Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27250 del 27/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27250 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COLAGIOVANNI ILENIA N. IL 02/05/1988
avverso la sentenza n. 136/2012 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 03/07/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 27/05/2015

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 49.181/2014

R.G. *

Udienza del 27 maggio 2015

Rileva
— Con sentenza deliberata il 3 luglio 2014 e depositata l’il luglio
2014, la Corte di appello di Campobasso ha confermato la sentenza
del Tribunale di quella stessa sede, 17 gennaio 2012, di condanna (col
beneficio della sospensione condizionale della esecuzione) alla pena
dell’arresto in mesi uno, a carico di Ilenia Colagiovanni, dichiarata
colpevole della contravvenzione di porto abusivo di armi, ai sensi
dell’articolo 699 cod. pen., così riqualificata la originaria imputazione
di porto di armi od oggetti atti a offendere, ai sensi dell’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. no, reato commesso in Campobasso il 31
ottobre 2009.
i.

Sulla base dei processi verbali di perquisizione e di sequestro e sulla
base delle testimonianze dei verbalizzanti (sottotenente Francesca
Ferrucci e carabiniere Rosalia Cassetta dei Carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Campobasso), i giudici di
merito hanno accertato che, nelle indicate circostanze di tempo e di
luogo, la Colagiovanni aveva portato seco, fuori della propria abitazione, un coltello a serramanico a scatto (c.d. molletta), lungo cm. 17
e dotato di lama lunga cm. 7,5.
Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, la Corte territoriale ha osservato quanto segue.
La presenza del pulsante di scatto (attestata dal processo verbale di
sequestro del corpo del reato e dal concorde testimoniale compreso
quello a discarico) da conto della corretta qualificazione giuridica della condotta operata del primo giudice.
A tacere dal rilievo che la appellante dichiarò inizialmente al sottotenente Ferucci che portava seco il coltello per farlo vedere a un amico,
la questione del difetto di funzionamento dell’arma è del tutto irrilevante.
In proposito il testimoniale è discorde. Ma ad ogni modo il punto è
da considerarsi superato alla stregua della considerazione che è, certamente, da escludere il caso che la mancanza di funzionamento ren-

Udito, altresì, nella pubblica udienza, il Pubblico Ministero, in
persona del dott. Mario Maria Stefano Pinelli, sostituto procuratore
generale della Repubblica presso questa Corte suprema di cassazione,
il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una
somma a favore della cassa delle ammende; gradatamente per
l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione;

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Ricorso n. 49.181/2014

R.G.

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Udienza del 27 maggio 2015

desse « inefficace in maniere assoluta » l’arma bianca in sequestro.
Alla polizia giudiziaria fu, infatti, possibile estrarre e misurare la lama.

Laddove, a’ termini dell’articolo 62-bis, ultimo comma, cod. pen., la
mera incensuratezza non giustifica di per sé sola la concessione delle
circostanze attenuanti generiche, nessun elemento è dato apprezzare
che ne suffraghi la elargizione. Peraltro la pena è stata illegittimamente irrogata in misura inferiore al minimo edittale.
L’imputata ha proposto ricorso per cassazione, personalmente,
mediante atto recante la data del 30 settembre 2014, col quale ha sviluppato cinque motivi denunziando col primo, ai sensi dell’articolo
606, comma i, lettera d), cod. proc. pen. mancata assunzione di prova decisiva; con i successivi tre, ai sensi dell’articolo ha denunziato ai
sensi dell’articolo 606, comma i , lettera b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione all’articolo 699 cod. pen. (secondo motivo), in relazione all’articolo 47 cod. pen. (terzo motivo), in relazione all’articolo
62-bis cod. pen. (quarto motivo); e invocando coll’ultimo mezzo di
impugnazione la prescrizione prossima a maturare il 31 ottobre 2014.
2. –

