Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27264 del 14/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27264 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SICARI SEBASTIANO N. IL 12/11/1972
avverso l’ordinanza n. 6373/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
PALERMO, del 14/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
CI

Uditi difensor Avv.;/

Data Udienza: 14/01/2015

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 14.2.2014 il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettava le domande
di affidamento in prova al servizio sociale o di semilibertà proposte da SICARI SEBASTIANO, in
relazione ad un provvedimento di cumulo pene della Procura Generale di Catania con il quale la
pena complessiva era stata determinata in anni 13, mesi 9, giorni 20 di reclusione e mesi 3 di
arresto per reati contro il patrimonio, in materia di armi e di sostanze stupefacenti, nonché per
nove violazioni della sorveglianza speciale commesse tra il 2005 e il 2011.
Risultava che il Sicari aveva iniziato il 23.6.2011 a scontare la pena agli arresti domiciliari fino

condotta, dopo alcuni rilievi disciplinari nel maggio-giugno 2012, era divenuta regolare, con
fine pena previsto per il 6.7.2016.
Il Tribunale prendeva in considerazione le informazioni dei Carabinieri (anche con riguardo alla
condotta tenuta agli arresti domiciliari), una relazione del Gruppo Osservazione e Trattamento
(GOT) in data 21.5.2013, il comportamento serbato dal Sicari nel periodo di detenzione in
carcere (dal novembre 2013 lavorava come inserviente nella cucina detenuti), l’offerta di
lavoro nella cartoleria gestita dalla moglie del Sicari, e concludeva che non era possibile
apprezzare un avvio di sincera revisione autocritica, risultando ancora necessario un congruo
periodo di osservazione della personalità al cui esito potrà valutarsi l’opportunità per eventuali
esperienze premiali, al fine di verificare la effettiva capacità del detenuto di adeguarsi alle
regole ed alle prescrizioni imposte con misure alternative alla detenzione in carcere.

Avverso l’ordinanza ha proposto personalmente ricorso per cassazione Sicari Sebastiano,
chiedendone l’annullamento per vizio di motivazione.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, secondo il ricorrente, era contraddittoria perché, pur
avendo indicato una serie di elementi positivi — quali il rispetto delle prescrizioni degli arresti
domiciliari, la possibilità di lavoro offerta dalla moglie, il comportamento regolare in carcere dal
giugno 2012 e l’attività di inserviente nella cucina detenuti —, non aveva dato alcun rilievo ai
suddetti elementi positivi e non aveva considerato che gli stessi erano invece sintomatici di un
percorso di rivisatazione critica del proprio passato.
Non si era tenuto conto, inoltre, che il Magistrato di sorveglianza, nel concedere il beneficio
della liberazione anticipata in relazione al periodo 21.6/21.12.2012, aveva affermato che il
ricorrente mostrava disponibilità al dialogo e interesse per le attività trattamentali.
Non era stato, infine, spiegato perché l’opportunità lavorativa fornitagli dalla moglie non
potesse essere considerata un elemento importante per il programma rieducativo del
ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.

1

al 3.2.2012; successivamente era stato detenuto prima a Catania e poi a Palermo e la sua

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il Tribunale di sorveglianza ha preso in
considerazione i recenti dati positivi che sono emersi nel comportamento del detenuto, ma ha
ritenuto che — a fronte della gravità e del numero dei reati in espiazione — fosse necessario un
ulteriore periodo di osservazione, per accertare un effettivo inizio di revisione critica del proprio
comportamento, e l’esperimento di esperienze premiali, al fine di verificare la capacità del
detenuto di adeguarsi alle regole ed alle prescrizioni imposte con misure alternative alla
detenzione in carcere.
La decisione del Tribunale di sorveglianza rispetta pienamente i principi elaborati dalla

Questa Corte ha infatti affermato che, ai fini dell affidamento in prova al servizio sociale, i
riferimenti alla gravità del reato commesso o ai precedenti penali e giudiziari del condannato o
al comportamento da lui tenuto prima o dopo la custodia cautelare ben possono essere
utilizzati come elementi che concorrono alla formazione del convincimento circa la praticabilità
della misura alternativa. Ne consegue che il mantenimento di una condotta positiva, anche in
ambiente libero, non è di per sè determinante, soprattutto ove la condanna in espiazione sia
stata inflitta per reati di obiettiva gravità e sia inadeguato il periodo di carcerazione sofferto,
ma deve essere valutato nell’ambito di un giudizio globale di tutti gli elementi emersi dalle
indagini esperite e dalle informazioni assunte, che tenga anche conto della progressività e
gradualità dei risultati del trattamento e, conseguentemente, dell’eventuale previa esperienza
di permessi- premio (V. Sez. 1 sentenza n.15064 del 6.3.2003, Rv.224029).
Ha anche precisato che il criterio di gradualità nella concessione di benefici penitenziari, pur
non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle
esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del trattamento
penitenziario; e ciò vale particolarmente quando il reato commesso sia sintomatico di una non
irrilevante capacità a delinquere e della verisinnile contiguità del condannato con ambienti
delinquenziali di elevato livello (V. Sez. 1 sentenza n.5689 del 18.11.1998, Rv.212794).
Il Sicari sta espiando reati di particolare gravità per i quali ha riportato condanne ad una pena
complessiva di anni 13, mesi 9 e giorni 20 di reclusione, oltre a mesi 3 di arresto, e quindi
appare logicamente giustificata la prudenza del Tribunale di sorveglianza, il quale ha ritenuto
opportuno, prima di ammettere il ricorrente a misure alternative che consentono ampi spazi di
libertà, compiere i suddetti approfondimenti sull’effettivo inizio di un processo di revisione
critica delle passate scelte di vita e sperimentare previamente benefici più contenutivi.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 14 gennaio

D E P S I ATA.

giurisprudenza di legittimità nella materia de qua.

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