Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27246 del 21/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27246 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SINGH GURPREET N. IL 05/08/1988
avverso la sentenza n. 1679/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
02/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 21/05/2015

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 51.898/2014

R.G. *

Udienza del 21 maggio 2015

Udito, altresì, nella pubblica udienza, il Pubblico Ministero in persona del dott. Oscar Cedrangolo, sostituto procuratore generale della
Repubblica presso questa Corte suprema, il quale ha concluso per la
inammissibilità del ricorso e per la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa
delle ammende.

1. — Con sentenza deliberata il 2 ottobre 2014 e depositata il 7 ottobre
2014, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza, pronunciata dal Tribunale ordinario di Bergamo, in esito al giudizio abbreviato, il 20 maggio 2013 di condanna alla pena dell’arresto in mesi
due e dell’ammenda in C 100 a carico di Singh Gurpreet, imputato
della contravvenzione di porto di armi od oggetti atti a offendere, ai
sensi dell’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, commesso in Isso il 15 settembre 2010.

I giudici di merito hanno accertato che il Singh, in concorso con altri
connazionali, riuniti in gruppo, alcuni dei quali col volto travisato,
aveva portato nel centro urbano di Romano di Lombardia bastoni e
altri strumenti atti a offendere, branditi in mano; l’azione era stata
notata dal maresciallo Enrico Orlandini in servizio presso la locale
stazione dei Carabinieri il quale aveva prontamente allertato i Militari
dell’Arma; il gruppo aveva preso, quindi, posto in due autovetture; i
Carabinieri, dopo aver seguito e, infine, fermato il mezzo nel comune
di Isso, rinvennero nel cofano posteriore del veicolo (Opel Astra) a
bordo del quale si trovava Singh con altri quattro suoi sodali, una accetta e quattro bastoni, due di legno e due di ferro, uno dei quali munito di catena saldata alla estremità.
Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, la Corte territoriale ha osservato: non merita accoglimento la richiesta assolutoria
formulata dall’appellante sotto il profilo che il maresciallo Orlandini
non aveva proceduto, nella immediatezza dell’avvistamento, al sequestro delle armi improprie; che gli altri occupanti l’autovettura dove si trovava l’imputato erano stati tutti assolti nel giudizio celebrato
a loro carico col rito ordinario « per mancanza di riferibilità all’uno
o all’altro imputato degli strumenti atti a offendere »; che l’accetta e
i bastoni erano occultati nel veicolo; che il giudicabile, si era unito
agli altri « in pigiama e in ciabatte », essendo affatto « all’oscuro degli oggetti presenti in auto » e « impreparato a qualunque azione
punitiva »; esattamente il primo giudice ha considerato che il maresciallo Orlandini osservò e tenne sotto costante controllo l’appellante
fin dal momento in cui transitava, in gruppo, assieme ai sodali armati

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Rileva

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e parzialmente travisati, prima che salisse sulla autovettura a bordo
della quale fu, successivamente, fermato; l’abbigliamento precario
dimostra, piuttosto, la « pronta disponibilità [del Singh] a far parte
della spedizione punitiva », la circostanza che taluni componenti del
gruppo fossero travisati e brandissero i bastoni rende palese la sussistenza dell’ elemento psicologico del reato in capo al Singh che del
gruppo armato era componente; in ordine, infine, al trattamento sanzionatorio, il numero e la potenzialità offensiva delle armi osta al riconoscimento della attenuante del caso di lieve entità; la pena irrogata (colla elargizione delle circostanze attenuanti generiche) è congrua
e proporzionata al fatto.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, personalmente,
mediante atto recante la data del 13 novembre 2014, col quale ha sviluppato tre motivi, denunziando, con i primi due, ai sensi dell’articolo
606, comma i, lettera e), cod. proc. pen. mancanza, contraddittorietà
o manifesta illogicità della motivazione e col terzo, ai sensi dell’ articolo 6o6, comma i, lettera b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea
applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si
deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione
all’ articolo 4, terzo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110.
2. –

2.1 – Col primo motivo il ricorrente oppone: è inverosimile quanto
riferito dal maresciallo Orlandini nella relazione di servizio circa il
controllo continuo e ininterrotto della autovettura; il sottufficiale, invece, perse di vista il veicolo quando il conducente prese a bordo il
giudicabile; la versione di costui è stata confermata dalla sorella; il
militare non procedette nella immediatezza alla identificazione dell’
imputato e al sequestro degli strumenti atti a offendere; esso ricorrente ha spiegato di essere salito a bordo del veicolo, in pigiama, in
seguito alla richiesta di aiuto, rivoltagli dall’amico Rupinder, senza
neppure conoscere gli altri connazionali a bordo della autovettura e,
soprattutto, ignorando la esistenza dei bastoni occultati sotto i sedili
anteriori; l’accertamento della Corte territoriale è contraddittorio e
lacunoso.

