assunto che
“la società andava male”; dato questo contrastante, però, con l’accertato volume
degli affari della società negli anni precedenti la vendita delle quote, risultati in
costante aumento; (c) che non sussisteva alcuna prova documentale di un
lascito testamentario disposto dal nonno Gianrusso Paolo in favore della nipote
Francesca, laddove i prelievi effettuati nel 2008 dai conti correnti di Giarrusso
Paolo e Mancuso Francesca, nulla provavano sulla destinazione delle somme
prelevate, apparendo inverosimile, per altro, che l’imprecisata somma che sì
assume ricevuta dalla ricorrente sia rimaste integra, venendo utilizzata solo tre
anni dopo, sebbene Giarrusso Francesca non avesse redditi propri ed il suo
nucleo familiare avesse uscite superiori ai redditi dichiarati.

4

valore di C 6000,00; che nell’anno 2006 il reddito familiare era pari a C 7.673,00

1.3 Orbene a fronte di un completo, plausibile ed esauriente apparato
motivazionale, aderente alle risultanze delle indagini patrimoniali espletate, in
forza delle quali i giudici di appello hanno ritenuto che sussistessero “indizi idonei
a lasciar desumere in modo fondato che i beni in sequestro costituissero “il
reimpiego dei proventi dell’attività illecita del Giarrusso”, sicché la confisca dei
beni sequestrati andava confermata in quanto il proposto ed i suoi familiari, non
erano riusciti a dimostrare la legittima provenienza del denaro utilizzato per
l’acquisto di tali beni”, le deduzioni sviluppate in ricorso, non superano,

congetturale delle risultanze processuali, non consentita nel giudizio di
legittimità.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorso consegue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento, ciascuno, di una somma alla Cassa delle ammende,
congruamente determinabile in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen..

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna í ricorrenti al pagamento, delle
spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di C 1000,00 a favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2015.

manifestamente, la soglia della ricostruzione alternativa e meramente

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