Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27321 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27321 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DOBRE VASILE N. IL 01/09/1961
avverso l’ordinanza n. 390/2015 GIP TRIBUNALE di PALMI, del
13/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
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Data Udienza: 27/05/2015

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 9.085/2015

R.G.

Udienza del 27 maggio 2015

Udito, altresì, in camera di consiglio il Pubblico Ministero in persona
del dott. Mario Maria Stefano Pinelli, sostituto procuratore generale
della Repubblica presso questa Corte suprema, il quale ha concluso
per la inammissibilità del ricorso e per la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende.

i. — Con ordinanza deliberata e depositata il 13 febbraio 2015 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Palmi ha
convalidato l’arresto di Vasile Dobre, eseguito dai Carabinieri della
Compagnia di Gioia Tauro, l’il febbraio 2015, all’una della notte, nella quasi flagranza del delitto di omicidio tentato commesso in danno
di Lucian Ciuculescu il io febbraio 2015 in Rosarno, per aver compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di
Lucian Ciuculescu mediante reiterati colpi inferti con una spranga di
ferro in vari distretti del corpo compresi la testa e il viso, senza tuttavia conseguire l’intento omicida per cause indipendenti dalla sua volontà colle aggravanti dei motivi futili o abietti e delle circostanza di
minorata difesa della vittima.
In esito all’interrogatorio dell’arrestato il quale ha sostenuto che era
stata la vittima ad aggredirlo, il giudice ha motivato: i Carabinieri
prontamente accorsi rilevarono le tracce del sangue di Ciuculescu, già
ricoverato in ospedale; e, seguendo a ritroso le tracce della scia ematica, giunsero sulla scena del delitto, all’interno dell’edificio abbandonato di via Maria Zita, ove entrambi i protagonisti del fatto di sangue precariamente vivevano, e colà trassero in arresto Dobre; costui
presentava le tracce del delitto immediatamente prima commesso;
aveva le mani e i vestiti imbrattati di sangue e recava sul corpo i segni
della colluttazione; Ciculescu ha riportato numerose ferite anche al
capo e al volto che hanno reso necessaria la applicazione di numerosissimi punti di sutura; il fatto riveste particolare gravità e l’arrestato
è persona pericolosa la quale ha agito per motivi futili come dichiarato dal teste oculare Alexadrou Rus, il quale assistette alla fase iniziale
dello scontro cruento; irrilevante è, infine, la circostanza che il processo verbale dell’arresto sia stato compilato dai verbalizzanti alcune
ore dopo la esecuzione, in quanto l’arrestato fu « fin da subito privato della sua libertà personale ».
2. – L’arrestato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del
difensore di ufficio, avvocata Maria Teresa Caccamo, mediante atto
recante la data del 19 febbraio 2015, col quale ha sviluppato due motivi con i quali ha denunziato violazione degli articoli 380 e 382 cod.
proc. pen.

Rileva

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2.1 – Col primo motivo il difensore eccepisce la carenza della quasi
flagranza, deducendo: Dobre è stato condotto in caserma, dopo che
furono compiuti vari accertamenti; nelle more è rimasto libero;
l’arresto è, pertanto, illegittimo.

Col secondo motivo il difensore contesta la ricorrenza del fumus commissi delicti opponendo: la prognosi di durata della malattia
della vittima è contenuta in venti giorni; il teste Rus non ha asserito
che Dobre sia pericoloso, né che abbia agito per futili motivi e neppure ha notato colpi contundenti; Dobre ha riportato ferite, ha agito per
legittima difesa; Ciuculescu era ubriaco e aggressivo; ha riportato
parte delle lesioni in seguito allo scontro con un motociclista; la vicenda « perde i contorni della ipotesi criminosa » ritenuta; ricorre la
esimente e, comunque, la condotta deve qualificarsi come lesione
personale, reato per il quale l’arresto è facoltativo; la privazione della
libertà personale non è giustificata; il giudice della convalida ha travisato le dichiarazioni di Rus; la motivazione è irragionevole.
3. — Il ricorso è inammissibile.
3.1 — In rito non possono essere presi in considerazione, nella sede
del presente scrutinio di legittimità, gli assunti fattuali del ricorrente
circa la tempistica dell’arresto non suffragati dalla prospettazione di
probanti evidenze.
Manifestamente infondata è la negativa della condizione della quasi
flagranza, documentata dalla rappresentazione contenuta nel processo verbale di arresto (richiamato nella ordinanza impugnata) dell’ arrestato recante sulla propria persona le tracce rivelatrici del reato
commesso immediatamente prima dal Dobre, secondo la previsione
dell’articolo 382, comma i, cod. proc. pen.
Altrettanto manifestamente infondate sono le censure circa il
fimms commissi delicti, le condizioni e i presupposti legittimanti l’
arresto.
3.2 –

È appena il caso di rammentare che « in tema di convalida dell’arresto […] il giudice […] deve valutare la legittimità dell’operato della
polizia sulla base di un controllo [ex ante] di ragionevolezza […] circa l’ipotizzabilità di uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 cod.
proc. pen., in chiave di lettura non già attinente l’aspetto della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, riservato, ex articolo 391
comma 5, cod. proc. pen., in combinato disposto con gli articoli 273
e 274 cod. proc. pen., all’applicabilità di taluna delle misure cautelari coercitive; né con un apprezzamento riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito » (Sez. 6, n. 19011 del 10/03/2003, Cric,
Rv. 227241; cui adde Sez. 6, n. 25625 del 12/04/2012, Eebrihim, Rv.
253022; Sez. 6, n. 48471 del 28/11/2013, Scalici, Rv. 258230; Sez. 6,
n. 8341 del 12/02/2015, Ahmad, Rv. 262502, le quali hanno ribadito

2.2 –

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che il controllo del giudice della convalida dell’arresto « non deve riguardare né la gravità indiziaria e le esigenze cautelari, valutazione
questa riservata all’applicabilità delle misure cautelari coercitive;
né l’apprezzamento sulla responsabilità, riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito »).
Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di
esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, addì 27 maggio 2015.

3.3

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