Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27254 del 03/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 27254 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUNJAI DRITAN N. IL 02/08/1982
avverso la sentenza n. 2531/2014 CORTE APPELLO di ROMA, del
29/09/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. kítsu,c ) PithefteA: j
che ha concluso per ‘1(2
o etee el,( Mac> ;

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.,

Data Udienza: 03/06/2015

Ritenuto in fatto
1. Il difensore di Brunjai Dritan ricorre avverso la sentenza della Corte di
appello di Roma in data 29 settembre 2014, che deliberando in funzione di
giudice di rinvio, ha confermato la condanna del prevenuto alla pena di anni 17
di reclusione, siccome colpevole dei delitti di sequestro di persona a scopo di
estorsione, rapina, lesioni personali e violazione di domicilio nonché di porto di
armi comuni da sparo.

impugnazione dedotti in ricorso è opportuno precisare:
– che il giudice di rinvio era stato investito unicamente della questione se il
reato di sequestro di persona ascritto al Brunjai potesse essere ritenuto di lieve
entità, alla luce dei parametri indicati dal giudice delle leggi nella nota sentenza
n. 68 del 23 marzo 2012 (deliberata lo stesso giorno della sentenza di appello
annullata), ciò potendo “del resto desumersi” come si legge nella sentenza di
annullamento “sia dalla non particolare entità del lucro perseguito dall’imputato
(il quale avanzò una richiesta in denaro decisamente inferiore a quanto poteva
registrarsi nella casistica delle vicende degli anni Settanta ed Ottanta che
determinarono l’inasprimento del regime sanzionatorio), sia dalla stessa scelta
del Tribunale di Tivoli di determinare il computo della pena muovendo dai minimi
edittali”;
che il giudice di rinvio, richiamati i parametri richiamati dalla Corte
Costituzionale nella indicata decisione – maggiore o minore “occasionalità”
dell’iniziativa delittuosa (la quale spesso prescinde da una significativa
organizzazione di uomini o mezzi); entità dell’offesa recata alla vittima, quanto a
tempi, luoghi e modalità della privazione della libertà personale; ammontare
delle somme pretese quale prezzo della liberazione – è pervenuto ad una
soluzione in senso negativo, osservando, che nel caso specifico: (a) era assodato
che la persona offesa, Secani Renato, fosse soggetto anziano; (b) che costui
fosse stato manifestamente irretito dalla complicità della correa dell’imputato,
con il quale era stato freddamente preordinato un articolato piano d’azione (tale
Paraschiva Daniela, convivente della persona offesa, presso la quale aveva
iniziato a lavorare come collaboratrice domestica); (c) che l’anziano fosse stato
selvaggiamente picchiato e ferito dall’imputato con lesioni e tumefazioni al volto
(essendo stato l’uomo anche legato, sanguinante, al letto e ivi tenuto per tutta la
notte; (d) che il sequestro di persona fosse stato consumato anche attraverso

1.1 Prima di procedere ad una sintetica illustrazione dei motivi di

l’uso prima di una pistola finta e dopo con l’uso di fucili dello stesso Secani che
avrebbero poco dopo costituito oggetto di sottrazione da parte dell’imputato;
(d) che ciò aggravava vieppiù la consistenza del danno patito, non costituito solo
dalla somma sottratta (50,00 euro) a fronte di una pretesa iniziale di 10.000,00
euro; (e) che l’inflizione da parte del primo giudice di una sanzione
sostanzialmente prossima – nella pena base – al minimo edittale, era
conseguenza di una valutazione “pienamente e liberamente all’epoca operata in
applicazione dei criteri ex art. 133 cod. pen. e che la stessa non poteva

attenuata invocata dalla difesa dell’imputato.
1.2 Ciò premesso il ricorrente deduce, nell’ordine:
– la nullità della sentenza impugnata per vizio di motivazione e inosservanza
del principio di diritto enunciato dalla Cassazione con la sentenza di
annullamento, risultando totalmente disapplicati i parametri indicati dal giudice
delle leggi nel giudizio che ha portato alla dichiarazione di illegittimità dell’art.
630 cod. pen. con conseguente violazione degli artt. 623 lett. a e 627 comma 3
cod. proc. pen., che agli stessi parametri facevano rinvio;

la nullità della sentenza impugnata per inosservanza o erronea

applicazione della legge penale in relazione agli artt. 132, 133, 311 e 630 cod.
pen.;
– la nullità della sentenza impugnata per mancanza e manifesta illogicità
della motivazione.
1.2.1 In particolare nel ricorso si deduce che il termine di comparazione
utilizzato dai giudici del rinvio per stabilire l’applicabilità al caso di specie della
diminuente ex art. 311 cod. peri. è consistito in incongrue valutazioni di politica
criminale (l’elevato pericolo criminale costituito, ai giorni nostri, da delitti
compiuti nelle città italiane ai danni di vittime spesso, come nel caso in esame,
anziane, ad opera di delinquenti provenienti da paesi stranieri e spesso connotati
da consistente caratura criminale), censurandosi in particolare che la Corte
territoriale non abbia assunto come termine di confronto “le terribili e crudeli
modalità dei reati di sequestro di persona a scopo di estorsione degli anni 70-80,
che avevano portato all’innalzamento del trattamento sanzionatorio ma invece,
le asserite analoghe modalità del fenomeno dell’irruzione in villa ad opera di
delinquenti stranieri”.
Sul punto si evidenzia, altresì, che il Brunjai era un soggetto totalmente
incensurato, munito di regolare permesso di soggiorno, che lavorava in Italia da
2

