Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 27228 del 16/01/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 27228 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI RISIO CLAUDIO N. IL 22/05/1962
avverso la sentenza n. 901/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
14/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
“14-4
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. PII
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 16/01/2015

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 14.10.2013 la Corte d’appello di L’Aquila, in parziale riforma della
sentenza del 19.4.2011 del GIP del Tribunale di Pescara appellata dall’imputato DI RISIO
CLAUDIO, rideterminava la pena nei confronti del predetto, riconosciuta l’attenuante del vizio
parziale di mente, oltre quella già concessa del risarcimento dei danni, attenuanti ritenute
equivalenti alle aggravanti dei motivi futili e della recidiva, in anni 6 e mesi 4 di reclusione per i
seguenti delitti uniti dal vincolo della continuazione e commessi in Pescara il 6.4.2007:

esplodendo con una pistola tre colpi nei confronti del primo affacciato alla finestra, poi
esplodendo un colpo contro Morganti Aimo Gustavo, che si era affacciato sul balcone adiacente
alla suddetta finestra, ed esplodendo infine un ulteriore colpo contro Morganti Marcello che nel
frattempo si era portato anch’egli sul balcone nel quale si era in precedenza affacciato Morganti
Ainno Gustavo;
-detenzione illegale della pistola di cui sopra, Beretta calibro 9X21, arma clandestina perché
con matricola abrasa;
-ricettazione della suddetta pistola, provento di furto.
La suddetta pena è stata determinata in base al seguente calcolo: pena base per il tentato
omicidio anni 8 di reclusione, aumentata di mesi 6 per il secondo tentato omicidio, ed
aumentata ulteriormente di mesi 4 per ciascuno degli ulteriori reati di ricettazione, detenzione
illegale della pistola e detenzione di un’arma clandestina; la pena di anni 9 e mesi 6 veniva
infine ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato.
La Corte d’appello riconosceva all’imputato il vizio parziale di mente, sulla base di perizie
psichiatriche alle quali lo stesso era stato sottoposto in altri procedimenti per fatti commessi
nello stesso anno 2007 e dalle quali l’imputato era risultato affetto da disturbo da abuso di
alcool e sostanze voluttuarie, disturbo borderline della personalità, deterioramento cognitivo e
disturbo depressivo.
Riteneva che l’imputato fosse animato da dolo alternativo, essendo per lui indifferente
provocare la morte o il ferimento delle persone contro le quali aveva diretto più colpi della sua
pistola calibro 9X21.
Escludeva che fosse violato il divieto di reformatio in peius, nel caso di conferma del giudizio di
equivalenza tra circostanze attenuanti ed aggravanti, sebbene fosse stata riconosciuta nel
giudizio d’appello l’attenuante del vizio parziale di mente.
Con riguardo al trattamento sanzionatorio, riteneva l’imputato non meritevole delle attenuanti
generiche.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone
l’annullamento per violazione di legge e per vizio di motivazione.
La Corte d’appello non aveva considerato che i disturbi psichiatrici dell’imputato, per i quali era
stata riconosciuto allo stesso l’attenuante del vizio parziale di mente, avevano inciso sulla
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-duplice tentato omicidio nei confronti di Morganti Marcello e di Morganti Ainno Gustavo, prima

capacità dell’imputato di rappresentarsi i risultati dell’azione che stava ponendo in essere e di
volere, seppure nella forma del dolo alternativo, la morte o il ferimento delle persone contro le
quali aveva diretto colpi di pistola, e quindi la motivazione della sentenza impugnata non aveva
dimostrato che l’imputato, in concreto, fosse animato indifferentemente dall’intenzione di
uccidere o ferire, essendosi limitata la Corte di merito a considerare, in astratto, la non
incompatibilità del dolo con la seminfermità.
Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato la violazione sostanziale del divieto di

riconosciuta l’attenuante del vizio parziale di mente, ma non avendo la Corte d’appello
apportato alcuna conseguente riduzione di pena, poiché era stato mantenuto fermo il giudizio
di equivalenza tra attenuanti ed aggravanti.
Con il terzo motivo il ricorrente ha censurato l’omessa risposta della Corte d’appello alla
richiesta delle attenuanti generiche contenuta nei motivi d’appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso sono infondati.
La Corte d’appello ha riconosciuto all’imputato il vizio parziale di mente, esaminando le perizie
e la documentazione medica prodotta dalla difesa dell’imputato, dalle quali risultava che allo
stesso, per fatti commessi nell’anno 2007, era stato diagnosticato il vizio parziale di mente. Il
suddetto giudizio di parziale incapacità risultava avvalorato, secondo la Corte di merito, dalla
perizia disposta nel presente procedimento al fine di valutare la capacità dell’imputato di
partecipare coscientemente al processo, in quanto il perito aveva riscontrato gli stessi disturbi
mentali indicati nelle perizie prodotte dalla difesa.
Il ricorrente ha sostenuto che le patologie psichiatriche di cui è affetto l’imputato avrebbero
impedito allo stesso di rappresentarsi i risultati dell’azione delittuosa che stava ponendo in
essere, ma non ha indicato per quali ragioni nel caso in esame si sarebbe dovuta riconoscere
all’imputato – contrariamente al parere di tutti i periti, condiviso dalla Corte d’appello – una
totale incapacità di comprendere il significato ed il disvalore dell’azione compiuta.
D’altra parte, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il riconoscimento della
diminuente del vizio parziale di mente è pienamente compatibile con la sussistenza del dolo,
poiché l’imputabilità, quale capacità di intendere e di volere, e la colpevolezza, quale coscienza
e volontà del fatto illecito, costituiscono nozioni autonome ed operanti su piani diversi, sebbene
la prima, quale componente naturalistica della responsabilità, debba essere accertata con
priorità rispetto alla seconda (V. Sez. 6 sentenza del 13.10.2011, Rv.251183).
Del tutto infondata è la denunciata violazione del divieto di reformatio in peius, sia perché, in
concreto, la Corte d’appello ha ridotto la pena per il delitto di omicidio da nove anni ad otto
anni di reclusione, sia perché, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, il giudice di appello,
dopo aver escluso una circostanza aggravante o riconosciuto un’ulteriore circostanza
attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, può, senza incorrere nel divieto di
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reformatio in peius, in presenza dell’impugnazione del solo imputato, essendo stata

”refornnatio in peius”, confermare la pena applicata in primo grado, ribadendo il giudizio di
equivalenza tra le circostanze, purchè questo sia accompagnato da adeguata motivazione(V.
sentenza n.33752 del 18.4.2013, Rv.255660).
Contrariamente a quanto sostenuto con il terzo motivo di ricorso, la Corte d’appello ha
adeguatamente motivato il diniego delle attenuanti generiche, mettendo in evidenza che
l’imputato risultava gravato da numerosi precedenti penali ed aveva dimostrato, nel corso degli
anni, una spiccata capacità criminale; ha anche aggiunto che le richieste attenuanti non

condotta posta in essere.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 16 gennaio 2015

potevano essere concesse, in considerazione dell’intensità del dolo e dalla gravità della

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