Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27287 del 19/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27287 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUSTAFAJ OERT N. IL 06/06/1976
avverso l’ordinanza n. 1068/2014 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
07/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
lette/~re le conclusioni del PG Dott.

c3,1,

Uditi difenso

k\\_JejA,np,.

Data Udienza: 19/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 7/11/2014, il Tribunale di Bologna, provvedendo
sull’appello proposto ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. da Mustafaj Oert
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Bologna, che aveva rigettato
l’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti
domiciliari, con l’eventuale adozione di strumento elettronico a distanza ex art.
275 bis cod. proc. pen., confermava l’ordinanza impugnata.

otto e mesi otto di reclusione per il delitto di tentato omicidio aggravato dai futili
motivi e illegale detenzione e porto fuori dalla propria abitazione di una pistola
carica, con recidiva reiterata e specifica, per avere esploso un colpo di arma da
fuoco puntando la pistola contro la testa di Ferrara Maurizio, non riuscendo a
colpirlo solo perché il furgone su cui la persona offesa viaggiava era partito a
tutta velocità; condotta posta in essere solo perché criticato dal gestore del
locale in cui si trovava per avere tenuto un comportamento maleducato ed
offensivo nei confronti della cassiera.
La Corte territoriale aveva rigettato l’istanza di sostituzione della misura
cautelare rimarcando l’indole violenta e vendicativa dell’imputato e una
allarmante carenza di autocontrollo evidenziate dalla condotta e sottolineando la
permanenza di intense esigenze cautelari nonché il rischio di manomissione dei
presidi di controllo a distanza.
Il Tribunale osservava che l’intensità del pericolo di recidiva specifica non
era in discussione, tenuto conto che anche la difesa proponeva una misura
custodiale, sottolineava la gravità della condotta e le negative inferenze da trarsi
dalla disponibilità di arma da fuoco, che rinviava ad un pieno inserimento del
prevenuto nell’ambiente criminale, rimarcava le modalità dell’azione e il
fortissimo allarme sociale che essa aveva provocato, atteso che gli spari erano
avvenuti in luogo pubblico e frequentato, dimostrando una ferma e lucida
accettazione dell’elevato rischio derivante dalla propria azione, evidenziava i
precedenti penali dell’appellante anche per reati che ne dimostravano l’indole
violenta.
Quanto all’oggetto dell’appello, la difesa non aveva indicato elementi
concreti da cui dedurre l’attenuazione della pericolosità del soggetto: in
particolare non emergeva alcuna forma di resipiscenza, mentre la lettera di
scuse alla persona offesa aveva permesso di evidenziare l’ulteriore fattore
negativo della tossicodipendenza. Tali elementi negativi non erano ridotti dal
periodo di tempo trascorso in custodia cautelare (undici mesi).
Il Tribunale riteneva che, alla luce della pericolosità del soggetto, gli arresti
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Mustafaj è stato condannato in sede di giudizio abbreviato alla pena di anni

domiciliari non fossero adeguati, essendo evidente che solo una contenzione che
prescindesse in toto

dall’autodisciplina del soggetto poteva scongiurare il

ripetersi di azioni delittuose analoghe a quella oggetto dell’imputazione;
nemmeno il controllo a distanza ex art. 275 bis cod. proc. pen. era adeguato per
salvaguardare le esigenze cautelari e quelle concrete (già evidenziate
nell’ordinanza applicativa della misura) del pericolo di fuga all’estero (le
intercettazioni disposte dopo il fatto avevano dimostrato che l’imputato stava

2. Ricorre per cassazione il difensore di Mustafaj Oert deducendo violazione
di legge e vizio di motivazione.
Il difensore lamenta che l’ordinanza cautelare abbia negato qualsiasi
incidenza del trascorrere del tempo in custodia sulle esigenze cautelari; lamenta,
altresì, la svalutazione dell’uso del braccialetto elettronico previsto dalla riforma,
non solo semplice modalità di applicazione degli arresti domiciliari ma strumento
di più significativo controllo e contenimento dell’imputato, indicato per
adempiere al principio in base al quale la custodia cautelare in carcere è
l’extrema ratio.
Il ricorrente contesta il riferimento al pericolo di fuga da parte del Tribunale
del riesame, atteso che la Corte territoriale non ne aveva fatto cenno: tale
pericolo era, comunque, insussistente, atteso che l’imputato è convivente con
una donna italiana che vive a Bologna e possiede un appartamento dove
accogliere Mustafaj agli arresti domiciliari, circostanza del tutto tralasciata
nell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente deduce, quindi, la violazione dell’art. 292, comma 2, lett.

c)

cod. proc. pen., non essendo stato valutato la riduzione del pericolo di recidiva
derivante dal tempo trascorso dalla commissione del reato.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Il Tribunale del riesame ha tenuto conto degli elementi evidenziati dal
ricorrente, ma ha valutato che la sostituzione della misura cautelare più grave
con altra meno afflittiva non fosse possibile, fornendo adeguata motivazione di
tale decisione.
Il ricorrente lamenta che il periodo trascorso in custodia cautelare non sia
stato tenuto in considerazione: ma questa Corte ha costantemente affermato che
l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal

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organizzando la fuga da Bologna).

solo decorso del tempo di esecuzione della misura, dovendosi valutare ulteriori
elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione
apprezzata all’inizio del trattamento cautelare (Sez. 2, n. 1858 del 09/10/2013 dep. 17/01/2014, Scalamana, Rv. 258191): il Tribunale ha evidenziato, infatti,
che tali elementi non sussistono e che, al contrario, è ulteriormente emerso
quello negativo della tossicodipendenza del soggetto.
Il richiamo al disposto dell’art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. da
parte del ricorrente è fuori luogo, atteso che talenorma concerne la fase

tale momento, del tempo trascorso dalla consumazione del reato; la norma
regolatrice della fattispecie in esame è, piuttosto, l’art. 299, comma 2, cod. proc.
pen..
Anche sulla questione della possibile sostituzione della custodia cautelare in
carcere con gli arresti domiciliari con il cd. “braccialetto elettronico”, la
motivazione è ampia e del tutto logica: il Tribunale ha effettivamente applicato il
principio invocato dal ricorrente della custodia cautelare in carcere come extrema
ratio, dando ragione della valutazione di inadeguatezza di ogni altra misura, alla
luce della gravità del fatto, dell’allarme sociale, della personalità negativa del
soggetto (recidiva specifica, tossicodipendenza, mancanza di autocontrollo,
futilità del motivo) e del pericolo di fuga.
2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att.
cod. proc. pen.
Così deciso il 19 marzo 20,15_..

dell’applicazione della misura cautelare e impone al giudice di tenere conto, in

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