(pu,/,

considerarsi circostanza decisiva per ritenere sussistente quella fattispecie

anni, sicché lo stesso non era, all’epoca, “un delinquente proveniente da paesi
stranieri né risultava connotato da consistente caratura criminale”.
Anche gli ulteriori elementi valorizzati dai giudici per l’esclusione dell’ipotesi
lieve, sono ritenuti dal ricorrente, o incongrui (uso di una pistola finta) ovvero
immotivatamente autoevidenti (fredda preordinazione di un piano di azione,
laddove l’imputato si era introdotto nella casa della vittima per commettere un
furto; la condizione d anziano indifeso della vittima, laddove il Secani all’epoca
aveva 69 anni e svolgeva attività lavorativa e che ingaggiò con l’imputato una

Censurata in ricorso è anche l’ulteriore affermazione dei giudici di rinvio
secondo cui la determinazione da parte del primo giudice di una sanzione
sostanzialmente prossima – nella pena base – al minimo edittale, era
conseguenza di una valutazione “pienamente e liberamente all’epoca operata in
applicazione dei criteri ex art. 133 cod. pen.” risultando incongruamente
svalutato il disagio del giudice di primo grado di dover infliggere una pena così
elevata, avvertita come iniqua rispetto alla reale entità del fatto, quale
desumibile dal riconoscimento non solo dalla individuazione della pena base nel
minimo edittale, ma dall’applicazione di aumenti minimi (20 giorni) a titolo di
continuazione e dalla concessione delle attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza, giustificata non solo dal buon comportamento processuale, ma
anche dal fine di adeguare la pena edittale, molto elevata, alla fattispecie
concreta.
Considerato in diritto

1. I motivi di ricorso presentati dalla difesa dell’imputato sono infondati.
1.1 I fatti, come ricostruiti dai giudici di merito, non sono messi in
discussione dal ricorrente. Bunjai Dritan, cittadino albanese, introdottosi notte
notte tempo nell’abitazione di Secani Renato, con l’aiuto di Paraschiva Daniela,
sua complice (giudicata separatamente) e convivente della vittima, la quale
aveva lasciato a tal fine una finestra aperta, ed in esecuzione quindi di un piano
delittuoso ben definito, una volta scoperto, vinta la comprensibile reazione
dell’anziana vittima colpendolo, violentemente al volto, non si era limitato a
minacciare il Secani, inizialmente con una pistola giocattolo e quindi con un fucile
detenuto dalla stessa persona offesa, ma lo aveva privato della sua libertà
personale, per l’intera notte, legandolo al letto ancora sanguinante, al fine di
conseguire un ingiusto profitto come prezzo della sua liberazione.
3

LQ/k.

colluttazione).

Ciò posto la Corte territoriale, investita quale giudice di rinvio della sola
questione dell’applicabilità nel caso di specie dell’attenuante del fatto di lieve
entità di cui all’art. 311 cod. pen. a ragione del rilievo che il giudice delle leggi,
con sentenza n. 68 del 6 marzo 2012, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo
l’art. 630 cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena da esso
comminata è diminuita quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o
circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo,
il fatto risulti di lieve entità, ha motivatamente escluso la sua applicabilità.

percorso argomentativo sviluppato nella decisione impugnata in considerazioni di
politica criminale non pertinenti (quale la comparazione tra la pericolosità dei
sequestri di persone “estorsivi” commessi negli anni settanta del secolo scorso,
che avevano portato ad un inasprimento della pena originariamente prevista per
tale tipologia di reato, e quelli perpetrati più di recente, commessi con irruzione
in ville o appartamenti abitati da anziani), nell’ultima parte della sentenza ha
però, con motivazione scevra da difetti logico giuridici, ritenuto che il fatto
commesso dall’imputato non potesse essere definito di lieve entità, in quanto
non si era trattato di un’azione delittuosa del tutto estemporanea, ma di un
sequestro attuato nel corso dell’esecuzione di un’articolato piano d’azione
concepito dal ricorrente con la sua complice e perpetrato da Bunjai con fredda
determinazione ed anche attraverso l’uso di armi e che il danno patito dalla
vittima, di natura non solo patrimoniale, era stato significativo; inoltre, la Corte
territoriale ha messo in evidenza che il sequestro di persona de quo non era
stato di breve durata, ma si era protratto per tutta la notte.
La suddetta motivazione è basata su dati di fatto che non sono
specificamente confutati dal ricorrente ed essendo logicamente e giuridicamente
adeguata, non è soggetta al sindacato di legittimità, così come affermato, del
resto in una recente decisione di questa Corte non massimata, relativa proprio a
questione analoga a quella trattata nel presente giudizio (Sez. 1, Sentenza n.
12266 del 2014).
E del resto è appena il caso di rammentare che per consolidata
giurisprudenza, in tema di sindacato sul vizio della motivazione, il compito del
giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella
compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano
esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta
interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni

La Corte territoriale, in particolare, pur indugiando nella prima parte del

delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello
sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate
conclusioni a preferenza dì altre. Ne consegue che il giudice di rinvio, avuto
riguardo ai limiti propri del giudice di legittimità, conserva nel merito piena
autonomia di giudizio nella ricostruzione dei dati di fatto e nella valutazione di
essi, ed è vincolato solo dall’obbligo di motivare logicamente seguendo i principi
di diritto enunciati dalla Corte suprema, colmando i vuoti motivazionali additati
ed evitando le eventuali incongruenze logiche rilevate nella sentenza annullata,

di legittimità nelle proprie argomentazioni (in termini, Sez. 1, n. 803 del
10/02/1998 – dep. 10/03/1998, Scuotto e altri, Rv. 210016).

2. In conclusione, poiché risulta infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso
deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2015.

senza essere vincolato da valutazioni di merito eventualmente sfuggite al giudice

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA