Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27319 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27319 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POTENZA COSIMO N. IL 15/11/1991
LONGOBARDI FRANCESCO N. IL 18/08/1986
avverso l’ordinanza n. 13/2015 TRIB. LIBERTA’ di TARANTO, del
23/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
1/sentite le conclusioni del PG,Dott. ~o YA.A.m.Q.1

che c,51,1\ eAR

),YasoLuttie t-R3 ItAJ-cg`

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 27/05/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 23 gennaio 2015 il Tribunale di Taranto confermava l’ordinanza
emessa dal G.I.P. in data 13 gennaio 2015 con la quale era stata applicata la misura cautelare
in carcere emessa nei confronti di Francesco Longobardi e Cosimo Potenza in quanto
gravemente indiziati dei delitti di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai
motivi futili, commesso in danno di Cosimo Denaro, attinto in regione addomino-pelvica destra
e alla coscia destra da plurimi colpi di fucile, esplosi da Benito Potenza, di detenzione e porto

avventori presenti all’interno del circolo ricreativo di Antonio e Cosimo Denaro, fatti commessi
in Taranto, il 6 gennaio 2015.
1.1 A fondamento della decisione il Tribunale, respinte le eccezioni preliminari dei
difensori degli indagati che si erano opposti alla produzione documentale, operata dal P.M.
all’udienza camerale, riteneva acquisito un grave quadro indiziario a carico degli indagati in
ragione:
-delle dichiarazioni rese dal fratello, dalla sorella e dalla moglie della vittima, che, superata
l’iniziale reticenza, avevano riferito di come il loro congiunto, non appena raggiunto il circolo
gestito dal fratello Antonio e sceso dall’auto a bordo della quale si erano trovate anche la
moglie e la sorella, fosse stato raggiunto da un colpo di fucile esploso da Benito Potenza, che lo
aveva atteso assieme al fratello Cosimo ed al Longobardi, dopo che costoro con la minaccia
delle armi avevano sino a poco prima tenuto in ostaggio gli avventori del locale per impedire
loro di allertare la vittima designata;
-delle videoriprese ritraenti la scena del delitto e la sua esecuzione da parte di un individuo con
arma lunga trovatosi con due complici sul luogo e poi datosi alla fuga con autovettura di colore
bianco;
– delle conversazioni intercettate.
Da tali elementi aveva dedotto che gli indagati, irritati per uno sgarbo patito ad opera del
Denaro, sospettato di avere acquistato a prezzo vile una partita di cocaina, loro sottratta, si
erano portati all’interno del circolo da questi gestito col fratello e sotto minaccia delle armi
avevano trattenuto gli avventori presenti sino all’arrivo del Denaro, contro il quale il Potenza
aveva poi esploso vari colpi di fucile.
In ordine alle esigenze cautelari, si confermava la sussistenza del pericolo di fuga degli
indagati, inizialmente resisi irreperibili, come aveva fatto anche Benito Potenza, che
permaneva latitante, del pericolo per le acquisizioni probatorie in relazione al possibile
condizionamento dei testi oculari e del pericolo di recidivazione, specifica stante le modalità
brutali e plateali, nonché le motivazioni del delitto, perpetrato a viso scoperto di fronte a
numerosi testimoni.
2. Avverso detto provvedimento hanno proposto ricorso gli indagati a mezzo del loro
difensore il quale ha dedotto i seguenti motivi:

1

illegali di un fucile e di due pistole e di sequestro di persona, commesso in danno degli

a) violazione e/o erronea interpretazione di norme processuali stabilite a pena di nullità,
inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, nonché mancanza e/o manifesta illogicità della
motivazione. Il Tribunale ha erroneamente applicato la norma di cui all’art. 273 cod. proc. pen.
dal momento che il materiale probatorio non è idoneo ad integrare il requisito dei gravi indizi,
in quanto: ciascuno dei congiunti della vittima ha reso versioni diverse dell’accaduto sino ad
accusare i ricorrenti, ma nei verbali di s.i.t. non risulta apposta alcuna firma accanto alle
persone riconosciute e tutti i verbali di riconoscimento da parte degli avventori del circolo sono
stati formati con esibizione delle stesse fotografie posizionate nello stesso ordine, circostanza

