Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27240 del 25/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27240 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
TRIESTE
nei confronti di:
AKOMEAH EBENEZER OBENG N. IL 06/02/1989
avverso la sentenza n. 23/2013 GIUDICE DI PACE di PORDENONE,
del 13/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Frae ts‘ Cp
che ha concluso per fi i
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 25/03/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 13 febbraio 2013 il Giudice di pace di Pordenone
dichiarava Akomeah Ebenezer Obeng colpevole del reato dì trattenimento illegale
nel territorio dello Stato e lo condannava alla pena di euro 5000 di ammenda,
sostituita con l’espulsione dallo Stato italiano per 10 anni. Il giudicante riteneva
che non vi era prova che lo straniero fosse regolarmente entrato nello Stato
italiano, nè avesse successivamente regolarizzato la sua posizione.
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore

violazione di legge. Ad avviso del requirente, il giudice non aveva tenuto conto
che, anche in relazione a questo reato, in linea con quanto statuito dalla Corte
Costituzionale con la sentenza n. 250 del 9/6/2010, era applicabile l’istituto della
improcedibilità per particolare tenuità del fatto in relazione all’esiguità dell’offesa
all’interesse tutelato; all’occasionalità della violazione; al ridotto grado di
colpevolezza; al pregiudizio che il procedimento penale era idoneo ad arrecare
alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato. Il giudice
di pace non aveva spiegato il motivo per cui aveva ritenuto irrilevante che
l’imputato fosse stato identificato tramite carta d’identità, fosse titolare di codice
fiscale e residente, con i genitori ed una sorella minore, nel comune di Cane di
Pordenone da oltre due anni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere qualificato come appello. Il Collegio, in adesione
all’orientamento già espresso dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n.
45876 del 2014; Sez. 1, n. 52 dell’ 1 dicembre 2010; Sez. 1, n. 43956 dell’ 1
dicembre 2010) ritiene che la sentenza del Giudice di pace che ha disposto, ai
sensi dell’art. 62-bis d. igs. n. 274 del 2000, la sostituzione della ammenda,
inflitta per il reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 286 del 1998, con la misura
dell’espulsione prevista dall’art. 16, comma 1, del medesimo d.lgs, sia
appellabile e non già immediatamente ricorribile per cassazione. Tale
conclusione, come si legge nella sentenza 45876/2014 che tratta per esteso il
tema, poggia sul rilievo che il regime della inappellabilità delle sentenze emesse
dal Giudice di pace riguarda unicamente le sentenze di condanna alla sola pena
pecuniaria e non anche quelle nelle quali sia statuita un’ulteriore condanna, pur
se relativa all’azione civile.
2. Tale scelta ha ricevuto l’avallo della Corte costituzionale (cfr. sentenza n.
426 del 2008 e, ordinanza 32 del 2010) secondo cui il legislatore delegante ha
inteso attribuire una portata generale alla previsione dell’ appellabilità delle
sentenze del giudice di pace, configurando come eccezioni, dunque di stretta
1

generale presso la Corte di appello di Trieste chiedendone l’annullamento per

interpretazione, le ipotesi di loro inappellabilità e il legislatore delegato, in
coerenza con tale scelta, ha dato rilievo concreto “al grado di afflittività delle
pronunce”. La Consulta ha, altresì, osservato che le particolari caratteristiche del
procedimento dinanzi al giudice di pace rendevano privo di significato qualunque
raffronto con il sistema delineato dall’art. 593, comma 3, c.p.p. 3. E indubbio
che l’espulsione con accompagnamento alla frontiera è connotata dal carattere di
immediata coercizione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, qualifica le
restrizioni della libertà personale e che anche l’espulsione coattiva disposta dal

pecuniaria, può costituire in concreto per lo straniero, non già un beneficio, ma
una sanzione alternativa dal contenuto ancor più afflittivo di quello proprio di una
pena detentiva (cfr. Corte Cost. sent. n. 105 del 2001.
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come appello dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di
Pordenone.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

giudice di pace con la sentenza di condanna in sostituzione della pena

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