Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27236 del 12/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27236 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: MAGI RAFFAELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PERRI VINCENZO N. IL 22/04/1983
avverso la sentenza n. 4/2013 CORTE ASSISE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 29/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELLO MAGI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Ox_er (sì_d)ceA,c
che ha concluso per A ‘
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Data Udienza: 12/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa in data 29 ottobre 2013 la Corte di Assise d ‘Appello di Reggio Calabria
ha confermato, quanto all’affermazione di penale responsabilità per il delitto di omicidio
volontario ed il porto abusivo dell’arma utilizzata, la decisione emessa in primo grado – in sede
di rito abbreviato – dal GUP del Tribunale di Palmi nei confronti di Perri Vincenzo.
La Corte di secondo grado ha esclusivamente rimodulato la sanzione – emendando un errore di

richieste circostanze attenuanti (sia quella della provocazione che le attenuanti generiche).
In fatto, la ricostruzione di quanto accaduto in Gioia Tauro intorno alle 9 del mattino del giorno
8 luglio 2011 è stata agevolata dalla presenza – sul luogo del delitto, la strada statale n.111 di due telecamere installate a tutela di esercizi commerciali che hanno consentito di ricostruire
l’intera sequenza degli eventi.
Trattasi, infatti di una serie di accadimenti che ha inizio con un vero e proprio «appostamento»
realizzato da cinque soggetti (Priolo Vincenzo, Bagalà Francesco, Forgione Giuseppe,
Romagnosi Domenico, Marcianò Vincenzo) che si erano posti in attesa dell’arrivo del Perri su
un tratto di strada da costui percorso abitualmente per recarsi al lavoro in un negozio di
rivendita di scarpe (gestito unitamente ai fratelli) posto a circa 300 metri dal luogo
dell’agguato.
Quando sopraggiunge in zona il Perri – a bordo di uno scooter – il Bagalà si poneva sulla
carreggiata e lo faceva accostare. Nel frattempo sopraggiungeva – a bordo della sua vettura
Mercedes – Priolo Vincenzo che speronava il motociclo facendo cadere a terra Perri Vincenzo.
A quel punto (alle 8 e 50 minuti) tutti e cinque i soggetti capeggiati dal Priolo assalivano – a
mani nude – Perri Vincenzo. Costui cercava di divincolarsi ed impugnando un’arma (risultata
essere un revolver calibro 38 special) faceva fuoco per due volte verso la persona di Priolo
Vincenzo.
Priolo, colpito al ventre ed alla testa, si accasciava al suolo ed i suoi quattro sodali fuggivano
precipitosamente.
A quel punto il Perri, con il Priolo già a terra, esplodeva un ulteriore colpo che raggiungeva la
vittima al volto (in particolare alla guancia sinistra). Priolo, soccorso dopo poco, cessava di
vivere dopo il ricovero in ospedale, alle ore 11.27.
Con tutta calma, Perri recuperava lo scooter e si allontanava.
Le circostanze ulteriori di generica sono rappresentate :
– dal rinvenimento di un quarto colpo, verosimilmente esploso dal Perri, che era andato ad
impattare sul paraurti anteriore della Mercedes del Priolo (rinvenuto il proiettile deformato in
sede di ispezione) ;
– dalle risultanze medico legali relative alla autopsia effettuata sul Priolo.
Da queste ultime – per come compendiate in sentenza – si apprende che la principale causa
della morte è imputabile al colpo di arma da fuoco ricevuto in zona addominale (dunque nella

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calcolo – fissandola in anni sedici di reclusione (all’esito della riduzione per il rito) negando le

fase iniziale della reazione) che ha determinato rottura traumatica dell’arteria iliaca destra. Gli
altri fori di entrata sono in regione frontale ed alla guancia sinistra (l’ultimo colpo).
Si menziona in sentenza anche il rinvenimento, successivo ai fatti, di una ulteriore arma
semiautomatica calibro 9 presso l’esercizio commerciale che il Perri gestiva insieme ai fratelli.
Le indagini e l’istruttoria dibattimentale non hanno consentito di far emergere la causale della
aggressione portata dal Priolo, Bagalà, Forgione, Romagnosi e Marcianò al Perri.
Nessun contributo ricostruttivo è venuto – sul tema – nè dal Perri (latitante dal momento del

aggressori superstiti.
Nel valutare gli aspetti fattuali e giuridici della condotta del Perri, la Corte di secondo grado
conferma le valutazioni espresse dal primo giudice.
Non può, in particolare, ritenersi sussistente la scriminante della legittima difesa, anche in via
putativa.
Come già ritenuto dal GUP, la Corte territoriale esclude la ricorrenza della scriminante in
rapporto alla complessiva ricostruzione della dinamica dell’evento ed in particolare
considerando che :
– il Perri era armato (peraltro abusivamente) al momento del fatto, essendo non sostenibile alla stregua delle risultanze istruttorie – l’ipotesi di una sottrazione dell’arma operata dal Perri
in danno di uno degli assalitori, che visibilmente operarono a mani nude;
– il Perri non si limitò ad utilizzare l’arma nella fase di ‘soccombenza’ per liberarsi dalla presa
degli assalitori ma proseguì nell’azione anche quando il pericolo era cessato (i quattro erano
scappati ed il Priolo era già accasciato al suolo) esplodendo l’ulteriore colpo al volto del Priolo
che – almeno nelle intenzioni – doveva rappresentare il ‘colpo di grazia’ (così non sarà, in
concreto, data la maggiore lesività del primo colpo esploso verso l’addome) in ciò svelando la
vera e complessiva finalità dell’azione (.. l’ultimo colpo, pur essendosi rivelato non mortale
deve ritenersi il naturale sviluppo dell’unitaria reazione dell’imputato e l’univoca prova del suo
intento omicidiario..) :

il possesso di un’arma dalla elevata potenza lesiva (un revolver calibro 357 magnum, mai

rinvenuto) porta ad ipotizzare sul piano logico che il Perri fosse coinvolto in affari poco leciti,
considerazione alimentata anche dal rinvenimento della ulteriore arma presso il suo esercizio
commerciale e dalla mancata spiegazione delle ragioni dell’aggressione subìta;
– il Perri anche nel corso dell’aggressione non si è limitato a sparare in aria ma ha subito
diretto l’arma verso il corpo dell’aggressore, così manifestando sin dall’inizio l’intento omicida.
Quanto alla circostanza attenuante della provocazione, la Corte ribadisce che l’azione risulta
commessa non in preda all’ira ma a diversi stati d’animo (paura, odio, vendetta) il che ne
esclude il riconoscimento anche in virtù della sproporzione della reazione.
Le circostanze attenuanti generiche vengono denegate in virtù della estrema gravità del fatto
unita al negativo comportamento processuale (la lunga latitanza ed il silenzio sugli antecedenti
causali).

3

S.

fatto ad epoca prossima alla celebrazione del giudizio di appello) nè tantomeno dagli

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – Perri
Vincenzo, articolando distinti motivi.
Con il primo si deduce erronea applicazione dell’art. 52 cod.pen. e vizio di motivazione.
La Corte territoriale erra nella considerazione dei presupposti della legittima difesa, da ritenersi
sussistenti. Perri è stato vittima di un vero e proprio agguato realizzato dal Priolo

La reazione è dunque innegabile e la Corte non individua logicamente gli elementi tesi a
rappresentare una realtà diversa.
In particolare risulta congetturale l’attribuzione al Perri del possesso dell’arma, posto che dai
fotogrammi non è visibile il momento della pretesa estrazione della stessa da parte
dell’imputato. Ben possibile, dunque, che l’arma fosse in possesso di uno degli assalitori come
ipotizzato dalla difesa.
Anche in ipotesi di possesso preventivo dell’arma ciò sarebbe – in ogni caso – il frutto di una
volontà difensiva, dal che deriva la illogicità di conclusioni diverse.
L’ultimo colpo – molto valorizzato in sentenza – non fu quello mortale e non può farsi
discendere dallo stesso la volontà omicida prevalente.
La finalità poteva essere quella di realizzare una ulteriore intimidazione e non quella di
cagionare la morte del Priolo.
Ed in ogni caso per valutare la ricorrenza della legittima difesa – anche putativa – bisogna porsi
nell’ottica dell’agente, con valutazione ex ante e non ex post, come finisce per fare la Corte di
merito.
Il pericolo, visto il numero degli aggressori, era concreto ed attuale ed il Perri agì per difendersi
sia nella fase iniziale che in quella finale, posto che se è vero che il Priolo era ormai inoffensivo
i suoi quattro complici erano ancora lì e potevano ripresentarsi.
Con il secondo motivo si deduce erronea applicazione dell’art. 62 n.2 e vizio di motivazione sul
tema del diniego di detta attenuante.
Manifesta la irragionevolezza della linea interpretativa seguita dalla Corte di merito, che nega
l’esistenza di una correlazione funzionale tra l’aggressione e la reazione del Perri.
La ricerca di altri stati d’animo – diversi dall’ira – risulta pretestuosa e parimenti illogica,
secondo criteri di comune esperienza.
In particolare non può dirsi riconoscibile il sentimento di vendetta, che impone l’esistenza di
uno spazio di meditazione tra l’evento e la reazione, mentre nel caso in esame gli eventi sono
in rapida sequenza.
Con il terzo motivo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al
trattamento sanzionatorio.

1-

congiutamente a quattro complici, come riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata.