sua disponibilità sin dal 13/1/2015, è stata contestata dalla difesa perché avvenuta senza che
la stessa avesse avuto la possibilità di esaminare gli atti e contestarne il contenuto e
l’attendibilità ed è stata ammessa in violazione del disposto dell’art. 309 cod. proc. pen.,
comma 9, il quale impone la trasmissione degli atti formati successivamente al provvedimento
cautelare, ma solo se favorevoli all’indagato, sicchè non si comprende come il Tribunale, da un
lato abbia ammesso che quel materiale non era stato utilizzato dal G.I.P. e dall’altro ne abbia
tenuto conto nella sua decisione; in ordine alle videoriprese non era stata condotta alcuna
analisi comparativa antropometrica e l’intercettazione delle conversazioni tra il padre della
vittima ed un conoscente era inutilizzabile perché il relativo decreto autorizzativo era stato
tardivamente prodotto senza fosse stato consentito alla difesa verificarne il contenuto e la
ritualità; non erano state riversate le conversazioni captate nei confronti di Antonio Denaro, né
era stata esaminata la SIM in uso alla vittima. Inoltre, il Tribunale ha escluso senza alcuna
motivazione che la vicenda dell’uccisione di Cosimo Denaro fosse stata strumentalizzata per
vendicarsi di coloro che erano rivali negli stessi traffici leciti o illeciti, cosa deducibile dalla
gestione da parte dei Potenza di altro circolo posto di fronte a quello dei Denaro e dai
precedenti per fatti di droga della vittima e del di lei padre.
Anche gli accertamenti tecnici irripetibili condotti sul cadavere del Denaro erano inutilizzabili
per non essere stato dato avviso del loro espletamento agli indagati ed ai difensori, i primi già
sottoposti ad indagini sin dal 7/1/2015 col prelievo delle tracce di polvere da sparo.
b) Violazione e/o erronea interpretazione di norma processuale e mancanza e/o manifesta
illogicità della motivazione; non sussiste il pericolo di fuga degli indagati, desunto dalla
condotta tenuta da altro coindagato, non da quella dei ricorrenti, i quali, non appena appreso
di essere indagati, si erano presentati in Questura a poche ore dall’omicidio ed erano stati
reperiti nelle abitazioni rispettive anche al momento del prelievo dei residui di polvere da
sparo.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va dunque respinto.
1.L’ordinanza in verifica ha confermato il provvedimento applicativo della misura
custodiale fornendo ampia, articolata e puntuale motivazione della sussistenza dei gravi indizi
2

non considerata dal collegio del riesame; la produzione di tali verbali da parte del P.M., nella

a carico degli indagati, desunti in primo luogo dalle dichiarazioni rese da Antonio e Rosa
Denaro, e da Myriam Basile, rispettivamente fratelli i primi due, moglie della vittima la terza.
Ha rimarcato che costoro, dopo avere nel corso della prima escussione ricostruito l’aggressione
armata, cui avevano assistito, -portata contro il loro congiunto il 6 gennaio 2015 non appena
costui si era presentato al circolo gestito dal fratello-, ma avere negato di conoscere lo
sparatore, pochi giorni dopo si erano indotti a riferire quanto a loro conoscenza: avevano
dunque rivelato: l’identità dell’autore materiale dell’omicidio, Benito Potenza, e dei suoi
complici, il fratello Cosimo e Francesco Longobardi, tutti soggetti già da essi conosciuti; le

