Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27266 del 16/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27266 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA ARMANDO N. IL 10/11/1987
avverso l’ordinanza n. 231/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 17/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/s~ le conclusioni del PG Dott. C–,

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 16/01/2015

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 17.1.2014 la Corte d’appello di Catanzaro, in funzione di giudice
dell’esecuzione, rigettava l’istanza con la quale BEVILACQUA ARMANDO aveva chiesto ex
art.671 cod. proc. pen. il riconoscimento della continuazione tra il delitto di tentata estorsione
aggravata commesso in Cosenza il 7.7.2007 (sentenza del GIP del Tribunale di Cosenza in data
1.2.2008) ed i delitti di associazione per delinquere, accertata in Cosenza dall’ottobre 2009 al
luglio 2010, e di estorsione aggravata e ricettazione, commessi il 7.5.2009, 1’11.4.2010 e il

Il giudice dell’esecuzione riteneva che l’assunto dell’istante – secondo il quale anche il reato
giudicato dal GUP di Cosenza rientrava tra i reati fine dell’associazione – fosse smentito dalla
circostanza che la tentata estorsione del 7.7.2007 era stata commessa in epoca precedente
all’operatività dell’associazione.
Riteneva, inoltre, che non vi fosse alcun elemento in atti dal quale evincere che sin dal luglio
2007, epoca di commissione del primo reato, il Bevilacqua avesse concepito almeno nelle
grandi linee la commissione dei successivi delitti per i quali era stato condannato dalla Corte
d’appello di Catanzaro, né potesse desumersi da elementi concreti che l’associazione sarebbe
stata operativa anche in periodo antecedente all’accertamento giudiziale.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per violazione di legge e per difetto di motivazione.
La Corte d’appello non aveva considerato che la tentata estorsione in data 7.7.2007 era stata
commessa dal Bevilacqua con identiche modalità (sistema del c.d. cavallo di ritorno) e con le
stesse persone con le quali aveva commesso i successivi reati.
Neppure aveva considerato la contiguità temporale tra tutti i reati de quibus e la possibilità che
il Bevilacqua, essendo stato un capo e promotore dell’associazione, ben avrebbe potuto ideare
tutti i reati della serie, commettendo per primo il reato di estorsione giudicato dal GUP di
Cosenza e riservandosi di costituire l’associazione per meglio commettere gli altri reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
La Corte d’appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha ritenuto che il delitto
di tentata estorsione commesso dal Bevilacqua nel luglio 2007 non fosse collegato alle attività
dell’associazione per delinquere ed ai delitti commessi nell’ambito della stessa, per i quali il
predetto era stato condannato con la menzionata sentenza della Corte d’appello di Catanzaro,
perché, innanzi tutto, risultava che il sodalizio criminoso era stato costituito solo
successivamente alla tentata estorsione del luglio 2007, ed a distanza di oltre due anni; inoltre
perché non risultava alcun elemento concreto dal quale desumere che, già nel luglio 2007, il
Bevilacqua avesse programmato, almeno nelle linee generali, di costituire un’associazione per
delinquere a mezzo della quale commettere reati di estorsione.
1

19.10.2010 (sentenza della Corte d’appello di Catanzaro in data 20.4.2012).

Il giudice dell’esecuzione, nell’esprimere il suddetto giudizio di fatto, si è attenuto ai principi
più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali può riconoscersi la
sussistenza di un unico disegno criminoso tra più delitti solo se emergono concreti elementi
dai quali desumere che,prima dell’inizio dell’attività criminosa, era stato concepito, almeno
nelle linee generali, un disegno unitario che comprendeva tutti i delitti commessi.
Il ricorrente non ha indicato alcun vizio, sotto l’aspetto logico giuridico, nella motivazione
dell’ordinanza impugnata e si è limitato a proporre una diversa lettura delle risultanze,

sarebbe stato intenzionato a costituire un’associazione per delinquere dedita alla commissione
di estorsioni.
Appaiono però labili e generici gli elementi indicati dal ricorrente a sostegno della suddetta
tesi, e comunque, trattandosi di elementi di fatto, non possono essere né verificati né presi in
considerazione in sede di legittimità.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 16 gennaio 2015

ipotizzando che il Bevilacqua, ancor prima di commettere la tentata estorsione del luglio 2007,

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