Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 2727 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 2727 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ELIAS ROKIB MOHA N. IL 08/10/1967
avverso la sentenza/ordinanza n. 1321/2013 CORTE APPELLO di
TRIESTE, del 23/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ot , T-01″_„„„L
che ha concluso per
c;

Udito, per la part civile, l’Avv
Udit i difenso Avv.

Data Udienza: 26/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Trieste confermava la condanna dell’Elias alla pena di
anni quattro, mesi otto di reclusione ed euro 600 di multa in relazione ai reati
di rapina e lesioni.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato che deduceva:
2.1. violazione di legge. Si deduceva la violazione delle regole che governano la

la persona offesa aveva riferito di essere stata travisata prima del delitto: il che,
nella prospettiva difensiva, significava ammettere implicitamente che il
dichiarante non poteva fornire indicazioni certe circa la identificazione dell’autore
del reato;
2.2. violazione dì legge. Si deduceva la inutilizzabilità delle dichiarazioni
predibattimentali di testimoni bengalesi, la cui irreperibilità non avrebbe avuto
l’attributo della imprevedibilità, con conseguente impossibilità di recupero delle
informazioni raccolte in fase investigativa;
2.3. violazione di legge in relazione alla contestazione di rapina. Il
comportamento contestato potrebbe al più essere inquadrato come concorso
anomalo, mentre sarebbe viziato l’accertamento di responsabilità relativo ad
una condotta “pienamente” concorsuale.
2.4. Violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle attenuanti
generiche. Si deduceva la mancata considerazione di alcuni indici positivi come
la non estrema gravità del fatto, tenuto conto della scarsa capacità criminale del
ricorrente.
2.5 Vizio di motivazione, si deduce la apoditticità della valutazione di attendibilità
dell’offeso.
2.6. Vizio di motivazione in relazione all’utilizzo delle dichiarazioni
predibattimentali di testimoni divenuti irreperibili. Si deduceva che la
motivazione relativa alla irripetibilità delle testimonianze dei dichiaranti dei quali
venivano acquisite le dichiarazioni rese nel corso delle indagini era carente;
2.7. vizio di motivazione in ordine alla valutazione della responsabilità
concorsuale. Si deduceva che non era stata approfondita la posizione dei singoli,
con specifico riguardo all’elemento psicologico.
2.8. Vizio dì motivazione con riguardo gib=g2jjs=tatàgt all’accertamento
di responsabilità dell’imputato, anche tenuto conto del fatto che lo stesso era
stati assolto dal reato di estorsione

CONSIDERATO IN DIRITTO
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valutazione di attendibilità delle persona offesa. In particolare si evidenziava che

1.11 ricorso è manifestamente infondato.
1.1. I motivi di ricorso (primo e quinto) che deducono la violazione di legge in
relazione alle regole che governano la valutazione di attendibilità della persona
offesa, nonché il correlato vizio di motivazione sono inammissibili.
Sul punto, il collegio condivide la giurisprudenza della Corte di legittimità
secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si
applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità,

dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve
essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone; la Corte ha altresì precisato come, nel caso
in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno
procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Cass.

sez. U, n.

41461 del 19/07/2012, Rv. 253214). Come si evince dal tessuto motivazionale
della richiamata pronuncia delle Sezioni unite, la circostanza che l’offeso si sia
costituito parte civile non attenua il valore probatorio delle dichiarazioni
rendendo la testimonianza omogenea a quella del dichiarante “coinvolto nel
fatto”, che soggiace alla regola di valutazione indicata dall’art. 192 comma 3 cod.
proc. pen, ma richiede solo un controllo di attendibilità particolarmente
penetrante, finalizzato ad escludere la manipolazione dei contenuti dichiarativi in
funzione dell’interesse patrimoniale vantato. La Corte di Cassazione, peraltro,
anche quando prende in considerazione la possibilità di valutare l’attendibilità
estrinseca della testimonianza dell’offeso attraverso la individuazione di precisi
riscontri, si esprime in termini di “opportunità” e non di “necessità”, lasciando al
giudice di merito un ampio margine di apprezzamento circa le modalità di
controllo della attendibilità nel caso concreto. Le sezioni unite hanno infatti
affermato che «può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni
con altri elementi qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e
sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui soddisfazione
discenda dal riconoscimento della responsabilità dell’imputato» (nello stesso
senso Cass. Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016; Cass.
Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella, Rv. 229755).
Peraltro costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità
l’affermazione che la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato
rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel
compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede
di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (ex
plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del
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previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del