Benito Potenza, cui era seguito anche l’incendio dell’autovettura del primo; le modalità del
fatto, avvenuto mediante agguato teso dai tre correi, portatisi armati di un fucile e di due
pistole presso il circolo, ove, in attesa della vittima in quel momento ancora assente, avevano
tenuto in ostaggio con la minaccia delle armi i presenti perché non la allertassero sino
all’esplosione del colpo di fucile contro il Denaro non appena sopraggiunto e la successiva fuga
a bordo di un veicolo condotto da un quarto complice, che Rosa Denaro aveva invano tentato
di ostacolare.
1.1 Riscontrata la convergenza narrativa della ricostruzione del fatto e dei suoi autori,
operata dai tre testi, il Tribunale ha sottoposto ad attento vaglio la loro credibilità, affermata
nonostante le iniziali reticenze riscontrate nelle loro prime dichiarazioni: al riguardo, ha
osservato come tale diverso atteggiamento fosse stato dettato dal timore di altre possibili
azioni violente in loro danno, giustificate dalle modalità plateali dell’azione criminosa, cui
avevano assistito impotenti e dalla conoscenza dei responsabili, indottisi ad agire senza remore
nonostante la presenza di numerosi testimoni, quindi reputati capaci di reiterare altre
aggressioni analoghe. Ha quindi considerato l’inattendibilità della loro iniziale versione dei fatti
in ragione della sicura percezione da parte dei tre congiunti delle fattezze dello sparatore e dei
suoi complici per la presenza nel luogo dell’omicidio in posizione ravvicinata alla vittima, le due
donne all’esterno del circolo, Antonio Denaro all’interno ove era stato trattenuto dagli indagati.
1.2 Ha dunque indicato l’acquisizione di plurimi elementi di conferma alla loro versione
dell’accaduto, esaminati analiticamente e consistenti:
-nell’avvenuta presentazione dopo il delitto di Benito Potenza presso l’ospedale ove era stato
condotto Cosimo Denaro e nel suo allontanamento su suggerimento del De Pasquale per
l’approssimarsi delle forze dell’ordine, che comunque lo avevano avvistato, mentre i due
ricorrenti del tutto spontaneamente si sono premurati di riferirne falsamente la presenza in
Roma per un appuntamento amoroso nel tentativo di costituirgli un alibi non veritiero;
-nel movente, ricollegato a precedenti screzi per il furto, patito dai Potenza e dal Longobardi,
di una partita di droga acquistata dalla vittima, sfociati in aggressioni fisiche e nell’incendio
dell’auto della vittima, avvenuta nel marzo 2014, fatto quest’ultimo riscontrato dalle
investigazioni, che avevano confermato la natura dolosa dell’evento e la presenza di tracce di
aggressione sulla persona del Denaro;

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ragioni dell’omicidio, riconducibile a screzi intercorsi qualche tempo prima tra Cosimo Denaro e

-nella conferma inconsapevole da parte del padre naturale della vittima, che aveva ignorato di
essere stato intercettato e che, parlando dell’omicidio, lo aveva ricondotto ad una lite banale,
ad uno schiaffetto, così come riferito anche dalla Basile, la quale aveva parlato di uno schiaffo
dato dal marito a Benito Potenza;
-nelle deposizioni di tutti gli avventori del circolo ricreativo, i quali hanno confermato il
racconto dei congiunti della vittima, ossia che i due ricorrenti avevano fatto ingresso nel locale
con Benito Potenza e, armati di fucile e pistole, avevano sequestrato i presenti, impedendo loro
di uscire dal bar o di usare i cellulari, quindi avevano atteso l’arrivo del Denaro, contro il quale