Col secondo motivo il ricorrente censura la omessa considerazione dello specifico motivo di appello circa la intervenuta assoluzione, con sentenza irrevocabile dal 12 marzo 2013 (versata in atti),
del conducente e degli altri passeggeri della autovettura a bordo della
quale i Carabinieri rinvennero e sequestrarono le armi, motivata dalla « assenza di prova circa la riferibilità all’uno o all’ altro » dei
presenti nel veicolo delle armi improprie sequestrate; oppone che la
condanna di esso ricorrente darebbe luogo alla insorgenza di una situazione di « inconciliabilità di giudicati », in quanto le conclusioni,
raggiunte nei due giudizi, in ordine agli « stessi fatti » risultano « in
palese contrasto tra loro ».
2.2 –

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Ricorso n. 51.898/2014

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2.4 — Con atto recante la data del 4 maggio 2015, pervenuto il 5 maggio 2015, intitolato « Memoria ex art. 121 cod. proc. pen. » il ricorrente ha formulato un motivo nuovo di ricorso, postulando, ai
sensi dell’articolo 609, comma 2, cod. proc. pen., in dichiarato « subordine » (rispetto alle richieste del ricorso principale), la declaratoria della « non punibilità in ordine al reato ascritto per particolare
tenuità del fatto ex articolo 131-bis cod. pen. ».
Richiamato il recente arresto (v, infra) di questa Corte suprema di
cassazione, in ordine alla applicazione della speciale causa di non punibilità « per particolare tenuità del fatto », ai sensi dell’articolo 131bis cod. pen. (introdotto dall’articolo i del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28), anche in sede di legittimità e in relazione ai reati
commessi prima della entrata in vigore della novella, il ricorrente
ribadisce che la condotta rientra nella previsione del caso di lieve
entità contemplato nell’articolo 5, terzo comma (secondo inciso), della legge 18 aprile 1975, n. no.
3. — Il ricorso è infondato.
3.1 — Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di legge:
—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo
applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma,
ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un
fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo la Corte territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei
principi di diritto fissati da questa Corte.
3.2 — Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.
È appena il caso di premettere che affatto erroneamente l’imputato
evoca il potenziale conflitto di giudicati in relazione all’epilogo assolutorio lucrato dai compartecipi giudicati col rito ordinario.
Per vero questa Corte suprema di cassazione ha fissato il principio di
diritto secondo il quale, « in tema di revisione, il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’articolo 630, comma 1,
lett. a), cod. proc. pen., non deve essere inteso in termini di contrad-

2.3 — Col terzo motivo il ricorrente si duole del diniego della attenuante del caso di uve entità, argomentando che la condotta non è
connotata da « particolare capacità criminale»; che esso ricorrente
presenta « scarsissima propensione » al reato; e, ancora, ribadendo
che ignorava la presenza dei bastoni a bordo della autovettura.

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dittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni, ma
con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti su cui si
fondano le diverse sentenze »; sicché proprio in termini non vale
a suffragare la revisione la « presunta inconciliabilità della sentenza
di condanna rispetto alla sentenza di assoluzione pronunciata, in un separato giudizio, nei confronti dei concorrenti nel
medesimo reato contestato » (per non aver commesso il fatto), in
quanto della esistenza del concorso di persone nel reato costituisce
l’esito di un giudizio valutativo che, come tale, esula dall’ambito di
applicazione dell’articolo 630, comma i, lett. a), cod. proc. pen. » (v.
ex multis Sez. 4, n. 8135 del 25/10/2001 – dep. 28/02/2002, Pisano,
Rv. 221098; cui adde Sez. i n. 36121 del 09/06/2004 – dep.

