Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27288 del 25/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27288 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANNA FRANCESCO N. IL 05/09/1972
avverso l’ordinanza n. 710/2013 GIP TRIBUNALE di ROMA, del
16/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consi gliere Dott. ADET TONI NOVIK;
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Data Udienza: 25/03/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16/7/2013 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza presentata da Francesco Sanna, diretta ad
ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato in executivis, in
relazione a 5 sentenze per reati commessi tra il 29 gennaio del 2009 ed il 3
novembre 2010, ritenendo ostativa l’eterogeneità delle condotte (reati contro il
patrimonio, contro la persona, evasione) ed il considerevole lasso cronologico
intercorso tra i reati per cui era stato più volte tratto in arresto; questi elementi

stato di tossicodipendenza era stato preso in considerazione solo in una
decisione (tribunale di Roma del 8/11/2010) in cui si faceva riferimento a detta
condizione.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il condannato
deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione
agli atti presenti nel fascicolo di causa, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettera
e), c.p.p.. Le conclusioni del Giudice a quo erano errate ed illogiche non avendo
preso in considerazione i certificati del Ser.T. di Roma allegati all’istanza, da cui
si desumeva che al momento della consumazione dei reati egli era
tossicodipendente sin dal 1995.
Nella sentenza n. 2184/2010, del 3/11/2010 era espressamente riportato
che il reato era stato commesso in conseguenza del suo stato di
tossicodipendenza. Anche l’affermazione che i reati erano stati compiuti in un
lasso di tempo estremamente ampio era smentita dalle sentenze in atti da cui si
ricavava che fra l’ultima e la prima fattispecie, vi era stato un intervallo di 21
mesi. Anche i periodi di carcerazione, in quanto potenzialmente interruttivi
dell’esecuzione del piano criminale, avrebbero potuto escludere il riconoscimento
del vincolo della continuazione solamente per l’ultima sentenza, non per le altre
quattro. La medesima conclusione era valida anche per la ritenuta non
omogeneità dei beni offesi, dal momento che tre delle cinque sentenze indicate
in premessa concernevano fatti di reato contro il patrimonio, mentre il reato di
lesioni, di cui alla sentenza n. 21774/10, del 3/11/10, era stato commesso in
relazione alla condizione di tossicodipendente.
Ha concluso quindi chiedendo l’annullamento dell’ordinanza.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta
ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza, limitatamente al rigetto della
continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va accolto per quanto di ragione.

1

non consentivano di ravvisare un unico, iniziale, disegno criminoso. Inoltre, lo

Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte,
l’elemento caratterizzante l’istituto della continuazione va ravvisato nell’unicità
del disegno criminoso, inteso quale scopo unitario dei singoli reati, i quali si
presentano come realizzazione di un programma, delineato – sia pure a grandi
linee – ab initio nella mente del soggetto.
Tale originaria preordinazione dei singoli episodi criminosi va intesa, quindi,
nel senso che, da quando si commette la prima violazione, le altre siano già
deliberate, per cui le singole manifestazioni della volontà violatrice della norma o

intellettivo disegno criminoso. La prova di detta congiunta previsione – ritenuta
meritevole di più benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a
delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo
impulso, anziché di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo la sfera
psichica del soggetto, va ricavata da indici esteriori alla condotta posta in essere,
quali l’omogeneità delle violazioni, la tipologia di reati commessi, il bene
protetto, la modalità di commissione dei reati.
Quanto poi, in particolare, allo stato di tossicodipendenza ed alla modifica
introdotta dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, è stato chiarito che l’innovazione
legislativa deve essere interpretata alla luce della volontà del legislatore, che ha
inteso attenuare le conseguenze penali della condotta sanzionatoria nel caso di
tossicodipendenti, con la conseguenza che tale “status” può essere preso in
esame per giustificare la unicità del disegno criminoso con riguardo ai reati che
siano ad esso collegati e dipendenti, sempre che sussistano anche le altre
condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione
(Cass. pen., Sez. 1, 14/02/2007, n. 7190).
Ed allora, risultando nel caso in esame dalla certificazione del SERT allegata
all’istanza del 4/6/2013 lo stato di tossicodipendente di Sanna, non può non
rilevarsi che il giudice a quo non abbia di questi principi fatto puntuale
applicazione, avendo del tutto ignorato la disciplina novellatrice dell’art. 671 cod.
proc. pen., comma 1 e dato risalto esclusivamente alla eterogeneità delle
condotte ed al fattore temporale, senza peraltro soppesare l’aspetto circa le
modalità con cui i reati venivano commessi per poterne inferire o escludere un
rapporto di analogia tra di essi.
Ne consegue che il il ragionamento sviluppato dal giudice a quo sconta una
omissione la cui rilevanza è imposta dalla legge, e cioè la considerazione dello
stato di tossicodipendenza del richiedente.
Alla stregua delle esposte considerazioni l’ordinanza in esame va cassata
con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame che
tenga conto dei rilievi motivazionali innanzi esposti.
2

delle norme esprimono l’attuazione, sia pur dilazionata nel tempo, di un unico

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta di continuazione e
rinvia per nuovo esame al riguardo al G.I.P. del Tribunale di Roma.
Così deciso in Roma il 25 marzo 2015
Il Presidente

Il Consigliere estensore

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