Dalla considerazione coordinata e congiunta di tutti gli elementi acquisiti, dal riscontro
della loro significatività e convergenza dimostrativa, hanno dedotto la fondatezza dell’ipotesi
accusatoria ed escluso che quanto riferito dai Denaro e dalla Basile costituisse un espediente
calunniatorio, attuato per vendicarsi dei ricorrenti per rivalità legate ai loro affari conclusione
che il ricorso contrasta in modo del tutto generico, ribadendo in modo assiomatico e quindi
insufficiente tale possibile lettura dell’apporto informativo dei testi.
2. Per contro, le obiezioni difensive non hanno pregio.
2.1 In primo luogo non è dato comprendere il significato della contestazione relativa alla
mancata apposizione della sottoscrizione, accanto alle fotografie dei soggetti riconosciuti: non
si specifica in ricorso quale norma imponga tale adempimento, chi debba eseguirlo -se i
verbalizzanti, oppure gli autori del riconoscimento- e quali conseguenze derivino da eventuale
sua omissione; per contro, nessuna censura viene mossa per contestare l’effettiva provenienza
dei verbali dagli apparenti autori, né sotto il profilo del contenuto degli atti si contesta che i
due Denaro e la Basile, per quanto riportato nell’ordinanza, già ben conoscessero i soggetti
indicati quali autori dell’omicidio senza necessità di alcun riconoscimento fotografico, effettuato
soltanto per acquisire certezza della corretta individuazione dei soggetti da indagare.
Parimenti, non viene illustrato quale effetto pregiudicante la validità degli atti formati
assuma la collocazione delle fotografie dei ricorrenti nell’album sottoposto ai testi escussi.
2.2 Quanto alle eccezioni di inutilizzabilità del materiale documentale prodotto dal P.M.
all’udienza camerale del procedimento di riesame, i ricorrenti reiterano la loro opposizione
sotto diversi profili: per violazione del diritto di difesa; per la dedotta insufficienza degli
elementi sui quali si era basato il provvedimento applicativo, cosa che aveva indotto il P.M. a
rinforzare il quadro indiziario; per violazione del disposto dell’art. 309 cod. proc. pen., comma
9, che consente all’accusa di produrre soltanto atti sopravvenuti favorevoli all’indagato.
Nessuna di tali argomentazioni merita accoglimento.
2.2.1 La pretesa impossibilità di esaminare gli atti tardivamente prodotti e di impostare
una conseguente strategia difensiva viene enunciata soltanto in astratto e non tiene conto del
fatto che il difensore avrebbe potuto chiedere al Tribunale un termine per esaminare la nuova
produzione ed interloquire al riguardo e che proprio nel ricorso sono state sviluppate le
obiezioni sopra esaminate sui verbali di s.i.t. degli avventori del locale ove era avvenuto
l’omicidio, il che implica la piena conoscenza del loro contenuto.
4

Benito Potenza aveva esploso un colpo di fucile.

2.2.2 Il valore dimostrativo di tali nuove acquisizioni è stato affermato dal Tribunale
soltanto a riscontro, e non unico, degli elementi portanti della piattaforma indiziaria, ossia le
ultime dichiarazioni testimoniali dei due Denaro e della Basile, senza aver assunto un rilievo
decisivo ed autonomo per la conferma del provvedimento custodiate e senza poter dimostrare
la debolezza del quadro probatorio originario.
2.2.3 Non sussiste la denunciata violazione dell’art. 309 cod. proc. pen., comma 9: in
primo luogo, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, si tratta di atti formati nelle date
del 12 e 13 gennaio 2015, ossia in un momento successivo alla presentazione della richiesta di

non erano stati posti a disposizione del G.I.P., la cui decisione non ne aveva tenuto conto; tale
sopravvenienza ed il loro contenuto apportatore di ulteriori emergenze sfavorevoli a carico dei
ricorrenti, induce ad escludere che essi avessero dovuto essere trasmessi al Tribunale a norma
del quinto comma dell’art. 309 citato, il quale impone al pubblico ministero l’obbligo di
presentare al giudice del riesame gli atti forniti al G.I.P. e le risultanze delle ulteriori indagini
favorevoli all’indagato. La finalità della disposizione è chiara: consentire al Tribunale del
riesame di esercitare i propri poteri cognitivi sulla stessa base probatoria, valutata dal giudice
cautelare al momento dell’emissione della misura, completata da quanto successivamente
emerso a vantaggio dell’indagato, al quale è altresì consentito introdurre nella fase del riesame
gli esiti delle indagini difensive svolte.
La giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto la possibilità che il pubblico ministero
incrementi i dati conoscitivi offerti al Tribunale del riesame mediante la produzione di elementi
di prova nuovi, perché sopravvenuti o comunque anche preesistenti, ma non portati a
conoscenza del G.I.P., effettuata direttamente all’udienza camerate, basando tale assunto sulla
previsione dell’art. 309 cod.proc.pen., comma 9, secondo il quale il giudice del riesame decide
“anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell’udienza”, intendendosi per tali
quelli prodotti per la prima volta in tale contesto processuale. A fronte di tale produzione deve
escludersi che si produca l’inefficacia della misura coercitiva ex art. 309 cod. proc. pen.,
comma 10, dal momento che gli atti di cui all’art. 291 cod. proc. pen. sono stati
tempestivamente trasmessi al Tribunale e tardivo è soltanto l’inoltro di un atto nuovo, che non
può nemmeno per ciò solo ritenersi colpito da inutilizzabilità, in assenza di una disposizione
che commini tale sanzione.
Alla produzione tardiva del P.M., avvenuta in udienza, per garantire l’esercizio delle
facoltà difensive e l’effettività del confronto tra le parti a parità di condizioni, deve ricollegarsi
soltanto l’assegnazione alla difesa, che ne faccia richiesta, di un termine per l’esame ed
eventuali controdeduzioni, pena la nullità dell’ordinanza, richiesta che nel caso non risulta
avanzata (Cass. Sez. U, n. 18339 del 31/03/2004, Donelli e altro, rv. 227357 in tema di
appello cautelare; Sez. U, n. 7931 del 16/12/2010, Testini, rv. 249001; sez. 3, n. 15108 del
11/02/2010, Sabatelli, rv. 246601; sez. 6, n. 53720 del 25/09/2014, Folchetti, rv. 262092).
2.3 Le doglianze, incentrate sulla mancata conduzione di comparazioni antropometriche
tra le fattezze dei ricorrenti e quelle dei soggetti ripresi nei filmati riguardanti la sce a del
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applicazione della misura cautelare e che quindi necessariamente, non per scelta censurabile,