Il Perri è soggetto incensurato, ingiustamente penalizzato – per quanto emerge dalla
motivazione della sentenza impugnata – per il solo fatto di non aver riferito le possibili ragioni
dell’aggressione subita.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il secondo motivo di ricorso è fondato ed assorbe il contenuto del terzo motivo, mentre il

2. L’azione lesiva non può ritenersi – come motivato in sede di merito – scriminata dalla
legittima difesa reale o putativa che sia.
In effetti, se è vero che l’accertamento relativo alla scriminante della legittima difesa reale o
putativa e dell’eccesso colposo deve essere effettuato con un giudizio “ex ante” calato
all’interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da
esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al
prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del
singolo episodio in se considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all’azione che
possano aver avuto concreta incidenza sull’insorgenza dell’erroneo convincimento di dover
difendere sé o altri da un’ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi
sufficienti gli stati d’animo e i timori personali (così Sez. I n. 13370 del 2013), nel caso in
esame tale valutazione risulta compiuta in modo rispondente ai contenuti istruttori e senza
evidenti vizi logici.
Perri Vincenzo è stato sicuramente aggredito da più soggetti e tale condizione – non essendo
noti gli antecedenti causali – è tale da rendere legittima una forma di volontaria reazione tesa
alla necessità di difendere la propria incolumità fisica.
Tuttavia sin dall’inizio la volontaria reazione del Perri va ritenuta sproporzionata in rapporto
alle sue modalità, in ciò evidenziandosi la sua fuoriuscita dall’alveo del modello legale di cui
all’art. 52 cod.pen. (il presupposto su cui si fonda sia l’esimente della legittima difesa che
l’eccesso colposo è costituito dall’esigenza di rimuovere il pericolo di un’aggressione attraverso
una reazione proporzionata ed adeguata, così il secondo si distingue solo per un’erronea
valutazione del pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati; tra le molte Sez. I n. 2561 del
27.2.1993 rv 194045).
Ciò perché non soltanto il Perri utilizza un’ arma dal micidiale effetto lesivo mentre gli
aggressori operavano nei suoi confronti a mani nude (dato congruamente accertato in sede di
merito) ma soprattutto perché sin dalla fase iniziale della reazione indirizza consapevolmente i
colpi verso zone vitali del corpo del Priolo.
Da ciò è lecito desumere in modo inequivoco l’esistenza di una volontà diretta non
semplicemente a ‘fermare’ l’aggressore (esplodendo colpi in aria o in zone del corpo non
caratterizzate da alto rischio di lesività) ma ad eliminarlo, con azione che vede nel colpo ‘finale’

primo motivo di ricorso è infondato, per le ragioni che seguono.

non già l’insorgenza di una volontà diversa ma la coerente prosecuzione di una condotta già a
tal fine orientata.
Tali aspetti risultano valorizzati in modo adeguato in sede di merito e rendono inconsistenti le
argomentazioni contenute nel ricorso, fondate o su ipotesi smentite dagli atti istruttori (arma
in possesso di uno degli assalitori) o su aspetti del tutto congetturali (pericolo immaginario del
ritorno dei restanti assalitori fuggiti) e comunque inidonei a rendere legittima l’offesa.
3. Fondato è invece il secondo motivo di ricorso.

confronti del Perri e la sua immediata e decisa reazione denotano l’esistenza di un possibile
contesto illecito posto a monte, tuttavia tale contesto è rimasto inesplorato ed è pertanto
preclusa ogni suggestione interpretativa dei dati istruttori tesi a superare l’onere probatorio gravante sull’accusa – circa l’esistenza di una ‘sfida’ o comunque di una condizione di illegalità
pregressa in cui si sarebbe mosso il Perri.
Ciò posto, è innegabile che la condotta degli aggressori è ‘fatto ingiusto’ funzionalmente
collegato alla reazione del Perri e tale aspetto non può essere sottovalutato nella economia
della decisione. Le modalità di tale aggressione – data la pluralità di soggetti che vennero in
contatto con il Perri – vanno qualificate in termini di concreta lesività, il che – fermo restando
quanto detto in precedenza – non determina una assoluta sproporzione della reazione,
requisito peraltro non espressamente richiesto dalla previsione di legge qui in discussione.
Su tale aspetto, pertanto, va disposto l’annullamento della decisione impugnata con rinvio per
nuovo giudizio al riguardo ad altra sezione della Corte di Assise d’Appello di Reggio Calabria,
teso ad una complessiva rivalutazione degli antecedenti causali del fatto e della sussistenza o
meno della suddetta attenuante, valutandosi ì profili di cui sopra.
4. Il tema coltivato nel terzo motivo di ricorso, in virtù dell’accoglimento del secondo motivo,
va rimesso alla valutazione del giudice di rinvio, dato il potenziale mutamento del quadro
circostanziale tale da incidere sulle valutazioni espresse nella decisione qui impugnata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla attenuante della provocazione e alle
7,7k ‘Cr Vg.Xctof
attenuanti generiche e rinvia per nuovo giudiz`‘ad
io
altra sezione della Corte di Assise di
Appello di Reggio Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 12 marzo 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

L’istruttoria soffre di un vuoto conoscitivo, posto che se è vero che l’azione realizzata nei

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