Col primo motivo la ricorrente si duole della omessa ispezione
del corpo del reato (già, peraltro, disposta dal giudice di primo grado
con ordinanza dibattimentale del 12 luglio 2011 rimasta ineseguita),
argomentando che il mancato funzionamento del meccanismo di fuoriuscita della lama, riferito dal teste Bevilacqua, ostava a che l’oggetto
potesse considerarsi arma e scriminava la condotta, essendo giustificato il motivo del porto, per la consegna al medesimo Bevilacqua ai
fini della riparazione.
2.1 –

Aggiunge la ricorrente: la misurazione della lama non è stata operata
nel contraddittorio dibattimentale; sono inutilizzabili le deposizioni
delle verbalizzanti, la dove hanno riferito circostanze appese da essa
imputata senza la assistenza del difensore; la Corte territoriale ha,
inoltre, travisato le testimonianze delle medesime verbalizzanti; costoro non ricordarono se il coltello (rectius: il meccanismo di scatto)
funzionasse o no; ma arguirono il funzionamento dalla circostanza
della misurazione della lama; peraltro secondo il teste Bevilacqua
neppure si trattava di una c.d. molletta.

3

L’asserito, erroneo convincimento della appellante circa la liceità del
porto (per il malfunzionamento del meccanismo di scatto della lama)
non esclude la punibilità, trattandosi di inescusabile errore sulla legge penale.

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2.2 – Col secondo motivo la ricorrente richiamando le considerazioni
espresse col precedente motivo sostiene che il coltello non può essere
considerato arma a cagione del non funzionamento del meccanismo
di estrazione.
2.3 – Col terzo motivo la ricorrente deduce che ella era convinta «

che il coltello in realtà non fosse tale perché non si riusciva a far uscire la lama » e argomenta che l’errore in proposito esclude la puni2.4 — Col quarto motivo la ricorrente censura il diniego delle circostanze attenuanti generiche, obiettando di essere incensurata e di aver ottenuto il beneficio della sospensione condizionale della esecuzione della pena sulla base della favorevole prognosi degli stessi giudici di merito.
2.5 – Col quinto motivo la ricorrente invoca, in via gradata, la appli-

cazione della prescrizione postulando l’annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata per estinzione del reato.
3. — Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1 — Proprio l’assunto difensivo che il porto dell’arma fosse preordinato alla riparazione del meccanismo di scatto della molletta dimostra la irrilevanza della postulata ispezione e la infondatezza della
questione agitata col secondo motivo circa la sussistenza del reato.
Con costante giurisprudenza questa Corte suprema di cassazione ha,
per vero, fissato il principio di diritto secondo il quale, « pur essendo
guasta o priva di pezzi, anche essenziali » l’arma non perde la propria giuridica qualità, in relazioni alle varie ipotesi di reato che la
contemplino, quando sia « comunque riparabile » (così da ultima
Sez. i, n. 35648 del 04/07/2008, Saitta, Rv. 240677).
3.2 — Per il resto non ricorre — alla evidenza — il vizio della denunziata violazione di legge:

—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo
applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma,
ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un
fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice del
merito esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei
principi di diritto fissati da questa Corte.
3.3 — La postuma maturazione della prescrizione in data 31 ottobre
2014, successiva alla deliberazione della sentenza impugnata è irrile-

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bilità.

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vante in carenza della proposizione di motivi di ricorso ammissibili
(n. supra) e, pertanto, idonei a instaurare il rapporto processuale
dinnanzi al giudice di legittimità.

3.4 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e
la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di
esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, addì 27 maggio 2015.

La inammissibilità della impugnazione, infatti, preclude il rilievo della prescrizione, come stabilito da questa Corte suprema di cassazione
a Sezioni Unite colle sentenze n. 32 del 22 novembre 2000 De Luca,
Rv. 217266; n. 33542 del 27 giugno 2001, Cavalera, Rv. 219531; e n.
23428 del 22 marzo 2005, Bracale, Rv. 231164.

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