Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27242 del 23/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 27242 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASI ALBERTO N. IL 17/03/1968
avverso la sentenza n. 574/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
19/03/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARGHERITA CASSANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. V che ha concluso per ce./

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 23/04/2015

Ritenuto in fatto.
1.11 19 marzo 2013 la Corte d’appello di Milano confermava, salvo che

relativamente alla pena (ridotta da tre anni di reclusione ed euro duemiladuecento di
multa a due anni, quattro mesi di reclusione ed euro duemila di multa), la sentenza
emessa il 7 ottobre 2013, all’esito di giudizio abbreviato, dal giudice per le indagini
preliminari del locale Tribunale che aveva dichiarato Alberto Casi colpevole dei
reati previsti dagli artt. 81 cpv. c.p., 10, 12, 14 1. n. 497 del 1974, 23, commi 2 e 3,1.

576, comma 1 nn. 1 e 5 bis, 61 n. 2 c.p. (capo 4), 635, comma 2 n 3 (capi 5 e 6), 81
cpv., 612 c.p. anche in relazione all’art. 339 c.p. (capo 8), 6 1. n. 895 del 1967 (capo
9), 648 c.p. (capo 10), aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche,
dichiarate prevalenti sulla contestata recidiva reiterata e specifica, e aveva ravvisato
la continuazione fra i reati.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il

difensore di fiducia, l’imputato, il quale formula le seguenti doglianze.
Lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in ordine al reato di cui al
capo 1), contenente l’erroneo richiamo ai commi 2 e 3 dell’art. 23 1. n. 110 del
1975, anziché ai commi 3 e 4 della medesima disposizione, con conseguenti
diversità del fatto e irrogazione di una pena più elevata.
Deduce erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione in
relazione alla ritenuta configurabilità del delitto di minaccia e alla sua
finalizzazione.
Eccepisce violazione del divieto di reformatio in peius con riguardo all’aumento
irrogato,a titolo di continuazione, per i reati sub 5) e 6), aumento superiore al
trattamento sanzionatorio in proposito stabilito dalla decisione di primo grado, non
appellata dal Pubblico Ministero.

Osserva in diritto.
1.11 primo motivo di ricorso non è fondato.

La sentenza d’appello ha correttamente argomentato che il capo d’imputazione
sub 1) contiene la compiuta e corretta contestazione di avere detenuto e portato in
luogo pubblico l’arma con matricola abrasa e, quindi, clandestina. Il riferimento ai
commi 2) e 3) dell’art. 23 1. n. 110 del 1975, piuttosto che ai commi 3) e 4) della
medesima disposizione, costituisce, quindi, un mero refuso materiale che non ha in
1

n. 110 del 1975 (capo 1), 697 c.p. (capo 2), 337, 61 n. 2 c.p. (capo 3), 582, 585,

alcun modo inciso sul contenuto della contestazione né sull’esercizio dei diritti di
difesa.
Il suddetto errore materiale non ha avuto alcuna concreta incidenza sul
trattamento sanzionatorio né ha comportato alcun pregiudizio per l’imputato,
circostanza questa non contestata neppure dalla difesa.
Attesa, comunque, l’esistenza del refuso materiale il Collegio dispone
correggersi le sentenze di primo e di secondo grado nel senso che, ove nel capo 1)

intendersi “art. 23, commi 3 e 4 1. n. 110 del 1975”. Tale correzione deve essere
annotata sull’originale degli atti.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza
di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione,
dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa
risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al
punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione
(Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192, comma 2, c.p.p.,
non critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla
formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il
sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua chiara e
puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole
della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente di minacciare di morte, impugnando la pistola
indicata al capo 1), Orsola Mari, Serafina Spera, Anna Spera e Vita Alarchi, al cui

2

d’imputazione si legge “art. 23, commi 2 e 3 1. n. 110 del 1975”, deve leggersi e

indirizzo profferiva la farse “adesso vi ammazzo tutte” mentre, contestualmente,
esplodeva due colpi di pistola.
La sentenza impugnata ha altresì spiegato, con motivazione immune da vizi
logici e giuridici, i motivi per i quali la suddetta condotta non trovava
giustificazione e proporzione rispetto al dichiarato intento di contrastare le proteste
di un gruppo di donne e alla possibilità di difendersi chiamando in soccorso le
Forze dell’ordine.

La sentenza di primo grado ha irrogato per i reati contestati ai capi 5) e 6) un
aumento complessivo di due mesi di reclusione. La Corte d’appello, invece,
nonostante la mancata proposizione dell’impugnazione da parte del Pubblico
Ministero, ha applicato per ciascuno dei due reati due mesi di reclusione e, quindi,
complessivamente, quattro mesi. Ciò integra la violazione dell’art. 597 c.p.p., atteso
che, nel giudizio di appello, il divieto di reformatio in peius della sentenza
impugnata dall’imputato non riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti
gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione (Sez. U. n. 40910 del
27 settembre 2005).
S’impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
limitatamente alla pena che, ai sensi dell’art. 620, lett. 1), c.p.p., il Collegio deve 2~ridetermingin due anni e due mesi di reclusione
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena che
ridetermina in due anni e due mesi di reclusione; rigetta nel resto il ricorso e
dispone correggersi le sentenze di primo e di secondo grado ove nel capo 1)
d’imputazione si legge “art. 23, commi 2 e 3 1. n. 110 del 1975”, anziché “art. 23,
commi 3 e 4 1. n. 110 del 1975”. Si annoti sull’originale degli atti.
Così deciso, in Roma, il 23 aprile 2015.

3.Merita, invece, accoglimento l’ultimo motivo di ricorso.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA