Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27234 del 11/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27234 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE BLASIO FRANCESCO N. IL 29/01/1967
RAIOLA FRANCESCO PAOLO N. IL 10/10/1974
avverso la sentenza n. 1683/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
10/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per A’ 1.,o_u tu,…zdam■ i-gePe^ d,,22
,

Udito, per la s e civile, l’Avv
Udit i d. ensor Avv.

Data Udienza: 11/03/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, in data 13.3.2012 – per
quanto qui interessa – Francesco De Blasio veniva condannato, con la
continuazione/ alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione, oltre la multa, per i
reati di concorso nella detenzione e porto illegale di un fucile, minaccia
aggravata e danneggiamento (capi a, b, c) per avere esploso colpi con la
predetta arma contro la porta d’ingresso dello stabile in cui abita Cuomo Filippo,

veniva condannato, con la continuazione alla pena di anni otto di reclusione per il
concorso nel sequestro di persona, aggravato ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991, in
danno di Cuomo Filippo, (capo d), in esso assorbita la condotta contestata al
capo e), nonché, per il reato di cui all’art. 611 cod. pen. contestato in udienza
all’imputato.
La Corte di appello di Napoli, decidendo sul gravame proposto dai predetti
imputati e dal pubblico ministero, con sentenza del 10.12.2013, confermava la
decisione di primo grado relativamente al De Blasio e riformava parzialmente la
sentenza nei confronti del Raiola i riqualificando il fatto contestato al capo d) nel
reato di concorso in violenza privata, aggravata ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991,
rideterminando la pena inflitta al predetto in anni cinque e mesi sei di reclusione,
rigettando nel resto l’appello.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione, con atti separati, il De Blasio ed il
Raiola, a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Il De Blasio denuncia il vizio della motivazione, ritenuta illogica e
contraddittoria ( rispetto alle censure mosse dalla difesa con l’atto di appello in
ordine alla valutazione dell’attendibilità del testimone presente ai fatti avvenuti
13/2/2010 dei quali il ricorrente è stato ritenuto responsabile, pur a fronte di
significative discrasie tra le diverse dichiarazioni rese da Cuomo Melania nel
corso delle indagini preliminari e in dibattimento. Assume, in specie, che la
testimone ha modificato alcuni particolari significativi quanto alla esatta
identificazione del De Blasio, riconosciuto in fotografia e indicato in un primo
tempo come passeggero di uno dei due motocicli e successivamente come colui
che era alla guida del motorino; inoltre, la testimone aveva riferito che il Franco
era già in precedenza andato in casa sua, salvo poi a dichiarare di aver fatto
confusione mentre in dibattimento ha nuovamente indicato che il ricorrente era
andato a minacciare precedentemente il padre.
Rileva, inoltre, come anche il collaboratore Cuomo Filippo non può essere
ritenuto attendibile sul punto, avendo riferito di aver avuto rapporti con il

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con l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991; Francesco Paolo Raiola

ricorrente nel periodo tra giugno, ottobre e novembre del 2010 nel quale il De
Blasio si trovava ristretto in carcere.
Il vizio della motivazione viene denunciato anche con riferimento alla
ritenuta aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, fondata dalla Corte
d’appello su argomenti generici senza alcuna indicazione in ordine
all’organizzazione camorrista che $1 sarebbeirgevolata.
Infine, il ricorrente lamenta il difetto della motivazione relativamente al
mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, fondato

contesti di criminalità organizzata, oltre che dalle modalità dei fatti, senza
considerare che le invocate circostanze hanno anche la finalità di adeguare la
sanzione al caso concreto.

2.2. Il Raiola, ugualmente, denuncia il vizio della motivazione per
contraddittorietà e manifesta illogicità, avendo i giudici di merito fondato la
responsabilità esclusivamente sulle dichiarazioni delle parti offese, senza tenere
conto delle grossolane discrasie del loro narrato. In particolare, assume che la
Corte d’appello non ha fornito alcuna risposta in ordine alla circostanza che il
fatto contestato al capo E) trovava fondamento nelle dichiarazioni del
collaboratore Cuomo, riscontrate esclusivamente da quelle della moglie, Gravino
Olga, che aveva chiarito di poter fornire indicazioni soltanto de relato in ordine
alla seconda visita non avendo presenziato alla stessa,Anon potendo, quindi,
escludere che il Cuomo avesse accettato spontaneamente di recarsi dal Raiola.
La Corte territoriale, invero, non ha indicato attraverso quale iter logico possa
ritenersi che il Cuomo fosse stato coartato, avendo riferito di essere stato
convocato dall’imputato che aveva richiesto di procurargli le armi
corrispondendo, peraltro, il prezzo pattuito, ovvero che vi era stato un incontro
dai toni pacati.
Contesta, ugualmente, la motivazione della sentenza impugnata
relativamente alla valutazione della prova delle minacce che il Cuomo avrebbe
ricevuto dal ricorrente durante il periodo di detenzione comune, fondata su
congetture che non escludono il ragionevole dubbio: nessun testimone era in
grado di confermare se vi era stato un reale scambio tra i detenuti e la

Q.

conversazione tra i coniugi oggetto di captazione è elemento del tutto neutro dal
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momento che vjgne registrata quando il Cuomo era già deciso a collaborare e,
quindi, è possibile che parlasse con i congiunti pensando di essere ascoltato dagli
inquirenti.
Anche il Raiola muove le medesime censure dell’altro ricorrente avuto
riguardo alla ritenuta circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991
e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

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esclusivamente sulla personalità dell’imputato desunta dall’inserimento in

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi – che possono essere esaminati congiuntamente – ad avviso del
Collegio, devono essere dichiarati inammissibili.
1. Quanto ai denunciati vizi di motivazione avuto riguardo alla affermata
responsabilità dei ricorrenti, premesso che nella verifica della consistenza dei

isolatamente ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con
!
la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e
giuridiche pienamente concordanti, deve rilevarsi che il discorso giustificativo
della sentenza impugnata è compiuto ed immune da contraddizioni e da illogicità
manifeste.
La Corte di merito, richiamando la sentenza di primo grado, con valutazione
ancorata alle concrete e specifiche acquisizioni probatori 9 ha dato atto del
contesto criminale nel quale le vicende oggetto di contestazione in danno di
‘A.ce,64cat
Cuomo Filippo si erano verificate ed, in particolare, delle tíraduto seguite alla
scissione di alcuni appartenenti all’organizzazione criminale camorrista operante
nel territorio di Torre del Greco, denominata clan Falanga.
Ha esaminato compiutamente le censure difensive in ordine alla attendibilità
e credibilità delle circostanze riferite dalla persona offesa e dagli altri testimoni
tra i quali Cuomo Melania, figlia di Filippo, testimone oculare, rilevando come la
predetta avesse avuto un comportamento estremamente coerente e
collaborativo sin dall’inizio delle indagini ed escludendo qualsivoglia imprecisione
o confusione della testimone quanto alla identificazione del De Blasio, indicato
tra i quattro soggetti che il 13/2/2010 avevano effettuato la sparatoria presso
l’abitazione del padre. Anche la circostanza che la testimone avesse affermato di

essersi confusa nel riferire che il Franco di epai avevp parlato era già stato a casa
coe-lway,
e,rcredibilità del narrato,
sua, è stat ck estittggo plausibilmente accom
avvalorando, anzi, che la ragazza aveva descritto soggetti che conosceva già.
E’ stato sottolineato, inoltre, come le circostanze riferite dalla testimone
confermassero il racconto del collaboratore Cuomo Filippo, parte offesa, in uno
con le circostanze riferite da Scognamiglio Silvano con specifico riferimento al
fatto di cui al capo e).
La Corte territoriale ha spiegato come la testimone non avesse determinato
alcuna confusione, non avendo indicato il De Blasio tra le persone che
precedentemente, nell’ottobre novembre 2009, si erano recate a casa sua per
minacciare il padre, avendo, peraltro, esplicitamente escluso la presenza
dell’imputato nel corso delle dichiarazioni rese il 25 febbraio 2010. Ha
evidenziato, peraltro, che il De Blasio è stato riconosciuto con certezza in

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rilievi critici mossi la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata

fotografia dalla testimone come passeggero del secondo motociclo che si era
recato presso l’abitazione in occasione della sparatoria avvenuta quando
l’imputato certamente non era più detenuto, essendo stato scarcerato nel
novembre 2009.
La ricostruzione dei fatti contestati al Raiola ai capi d) ed e) è stata operata
sulla base delle dichiarazioni di Cuomo Maria e Melania conformi alle indicazioni
fornite dalla persona offesa Cuomo Filippo. La Corte d’appello ha escluso, quindi,
dubbi in ordine alla identificazione dei soggetti coinvolti in dette condotte,

Scognamiglio.
Quanto alle minacce ricevute dal Cuomo in carcere attraverso una terza
t.4-etDo
cQv persona delle quali è stato~. m• responsabile il Raiola, la Corte territoriale ha
ritenuto la infondatezza dei rilievi difensivi, evidenziando l’irrilevanza ai fini della
prova della circostanza che il Cuomo e il Raiola non si sarebbero mai incontrati,
né si sarebbero potuti incontrare o parlare in carcere, atteso che il dichiarante ha
riferito che la minaccia era stata portata attraverso altra persona, circostanza del
tutto plausibile anche alla luce di quanto testimoniato dall’ispettore di polizia
penitenziaria del carcere di Secondigliano. Inoltre, i giudici di appello hanno dato
atto che il racconto del Cuomo sul punto aveva trovato conferma Uel contenuto
della conversazione intercettata tra il predetto e la moglie Gravina Olga, come
riportata nella sentenza di primo grado.
A fronte di tale compiuta motivazione i ricorrenti non ha indicato alcun
elemento di fatto idoneo a contraddire la valutazione dei giudici di merito, né
hanno allegato le dichiarazioni dei testimoni di cui contestano il contenuto; di tal
che, i motivi di ricorso in ordine alla affermata responsabilità sono
manifestamente infondati, privi di autosufficienza e sostanzialmente volti ad una
rivalutazione non consentita in questa sede delle circostanze di fatto
specificamente esaminate dai giudici di secondo grado.
2.

Sono inammissibili anche le censure dei ricorrenti in ordine alla

configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, fondate su
rilievi generici, oltre che manifestamente infondati, avendo i giudici di merito
rilevato che le modalità operative delle condotte in contestazione poste in essere
da più persone con uso di armi e finalizzate a dimostrare la maggior forza
criminale nei confronti di ex partecipi del medesimo gruppo camorrista prova,
senza alcun dubbio, la configurabilità della predetta circostanza aggravante.
3.

Peccano di genericità, altresì, le doglianze relative al mancato

riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche la cui sussistenza è
oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione
fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile
in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata,
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confermata per il fatto indicato al capo e) anche dalle ulteriori dichiarazioni dello

neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi
fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688,
24/09/2008, Caridi, rv. 242419). A detti canoni si è attenuta la Corte di secondo
grado escludendo l’esistenza di elementi idonei a fondare il riconoscimento delle
invocate circostanze attenuanti generiche, attesa la estrema pericolosità degli
imputati inseriti nel contesto di un’organizzazione criminale camorrista e gravati
da numerosi precedenti penali,4escludendo, inoltre, il ruolo marginale
dell’imputato De Blasio nell’episodio avvenuto il 13 febbraio 2010.

cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma ritenuta congrua di euro 1.000,00 (mille)
ciascuno in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di mille (1000) euro
alla cassa delle ammende.

Così deciso, 1’11 marzo 2015.

Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge, ai sensi dell’art. 616

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