Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27296 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27296 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PIROMALLI GIUSEPPE N. IL 04/01/1945
avverso l’ordinanza n. 2857/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 08/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
lette/sectite le conclusioni del PG Dott. C.–.e_
1iu’6

Uditi difensor Avv.;

c2:RA,0 i-e

Data Udienza: 23/04/2015

Ritenuto in fatto.

1.Con ordinanza in data 8 aprile 2014 il Tribunale di sorveglianza di L’Aquila
rigettava il reclamo proposto da Giuseppe Piromalli avverso il provvedimento del
locale Magistrato di sorveglianza che, il 24 ottobre 2013, aveva respinto l’istanza di
liberazione anticipata relativa al periodo compreso tra il 12 gennaio 1984 e il 19
febbraio 1985 in base alla considerazione che Piromalli, nel decennio successivo ai
semestri richiesti, aveva commesso reati di criminalità organizzata eccezionalmente

mafiosa ed altri delitti, tutti aggravati ai sensi dell’art. 7 1. n. 203 del 1991, e,
dall’altro, era stato sottoposto al regime di cui all’art. 41 bis ord. pen.
2.Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Piromalli, il quale lamenta violazione, erronea applicazione
della penale, vizio della motivazione, in quanto l’avere attribuito rilievo a reati
commessi a distanza di quindici anni dai semestri in valutazione ha comportato
l’inosservanza del principio della semestralizzazione. Evidenzia, poi„ che il
Tribunale non ha fornito una risposta compiuta ai rilievi difensivi concernenti
l’avvenuto riconoscimento della continuazione tra i reati commessi tra il 1984 e il
1985, sicché solo nel 2013 si è determinato il presupposto per la valutazione dei
semestri. Non è stata, altresì, valutata la circostanza che nel processo per il delitto
di associazione mafiosa Piromalli aveva concordato la pena in appello e aveva
ottenuto il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dichiarate
prevalenti sulle contestate aggravanti. Infine, il Tribunale non ha considerato che
Piromalli ha beneficiato di tutta la liberazione anticipata, così dimostrando di avere
partecipato pienamente all’opera di rieducazione della pena.

Osserva in diritto.

Il ricorso non è fondato.
1.La liberazione anticipata è un istituto nuovo per la nostra tradizione giuridica,
ed é stato inserito nell’ordinamento penitenziario con l’intento di sollecitare
l’adesione e la partecipazione all’azione di rieducazione dei soggetti sottoposti a
trattamento. A tal fine, viene promesso un modesto abbuono per ogni semestre di
pena detentiva espiata, durante il quale il detenuto abbia dato prova di volere
concretamente partecipare all’opera di rieducazione.

1

gravi che avevano comportato, da un lato, la condanna per il delitto di associazione

Il concetto di partecipazione all’opera di rieducazione espresso dall’art. 54 1. n.
354 del 1975 e successive modifiche ha un contenuto complesso, in quanto, da un
lato, richiama comportamenti esteriori oggettivamente determinati e, dall’altro,
evoca un’adesione psicologica al trattamento sintomatica di un coefficiente di
risocializzazione. L’art. 103, comma 2, D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 ricollega il
requisito della partecipazione a parametri precisi e, cioè, all’impegno dimostrato
dal detenuto “nel trarre profitto delle opportunità offertegli nel corso del

con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna”. La norma, così modificata
dal regolamento di esecuzione del 2000, facendo riferimento ai “rapporti” del
condannato e non più all’atteggiamento”, come risultava nel regolamento di
esecuzione del 1976, ha sostituito la valutazione di un dato soggettivo (quale
appunto l’atteggiamento) con quella di dati oggettivi, comprensivi delle relazioni
con la comunità esterna, oltre che con i compagni, gli operatori, i familiari.
La partecipazione all’opera di rieducazione, pertanto, deve attenere alla
condotta esteriore e non presuppone alcuna diagnosi di risocializzazione già
conseguita, ma soltanto l’adesione del condannato al processo di reintegrazione
sociale in itinere (Sez. 1, n. 12746 del 07/03/2012). La suddetta adesione, peraltro,
non deve avere connotazioni meramente formali, ma deve essere desumibile dai
comportamenti obiettivi tenuti dalla persona nel corso del tempo ed idonei a
rivelare una tensione finalistica verso nuovi modelli di vita, contraddistinti
dall’abbandono delle pregresse logiche devianti. Tale interpretazione, oltre ad
apparire conforme al dettato normativo, non pare configgere con i principi espressi
da un’altra decisione di questa Corte che, con ricchezza di riferimenti costituzionali
e giurisprudenziali, ha ricostruito la complessiva ratio sottesa al principio della c.d.
semestralizzazione (Sez. 1, n. 5877 del 23/10/2013).
2.Nel caso in esame il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione
di questi principi, in quanto, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, ha
messo in luce l’assenza di un’effettiva partecipazione di Piromalli all’opera di
rieducazione e la natura meramente formale e strumentale della condotta serbata,
obiettivamente comprovata dalla commissione, nel decennio successivo, di
gravissimi delitti di criminalità organizzata, indicativi dell’assenza di un serio
processo di risocializzazione in corso. La qualità e la natura dei reati realizzati in
epoca successiva al periodo cui si riferisce la domanda, la loro protrazione, la
2

trattamento e al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori,

programmazione e l’intensità del dolo che essi sottendono sono tali da delineare un
continuum negativo tra l’adesione meramente formale al processo rieducativo e le

successive condotte illecite e da giustificare il diniego della liberazione anticipata
relativa ai semestri indicati.
Alla luce dei principi sin qui esposti, non appaiono conferenti i richiami
difensivi all’entità della pena concordata in appello, al riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche, al loro giudizio di comparazione, all’applicazione

trattandosi di parametri peculiari della fisonomia del giudizio di cognizione che non
rilevano ai fini delle valutazioni previste dall’art. 54 1. n. 354 del 1975 e successive
modifiche.
3.A1 rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma, il 23 aprile 2015. 1

della disciplina della continuazione con reati precedentemente commessi,

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