,

09/09/2004, Fursov, Rv. 229531; Sez. 5, n. 40819 del 22/09/2005 dep. 10/11/2005, Gollin, Rv. 232803; e Sez. 2, n. 12809 del
11/03/2011 – dep. 29/03/2011, Vitale, Rv. 250061).
Orbene, in punto di motivazione, la Corte territoriale col rilievo della
partecipazione del ricorrente al gruppo dei connazionali palesemente
armati e, in parte, travisati (constatata dal maresciallo Orlandini mediante il controllo ininterrotto della identità dei componenti della
comitiva successivamente fermati a bordo del veicolo, recante l’ accetta, i bastoni, le mazze e la catena) ha implicitamente superato le argomentazioni assolutorie espresse nella sentenza pronunciata nei confronti dei compartecipi (e invocate dalla difesa del giudicabile), circa la ritenuta impossibilità di attribuire la detenzione delle
armi improprie « nascoste sotto i sedili anteriori […] a uno, a tutti,
ovvero ad alcuni » degli occupanti in difetto dell’ accertamento in
ordine a « chi avesse la disponibilità del mezzo » e in ordine « a qua-

le titolo fossero trasportati i passeggeri ».
Per il resto il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede sub i. delle ragioni della propria

decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile
opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. I,
5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo,
Cass., Sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e,
pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio
di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal
ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della
motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito e
della prospettazione di enunciati fattuali, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 6o6, comma 3, cod.
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3.3 — Quanto alla richiesta, formulata dal ricorrente col motivo nuovo, da ritenersi ammissibile, sotto il profilo che trattasi di questione
che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello trattandosi di ius superveniens, questa Corte suprema di cassazione, con recente sentenza della Sezione 3 n. 15449 dell’ 8/04/2015, Mazzarotto,
n. m., ha fissato il principio di diritto che — in difetto di alcuna norma
di diritto intertemporale — la disposizione della novella, la quale ha
introdotto la speciale causa di non punibilità, è suscettibile di applicazione anche nel giudizio di legittimità, in relazione ai fatti commessi anteriormente alla entrata in vigore della legge de qua, ai sensi degli articoli 2, quarto comma, cod. pen., 129, comma i, e 609, comma
2, cod. proc. pen.
Nella specie, tuttavia, la richiesta di annullamento, senza rinvio, della
sentenza impugnata (essendo l’imputato non punibile per la particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’articolo 131 bis cod. pen.) risulta
manifestamente infondata.

La Corte territoriale, infatti, con motivazione giuridicamente corretta
e affatto immune dal denunziato vizio di inosservanza o erronea applicazione della legge penale (v. supra § 3.1), ha escluso la ricorrenza
della attenuante del caso di lieve entità, prevista dall’ articolo 4, terzo
comma, secondo inciso, della legge 18 aprile 1975, n. 110.
Il negativo accertamento del giudice di merito, sul punto de quo,
comporta a fortiori la esclusione della causa di non punibilità della
particolare tenuità del fatto, in quanto la relativa previsione presuppone (nel concorso del requisito ulteriore della non abitualità del
comportamento) che « per la esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma [cod. pen.], l’offesa [sia]

diparticolare tenuità ».
In proposito giova considerare, che, in tema di concorso tra i delitti di
detenzione illegale di arma comune da sparo e di ricettazione della
stessa arma, la giurisprudenza di questa Corte suprema di cassazione, con consolidato indirizzo, ha stabilito la compatibilità logico — giuridica tra il riconoscimento della attenuante della lieve
entità, prevista dell’articolo 5 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, e il
diniego della ulteriore diminuente della particolare tenuità, contemplata dall’ articolo 648, secondo comma, cod. pen., argomentando che « uno stesso fatto può essere [di] lieve [entità] e non essere,
al contempo, anche particolarmente tenue » attesoché un grado
minore di disvalore connota il fatto particolarmente tenue
rispetto a quello di lieve entità (Sez. 6, n. 6102 del 13/03/1987 – dep.
15/05/1987, Ricciardi, Rv. 175985; Sez. 2, n. 2751 del 26/11/1985 dep. 07/04/1986, Padovani, Rv. 172338; Sez. 1, n. 651 del 30/11/1983
– dep. 23/01/1984, Farinella, Rv. 162302; Sez. 2, n. 10660 del

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24/05/1983 – dep. 10/12/1983, Mangione, Rv. 161662; Sez. i, n. 7451
del 31/05/1982 – dep. 28/07/1982, Maccarelli, Rv. 154807).
Sicché, di converso, se un fatto non è di lieve entità — eo magis: a
minori ad maius — non deve considerarsi di particolare tenuità.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, addì 21 maggio 2015.

3.4 — Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali.

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