delitto, sulla mancata produzione di intercettazioni tra i congiunti della vittima, nonché sulla
mancata disamina dei dati del traffico telefonico, che aveva interessato le utenze della vittima,
investono le modalità di conduzione delle indagini di competenza del magistrato requirente ed
assumono un mero valore esplorativo poiché non denunciano carenze specifiche dell’ordinanza
impugnata, che alcun obbligo aveva di replicare ad osservazioni non tradottesi nell’indicazione
di concrete e dettagliate emergenze favorevoli agli indagati. Inoltre, il motivo ignora che,
secondo quanto osservato dal Tribunale, dalla visione dei filmati gli investigatori avevano
dedotto la piena corrispondenza dell’abbigliamento indossato dai componenti del gruppo

collegamento delle loro persone a tale episodio criminoso.
Si ricorda poi che, in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza in sede di
impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto
se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la carenza o manifesta illogicità
della motivazione del provvedimento in quanto discostatosi dai canoni della logica e dai principi
di diritto, non già se proponga censure che investono la ricostruzione dei fatti attraverso la
valutazione delle fonti di prova; pertanto spetta al giudice di legittimità verificare, in relazione
alla peculiare natura del giudizio di cassazione ed ai limiti che lo connotano, se il giudice di
merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto a riscontrare la
gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai principi logici e giuridici che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013,
P.M. in proc. Tiana, rv. 255460; sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, Lupo, rv. 252178; sez. 5, n.
46124 del 08/10/2008, Pagliaro, rv. 241997; sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, rv.
237012).
2.4 Quanto poi alla dedotta inutilizzabilità dell’intercettazione della conversazione tra
l’Armenti e tale Giovanni e degli accertamenti tecnici irripetibili, condotti sul cadavere del
Denaro, anche a voler condividere l’assunto difensivo, per ciò solo non può escludersi la
corretta individuazione del compendio indiziario, stante il rilievo del tutto marginale e
trascurabile di quegli elementi nell’economia complessiva della valutazione condotta dai giudici
cautelari, posto che il Tribunale non ha nemmeno fatto cenno ai risultati dell’autopsia, ma
soltanto ad una lettera in formato elettronico del consulente, di cui non ha poi fatto alcun uso
probatorio.
3. Le censure sviluppate in ordine alla considerazione delle esigenze cautelari sono in
parte irrituali, in parte aspecifiche. Il ricorso concentra la propria disamina sul solo pericolo di
fuga, che nega con pluralità di argomenti tutti incentrati sul merito della valutazione condotta,
senza peraltro indicare gli atti che dovrebbero avvalorare tale assunto e senza considerare che
a questa Corte è precluso l’apprezzamento diretto dei dati fattuali. Inoltre, non affronta sotto
alcun profilo i concorrenti pericoli di inquinamento probatorio e di reiterazione di altri gravi
delitti contro la persona, che pure l’ordinanza impugnata ha ravvisato con un ampio corredo di
argomentazioni logiche, compiute ed immuni da vizi di sorta, ignorate dalle obiezioni difensive.

omicida e di quello degli indagati, rintracciati dopo il delitto, quale ulteriore elemento di

Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dispone
trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del presente provvedimento al Direttore
dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2015.

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