22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005,
Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca,
Rv.227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232).
In aderenza alle linee interpretative tracciate dalla Corte di legittimità nella sua
più autorevole composizione può affermarsi che anche quando la persona offesa
sia costituita parte civile non esiste un obbligo di verifica dell’attendibilità
estrinseca attraverso la individuazione di riscontri esterni. Il ricorso a tale
controllo si rende tuttavia opportuno ogni volta che l’analisi di attendibilità

consentire da sola l’apprezzamento della credibilità dei contenuti della
testimonianza.
Nel caso di specie la Corte territoriale effettua la valutazione di attendibilità in
coerenza con i parametri interpretativi indicati.
Il collegio di merito, da un lato, sottolineava che l’offeso non si era costituito
parte civile, in tal modo dimostrando di non essere animato da alcuna ragione
economica (pag. 11 della sentenza impugnata) e, dall’altro, evidenziava la
logicità e coerenza della progressione dichiarativa, anche con riguardo al tema
del travisamento, invocato dalla difesa come indice di attendibilità.
Dalla lettura della sentenza impugnata si evince infatti che l’offeso ha dapprima
visto gli aggressori e, solo dopo, è stato da questi bendato: la progressione degli
eventi evidentemente non incide sulla valutazione di credibilità del
riconoscimento.
Peraltro la Corte di appello individua una conferma alle dichiarazione della
persona offesa che attestavano la credibilità dei relativi ccontenuti accusatori
nelle dichiarazioni del teste Fashal Abid.
1.2. Anche le doglianze (motivi secondo e sesto)

relative alla illegittima

acquisizione di alcune dichiarazioni predibattimentali ai sensi dell’artt. 512 cod.
proc. pen e del relativo vizio di motivazione sono inammissibili.
I motivi in questione si presentano carenti sotto il profilo della specificità in
quanto non indicano né quali dichiarazioni sarebbero state illegittimamente
acquisite, né la loro decísività ai fini dell’accertamento di responsabilità. La
Corte territoriale rileva invece la non decisività delle dichiarazioni dello Shain
Shain: la conclamata resistenza dell’accertamento di responsabilità alla
eliminazione dal compendio probatorio di tali prove dichiarative conferma
ulteriormente la inammissibilità della doglianza .
1.3. I motivi (terzo e settimo) che invocano l’illegittimità del mancato
riconoscimento del concorso anomalo e del corrispondente riconoscimento di
responsabilità a titolo di concorso pieno, oltre che del correlato vizio di
motivazione sono manifestamente infondati.
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intrinseca dei dichiarante non si ritenga idoneo, in relazione al caso concreto, a

La Corte di appello, confermando le valutazioni del Tribunale, ha ritenuto di non
ravvisare alcun elemento che legittimasse l’inquadramento del fatto contestato
nella categoria del concorso anomalsf. Come ritenuto dalla Corte di merito con
giudizio privo di illogicità manifeste «gli imputati appellanti hanno contribuito
entrambi, sin dall’inizio all’aggressione» e quest’ultima ha avuto inizio «senza
un’apparente ragione» (pagg. 13 e 14 della sentenza impugnata): il che rendeva
credibile la dichiarazione dell’offeso, che riteneva di essere stato rapinato in
relazione al suo precedente rifiuto di consegnare l’ennesima somma di denaro.

univocamente diretta alla consumazione di una rapina.
Si tratta, come anticipato, di valutazioni di merito coerenti con le emergenze
processuali che escludono l’imprevedibilità dell’evento rapina ed evidenziano,
invece, una progressione criminosa interamente concorsuale; il relativo giudizio
si sottrae, assenti illogicità decisive e manifeste, al sindacato di legittimità.
1.4.Manifestamente infondato è anche il quarto motivo di ricorso che deduce la
illegittimità della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il
collegio condivide la giurisprudenza secondo cui nel motivare il diniego della
concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in
considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti
decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale
valutazione (Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244; Cass. Sez. 1^
sent. n. 3772 del 11.01.1994 dep. 31.3.1994, rv 196880). La concessione delle
attenuanti generiche richiede infatti l’apprezzamento di elementi positivi che
orientino la discrezionalità affidata al giudice nella definizione del trattamento
sanzionatorio verso la attribuzione di una sanzione meno afflittiva.
Nel caso di specie la gravità della condotta, il comportamento processuale e il
movente dell’aggressione inducevano i giudici di merito a non concedere il
beneficio sanzionatorio invocato. Si tratta di una valutazione espressa con
motivazione del tutto coerente con le linee ermeneutiche sopra indicate.
1.5 L’ottavo motivo di ricorso con il quale

si deduceva la illegittimità

dell’accertamento di responsabilità in ordine al delitto di rapina, in ragione del
fatto che la Corte di appello non avrebbe, tra l’altro, tenuto conto della
assoluzione del reato di estorsione, è anch’esso manifestamente infondato.
Si tratta di una doglianza generica, che sì limita a criticare in modo aspecìfico
la valutazione in ordine alla responsabilità, senza indicare fratture logiche
manifeste e decisive del percorso motivazionale offerto a sostegno della
condanna.
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Nella descrizione dell’offeso, quindi, l’aggressione, era immediatamente ed

Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere
diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve
invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come
illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od
omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in
carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno
delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.

rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi
specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di
competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio
indiziario. Le discrasie logiche e le carenze motivazionali per essere rilevanti
devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero essere idonee ad
incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità dimostrativa. Il vizio di
motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve dunque essere
diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve
invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come
illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od
omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in
carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno
delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Nel caso di specie, come evidenziato in premessa, il ricorrente piuttosto che
rilevare vizi decisivi della motivazione si limitava a offrire una interpretazione
degli elementi di prova raccolti diversa da quella fatta propria dalla Corte di
appello, in contrasto palese con le indicate linee interpretative.
2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle44 ammende, di
una somma che si determina equitativamente in C 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 26 novembre 2015
DEPOSITATO IN CANCELLERIA

E’ noto infatti che il perimetro della giurisdizione di legittimità è !imitato alla

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